Avvio delle manovre elettorali in vista delle Comunali del giugno 2024. A Ferrara, forse, il voto più atteso dopo l’avvento in Comune di una maggioranza di Destra che ha tolto al centrosinistra la guida ultradecennale dell’amministrazione.
Logico che la riconquista del Comune sia la battaglia più attesa tra le varie sfide nelle città italiane. E Ferrara, ve ne sarete accorti, si sta dando da fare: incontri, tavoli, trattative non si sa dove ma già a buon punto, indiscrezioni e tanto altro che ci stanno riservando tutti i tratti preliminari di una candidatura.
Nelle ultime ore, con un’improvvisa accelerazione, è avvenuto qualcosa di importante: al Grisù, sabato scorso, il gruppo La Comune ha tenuto la sua prima convention, ben preparara e organizzata, veloce, essenziale.
Una iniziativa dal basso, come usa dire in queste occasioni, che ha richiamato un centinaia di persone animate dal desiderio di arrivare a un programma condiviso e all’individuazione di una squadra cui affidarlo, con in mezzo una campagna elettorale che ha subito chiarito lo schema generale: temi reali e ben scanditi, toni fermi e gentili, nessun eccesso retorico e poi la tanta energia necessaria.
La cosa non è passata inosservata se è vero che la discesa in campo della Comune avrebbe colto un po’ di sorpresa l’errabondo “tavolo” del centrosinistra, apparso su questo versante l’araba fenice della politica ferrarese. Il quale domani sera, martedì, dovrebbe incontrarsi a Boara.
Ma prima, nella più classica azione di contropiede, consente che venga diffusa l’indiscrezione di un ticket elettorale per Ferrara 2024: l’avvocato Fabio Anselmo e la docente dell’università di Verona Laura Calafà. E’ il tandem più gettonato, scrive oggi la Nuova. Una sorta di ticket all’americana, una sintesi fifty-fifty del perfetto manuale del politicamente corretto: un uomo, una donna, e salviamo la politica di genere.
TEMPISMO PERFETTO. Se ne parlava da luglio e stamani, all’improvviso, spuntano, nero su bianco, due nomi. Non una parola dai diretti interessati, va detto. Quindi l’indiscrezione resta tale anche se, nella prassi elettorale c’è la fase del “sondare il terreno”, vedere cioè come i nomi vengono accolti e recepiti dall’opinione pubblica. Poi basta qualche parola sussurrata all’orecchio dell’amico (“mi raccomando, tienilo per te”) e vedere l’effetto che fa. Perché quei sussurri nel giro di un pomeriggio diventeranno grida. E il gioco è fatto.
Che Anselmo, stimato professionista non v’è dubbio, non disdegni una candidatura è cosa certa. Altrimenti avrebbe fatto sapere di non essere disposto ad accettare di essere l’anti-Fabbri. E la cosa sarebbe finita lì. E se il Pd e qualche altro ramo dell’opposizione hanno fatto sì che circolasse il suo nome non è altro che l’indiretta conferma che quantomeno ci sono stati e ci sono intensi conciliaboli. Tutto lecito, tutto lineare, anche se sotterranea, come una metropolitana,
Ma, c’è sempre un ma, sulla strada o meglio sul red carpet dove dovrebbero sfilare i candidati chiamati a risollevare “le poco magnifiche sorti e progressive del centrosinistra ferrarese” si è piazzata anche la pattuglia della Comune che, facile immaginare, un ticket Anselmo-Calafà lo vede come fumo nell’occhio. E tirarla dalla parte del “tavolo” sarà alquanto difficile: imporre due candidature senza conoscere il programma se non qualche generico titolo (rigenerazione urbana, petrolchimico, quartieri e frazioni…) è l’esatto opposto di quello che vogliono gli organizzatori dei gruppi tematici della Comune.
L’ALTRA FACCIA: L’ELETTORE. Questo l’orizzonte che si riesce a scorgere tra le nebbie dei vari posizionamenti pre-elettorali. Ma c’è l’altra faccia della medaglia, ovvero l’elettore, piccolo, medio, grande. Come si comporta? Come reagisce a tanti stimoli? Come si pone?
Girando per Ferrara non è tanto difficile decifrare il brusio che proviene da certi spazi appartati della politica. Basta cogliere gesti e parole di chi incontriamo e che te la butta lì, con nonchalance: “Allora? Come la vedi?”
“Vedo cosa?” è il disperato tentativo di frustrare tale curiosità, mai dettata dal caso. Il “come la vedi” mira ad altro, a catalogarti, a conoscere il tuo pensiero e le perplessità sul mondo che ti circonda e i suoi protagonisti. Una scorciatoia per sapere come voti e tirarti fuori simpatie per questo o quel leader, o coinvolgerti nel gioco del “chi getteresti dalla torre tra…?
In simili frangenti la prima difesa è mostrarsi ecumenici, far uscire il lato dialogante e civile della nostra personalità. Quindi, via con il rituale di frasi fatte ma avare di costrutto: “Putin aggressore… Nato bellicosa… la nostra classe dirigente non è all’altezza… i cinesi ci domineranno… i migranti che ci assediano…”
Ci avete fatto caso? Mai uno che si mostri interessato a ciò che stai leggendo, chessò?, al tuo immortale Don Chisciotte, alla rutilante e corrotta Manhattan di Dos Passos. Si finisce sempre, vista l’inconsistenza delle nostre considerazioni, su due terreni scivolosi: gli immigrati, che sbarcano a frotte e tengono svegli la notte non pochi governanti e governatori, e le prossime elezioni, Ferrara e l’Europa, che non fanno dormire tante persone anche di buona volontà e sani principi.
Sta qui l’obbiettivo del nostro interlocutore: sapere chi appoggi per il Comune dove vivi o per l’Europa, continente in cui ti è toccato nascere. Per fortuna.
Il gioco si fa pesante perché in simili frangenti sui volti degli altri si stampano espressioni variabili, ma sempre interessate a ciò che stai per rivelare. Quindi, attenti a non intristirli o costringerli sulla difensiva con frasi dirette e senza fronzoli, o con commenti arditi. Siamo o no il Paese del “ma anche”?
L’espressione di chi vuole ascoltare cose più vicine si fa seria, bisogna arrivare al nocciolo della questione, al centro della terra: a giugno si voterà a Ferrara e per l’Europa. “Come la vedi?” Non si può più barare. Da questo punto in poi ogni parola viene soppesata e spaccata in quattro, vivisezionata e inserita nel catalogo. Bisogna essere chiari, sintetici e, soprattutto, sinceri. Il titolo della sceneggiatura diventa a questo punto “Come si può battere la Destra, a Ferrara, a Roma, a Bruxelles”.
Punto di partenza, il preambolo, è che la Destra – che si esprime e agisce senza i pudori indispensabili. con feroci e arditi concetti scaricati da animi prevaricatori (l’assenza di potere per decenni rende brutali al limite della cattiveria) – sembra destinata a trionfare. Ma non si può farla arrivare seconda?
.Ebbene, il Giro d’Italia della politica partirà a giugno 2024 da Ferrara, nobile città del Rinascimento, con una Lega che ha saputo raccogliere l’eredità del governo della città. In questi giorni il variegato mondo delle forze progressiste è alle prese con il problema dei problemi: chi candidiamo a sindaco per battere Alan e Naomo?
Il dibattito conseguente coinvolge, in verità, un mondo difficile da catalogare: ogni persona di sinistra è una corrente a sè stante che saprebbe risolvere, lei sì, i problemi se solo potesse dimostrarlo. Se si riesce a sopravvivere a prese di posizione, endorsement per una certa linea anziché un’altra, a comunicati, commenti e all’immancabile “stavolta non dobbiamo fare gli errori del passato”, si riesce a salvaguardare quel po’ di senso cartesiano che il tempo richiede.
Ascolti, leggi, rifletti, ti appassioni, ma alla fine ti scontri con un mondo sommerso, perché a sinistra, specie nelle Pd-maps, esistono due strade: quella riservata a tutti e che risponde generosamente alla richiesta di partecipazione, (quanta gente a sentire la Schlein a Pontelagoscuro…) e quella un tantinello più elitaria che si incontra per discutere al bar, sui social e nei conciliaboli vari e che alla fine ti squadverna nomi e programmi. Qui vengono decise le strategie in virtù di conoscenze e di esperienze estranee però ai molti che ne restano fuori. E che succede se qualcuno, ingenuamente, mette fuori la testa e fa domande? Magari solo perché ogni giorno se le pone, perché vive problemi e vede inefficienze e limiti. Arriva il settimo cavalleggeri a spiegarti il mondo, la rava e la fava. E se malauguratamente tiri fuori qualche osservazione che, per affetto, rendi più sopportabile con un filo di leggerezza e ironia? Le trombe del settimo cavalleggeri attaccano con i seguenti squilli di carica: primo, è un evergreen, io vendevo l’unità porta a porta; secondo, ho dato la vita per il partito e tu dov’eri?; terzo, ce l’hai con il partito e la sua gente, e tu che cosa proponi?;quarto, la nostra è una comunità che discute e si confronta; quinto, ma se critichi non stai per caso tirando la volata alla Destra? sesto, vuoi che vinca di nuovo Alan?
Qualcuno, un po’ coraggioso, dovrebbe dire al settimo cavalleggeri che la Destra al potere a Roma ce l’hanno mandata i geni della politica degli infatuati per Draghi, innamorati a tal punto da non notare il suo quasi inesistente spessore politico, (la sinistra a rimorchio di un banchiere… ma a chi è venuto in mente?), che a Ferrara il Comune è stato servito su un piatto d’argento alla Lega non sapendo costruire, il centrosinistra, una successione a sé stesso.
Insomma, il problema non sono i programmi, le cose da proporre all’elettore, e le cose da evitare per non deluderlo, o come selezionare una classe dirigente o scegliere un candidato che meriti di essere tale. No, il problema sei tu che dici cose che dovrebbero restare nel retrobottega del tuo pensiero. Pensarle, ma non dirle. Risultato: molti, stanchi di una liturgia che nasconde i riflessi condizionati del militante e di chi ci crede, abbandonano nel modo più semplice: quel giorno, restano a casa.
In queste ultime settimane, si dice, si sarebbe svolti molti “tavoli” del centrosinistra, avvolti però nel mistero. Dove? A che ora? Chi è stato invitato? E che cosa si sono detti i maggiorenti e gli strateghi della battaglia per la riconquista del Comune? L’unico spazio concesso è quello all’immaginazione. Di concreto, poco o nulla. A parte le condivisibili e lucide analisi di Romeo Farinella, che ha conferito la necessaria e salutare nobiltà alla discussione politica, non si è sentito altro se non i sussurri su malcelate autocandidature e su un’investitura: quella di Fabio Anselmo. Professionista stimato, l’avvocato dei casi Cucchi e Aldrovandi viene dato per sicuro vincente. Lui tace, a parlare è stata però la sua compagna, Ilaria Cucchi, senatrice della Sinistra, che a Pontelagoscuro ha descritto meriti e talenti del compagno, con il dubbio su quale sarebbe stata la scelta una volta investito dall’onore di correre per la carica di sindaco. La caduta di stile c’è stata, inutile negarlo. Ma quel che viene spacciato per basso profilo, in realtà nel Pd è una sottile strategia per imporre un candidato già scelto, e da tempo. Potrebbe essere una congettura, ma i fatti vanno in una direzione, a meno di secche smentite.
Una senatrice della Repubblica non fa un endorsement pubblico per il compagno. Lo stesso Anselmo, dinanzi alle voci insistenti di una sua candidatura, se non disponibile avrebbe dovuto ringraziare e dire un chiaro no. Il sospetto è che l’avvocato, d’intesa con il Pd, voglia un’entrata trionfale sul red carpet delle candidature, spinto dagli applausi degli ammiratori. In questo caso, però, non si avvertono distinguo di sorta, nessuno che dica va bene, ma, avvocato, cosa propone?