lunedì 25 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

VACANZE ITALIANE / I padroni del sole, del mare, della terra e dei prezzi

Il weekend di Pasqua aveva illuso un po’ tutti: città d’arte e località turistiche prese d’assalto. Ma l’estate ha riportato tutti alla dura realtà: il turismo italiano ha fatto flop, con flessioni del 20 per cento, soprattutto nelle zone dove il mondo sembrava tutto rosa.

Al di là dei dati che saranno prima o poi diffusi, non emerge nelle valutazioni e nei commenti della stampa specializzata il perché di un simile passo indietro dell’industria dell’accoglienza. Un motivo c’è, anzi due: atteggiamenti arroganti da parte degli operatori di prima accoglienza e i prezzi.

Come tollerare che per tagliare in due un toast si faccia pagare due euro in più. O  far pagare il piattino per dividere la pietanza? Non è questione di tempo speso per soddisfare la semplice richiesta di un cliente, qui si tratta di incapacità di fare e capire l’accoglienza, di soddisfare il cliente-turista e di farlo sentire, come in effetti è, importante. Siamo alla cafonaggine e all’arroganza.

Possiamo pagare un caffè al bar 4 euro o la puccia 26 euro in Puglia? Ed è possibile che all’aeroporto di Catania chiedano 6,20 euro per un arancino? E che dire di una camera d’albergo da 500 euro a notte in media a Positano? Le polemiche ogni estate non mancano e questa si sta distinguendo per le forti prese di posizione delle associazioni dei consumatori verso prezzi e tariffe ormai fuori controllo.

Se poi ad agosto i dati preliminari parlano di un crollo delle prenotazioni per il 30%, l’allarme è scattato per davvero. Ma la vera domanda che dovremmo porci prima di ogni altra sarebbe la seguente: il turismo in Italia a chi fa concorrenza?

In queste settimane stiamo assistendo a paragoni improbabili, almeno in parte, come tra le tariffe degli stabilimenti balneari in Puglia e quelle praticate nella vicina Albania. O tra i prezzi per pranzare e cenare fuori in Sicilia e quelli medi praticati nell’isola accanto di Malta.

E’ corretto questo raffronto? Sì, se intendiamo porre l’accento circa il rischio di perdere quote di mercato in favore di queste mete turistiche alternative. No, se guardiamo al prodotto Italia nel suo insieme. Pensare di confrontare i prezzi italiani con quelli croati,  albanesi, maltesi, greci o egiziani è fuori luogo. In primis, perché siamo ancora un’economia avanzata, cosa che non si può dire delle numerose realtà circostanti. Lo stipendio medio di un lavoratore albanese si aggira sui 300 euro al mese. Per quanto bassi siano gli stipendi italiani, non potrai offrire meno di 7-800 euro al mese a un ragazzo al Sud che svolge servizio ai tavoli in Italia.

In generale, tutti i costi sono maggiori nel nostro Paese. Ciò determina un prezzo finale certamente più contenuto in Albania che in Puglia. Non è tutto. Il turismo in Italia è una grande risorsa grazie al sole, al mare, alla montagna, ai laghi, ai fiumi, alle colline, ma anche alle bellezze storiche, architettoniche e culturali. Paradossale che possa sembrare, i primi e forse gli unici a non avere sufficiente consapevolezza di ciò siamo proprio noi italiani. Sarà che diamo per scontati il Colosseo, gli Uffizi a Firenze, la Torre di Pisa, la Reggia di Caserta, i Templi di Agrigento, le calli veneziane…

Fatto sta che non mettiamo in debito conto che gran parte degli stranieri (oltre agli stessi italiani) che girano in lungo e in largo lo Stivale non cerchino un’alternativa low-cost a Ibiza o a Sharm-el-Sheikh. Essi vogliono vivere un’esperienza di vita forse irripetibile, fatta di immersione nella storia e nella cultura del Bel Paese.

Servizi anello debole. Questo giustificherebbe prezzi “da rapina”? La risposta è meno scontata di quanto crediamo. Fatto salvo che uno dei problemi italiani sia l’assenza o la penuria di concorrenza tra numerose categorie produttive, il punto è capire perché un italiano a Parigi o a Londra sia ben disposto di farsi depredare il portafogli per un panino o un dessert, neppure spesso di qualità. E perché lo stesso italiano, se si sposta all’interno del territorio nazionale, lamenta il carovita. Un po’ forse dipende dal fatto che pensiamo di dover spendere poco restando in Italia. Ma c’è dell’altro.

Località costose come Parigi o Londra, tanto per restare tra le grandi città europee, offrono a cittadini e turisti servizi impeccabili. Spendi un botto per girare con la metro in queste realtà, ma perlomeno ti muovi velocemente, facilmente e raggiungi ogni destinazione desiderata. Le strade sono in ottime condizioni, per visitare musei, teatri e monumenti godi della massima assistenza, i mezzi pubblici funzionano a meraviglia, che si tratti di un autobus, un tram, un treno, un aereo, semplicemente un taxi o, come detto, di una metro.

Il turismo in Italia è vissuto a metà strada – osserva il sito investireoggi.it – tra la convinzione di dover competere con le mete da quattro soldi per ragazzini in cerca di movida e l’ambizione di essere una meta storico-culturale internazionale. Nel primo caso, ha come concorrenti Ibiza, le Tenerife, la Croazia e l’Albania per limitarci ai paraggi.

Nel secondo, il confronto sarebbe con Parigi e pochissime altre realtà mondiali. L’Italia possiede il maggior numero di siti riconosciuti come patrimonio Unesco, non ha eguali nel mondo da questo punto di vista. Ma continua a non scegliere. Se deve diventare definitivamente una grande location movidara, effettivamente risulta essere diventata un po’ caruccia. Se intende spodestare la Francia dalla vetta di meta attrattiva per turisti stranieri, restiamo ancora una realtà “cheap”.

La non scelta crea ambiguità e spazio per le polemiche. Per nostra fortuna, possiamo permetterci di avere entrambi mercati. Rimini è da sempre una destinazione per giovani di tutta Europa in cerca di divertimento. Venezia è altra cosa. Il problema è che il turismo in Italia non è stato mai offerto con una strategia di marketing appropriata e diversificata tra le varie località. La carenza di servizi persino nella Capitale provoca il malcontento. I prezzi a Roma non sono alti in assoluto, ma lo diventano se li raffrontiamo con realtà di pari livello e che offrono, però, servizi qualitativamente migliori.

Il quadro generale quindi non indulge all’ottimismo ma occorre valutare l’atteggiamento degli operatori della prima accoglienza, i gestori di stabilimenti balneari e degli alberghi. I primi, a quanto sembra, si sono ormai appropriati del mare e del sole se è vero che fanno il bello e il cattivo tempo sia sul godimento di un bene di tutti, il mare e la spiaggia, sia sui prezzi. Ormai il caro ombrellone impazza in quasi tutte le località creando enormi difficoltà alle famiglie e non soltanto a quelle con redditi bassi.

E che dire dei supermercati estivi? Frutta  e verdure di stagione viaggiano ormai sui 5 euro al chilogrammo, quando all’origine nei mercati generali i prezzi sono cinque-sei volte inferiori. La colpa è dell’inflazione, si dice. Ma l’aumento dei prezzi non è deciso dal mercato ma dai produttori, ai quali non sembra vero poter approfittare del grande desiderio di evasione e di vacanza degli italiani dopo il brutto periodo del lockdown.

LA SICILIA. Prezzi ancora abbordabili, ma che non sono né carne e né pesce vuoi che la visiti per andare al mare o in montagna, vuoi per scoprirne le architetture greche, arabe, normanne, ecc. Spostarsi da una parte all’altra dell’isola è un incubo tra cantieri, strade dissestate, collegamenti inesistenti, mezzi pubblici da terzo mondo e assenza di assistenza.

Non puoi fare concorrenza a mete di livello con questi disservizi, anzi riesci persino a scontentare chi cerca semplice relax e movida con quattro spiccioli in tasca, dato che a quattro passi può recarsi nella ben più economica La Valletta. L’arancino sopra i 6 euro e la puccia a 26 euro possono diventare accettabili? Senza di ciò che si sosteneva possiamo dire  di no.

Non si possono tollerare gli effetti dell’incidente avvenuto all’aeroporto di Catania, uno dei più importanti e trafficati d’Italia. Un incendio ha reso inagibili diverse strutture essenziali per il trasporto aereo, mettendo nel contempo in evidenza lo stato di scandalosa incuria dei servizi alternativi: trasporti regionali, assistenza…

Un commento che fotografa la situazione italiana dinanzi alla sempre più aggressiva ed efficace concorrenza di Paesi come la Spagna, l’Albania, Malta e Cipro è stato registrato sui social: le vacanze in Italia sono in mano ai padroni del sole, del mare e della terra. E dei prezzi, aggiungiamo noi.

Per il weekend lungo di Ferragosto, cinque notti, dall’11 al 16 agosto, sono attese 17 milioni di presenze turistiche, per il 60% italiane nelle strutture ricettive ufficiali. Numeri in crescita rispetto alle ultime settimane, ma certo non ci saranno sold-out: nel periodo clou delle vacanze degli italiani sono tante le località turistiche che hanno registrato un aumento delle prenotazioni, ma su livelli lontani dal “tradizionale pienone” di metà agosto.

Ce lo dice il monitoraggio del Centro studi turistici di Firenze per Assoturismo Confesercenti. Il tasso medio di occupazione dell’offerta si attesta al 90%, oltre un punto in meno rispetto al 2022 anche se per effetto del calendario il ponte di Ferragosto 2023 durerà un giorno in più.

Così, dopo due mesi di flessione del mercato, le aspettative delle imprese ricettive di recuperare qualche punto percentuale di occupazione nella settimana centrale di agosto sembrano ancora disattese. Per il ponte dall’11 al 16 agosto (5 notti) la saturazione dell’offerta oscillerà tra il 94% delle località dei laghi e l’80% delle località termali.

In generale, è prevista una temporanea risalita dei tassi di occupazione per le diverse tipologie di prodotti turistici, ma su livelli inferiori a quelli registrati nel 2022.Per le località marine in media si registra un calo di circa 4 punti e un punto percentuale per le località dei laghi. Le strutture delle aree rurali/collina e di montagna registrano circa 3 punti in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Per le città d’arte l’occupazione media si ferma all’82% contro l’84% dello scorso anno, mentre le strutture delle località termali salgono all’80% con un incremento di circa un punto.

Un andamento differenziato emerge anche dai tassi di occupazione rilevati per le principali riviere. A fronte di un leggero incremento della saturazione dell’offerta ricettiva delle riviere del Sud e delle Isole, emergono valori di stabilità per la Riviera Adriatica Veneta, del Conero e della Costa Smeralda. In leggera flessione i tassi di saturazione rilevati per tutte le altre riviere, con un calo più marcato per la Riviera Romagnola.

Tra le regioni con i tassi di occupazione superiori al 90% si segnala la Valle d’Aosta, la Liguria, il Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Marche, Abruzzo, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Per le rimanenti nove regioni la saturazione media oscilla tra il 78% e il 90%.

 “A Ferragosto si registra finalmente un ritorno alla crescita dei flussi turistici, anche se restiamo lontani dalle attese e registreremo con ogni probabilità una flessione del numero di presenze rispetto allo scorso anno – commenta Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti -.

Quest’estate purtroppo è stata frenata da numerosi fattori, dal caro-vita – che ha messo in difficoltà soprattutto le famiglie e incrementato i prezzi delle destinazioni – al caos delle tariffe aeree schizzate alle stelle, aggravato dai problemi all’aeroporto di Catania. Elementi che dovrebbero far riflettere sui problemi di sempre del nostro turismo: bisogna utilizzare le risorse del PNRR per migliorare le infrastrutture a supporto dell’economia turistica”. Ma servono i servizi per collegare il tutto, altrimenti sono percepiti per come che stanno passando in questi giorni agostani: un furto! (PdA – in collaborazione con investireoggi.it)

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