sabato 26 Ottobre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

121 anni fa nasceva Berlinguer / Sulla sinistra e l’Italia aveva ragione lui?

Il 25 maggio del 1922, 101 anni fa, nasceva a Sassari Enrico Berlinguer, forse il più amato e rispettato segretario del Pci, all’epoca il più grande partito comunista dell’Occidente che oggi, però, ha fatto perdere le tracce.

L’Italia, l’Europa e il mondo hanno subito enormi trasformazioni, quindi anche la sinistra ortodossa ha cambiato pelle fino a sciogliersi e a dileguarsi nei vari rivoli della odierna e per alcuni insoddisfacente proposta politica.

Berlinguer morì per un ictus a Padova l’11 giugno del 1984 durante un comizio per le elezioni europee. I suoi funerali a Roma furono seguiti da milioni di persone, militanti e simpatizzanti. A salutarlo anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini e, a sorpresa, il segretario del Movimento Sociale, Giorgio Almirante, che volle rendere omaggio al suo grande avversario.

A distanza di anni la figura di Berlinguer fa ancora discutere. Non sono mancate, infatti,  critiche alla sua azione di segretario, soprattutto dopo gli scontri con le due forti personalità del tempo e le rispettive posizioni politiche: Bettino Craxi, fautore di un socialismo democratico, e Giorgio Napolitano, leader dei cosiddetti miglioristi.

Quelle di Berlinguer e dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – il primo figlioccio di Palmiro Togliatti, il secondo di Giorgio Amendola – sono state due vite parallele: entrambi entrati nel partito fin da giovani sono stati l’espressione di due diverse strategie come ha descritto egregiamente Ugo Finetti, giornalista di estrazione socialista, nel suo libro “Botteghe Oscure. Il Pci di Berlinguer & Napolitano (Ares, Milano)” che racconta, attraverso la visione e lo studio dei verbali della direzione nazionale di Botteghe Oscure, il conflitto tra i due massimi esponenti dell’ortodossia e del revisionismo comunista.

Momenti di rilievo della vita di Berlinguer se ne contano parecchi, ma resta fondamentale negli annali del partito la drammatica riunione del Comitato centrale, siamo a settembre del 1981, che sancì una rottura, mai espressa peraltro in ostracismi o espulsioni, tra la posizione del segretario – che abbracciava il progetto di Gramsci come forma italiana del leninismo – e il revisionismo migliorista che voleva avvicinare il Pci alle socialdemocrazie europee.

Vince Berlinguer, ma il suo avversario, sebbene estromesso dal Comitato centrale, non lasciò mai il partito. Napolitano aveva capito come la questione morale sollevata da Berlinguer fosse soprattutto uno strumento per non mutare la linea politica. Egli rimaneva fedele al comunismo sovietico, nonostante i suoi errori.

Anche la sua famosa frase: “Si è esaurita la spinta propulsiva della rivoluzione bolscevica», per molti avversari e non soltanto interni, non criticava il totalitarismo dell’Unione Sovietica, bensì ne auspicava un recupero dopo l’esaurimento. I miglioristi chiedevano invece di assumere una posizione diversa dal leninismo, proprio nel momento in cui Bettino Craxi stava indicando al Paese la via di un socialismo democratico.

Celebre l’intervista di Berlinguer, sempre del 1981, a Eugenio Scalfari, direttore e fondatore di Repubblica, in cui il segretario del Pci accusava la classe politica italiana di corruzione, sollevando nel contempo la questione morale. Denunciava l’occupazione da parte dei partiti delle strutture dello Stato, delle istituzioni, dei centri di cultura, delle Università, della Rai, e sottolineava il rischio che la rabbia dei cittadini si trasformasse in rifiuto della politica.

                                           LEGGI L’INTERVISTA

Un’analisi molto attuale vista la crescente ondata di populismo sfociato nell’astensionismo elettorale, che pone allo stesso tempo un interrogativo: quella di Enrico Berlinguer è stata vera gloria? (Pda)

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