venerdì 22 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

GAZA / Vita e morte sotto le bombe (Nyt)

La forza di un’immagine talvolta è impressionante. Dice mille cose senza sprecare una sola parola. I nostri occhi la trasferiscono in  un nanosecondo al cervello e di colpo riusciamo a comprendere l’enormità della guerra e la sua crudeltà. Ci scava nell’animo e d’un tratto afferriamo la diversità tra il mondo virtuale in cui siamo immersi, quasi prigionieri, e quello reale dove bombe, proiettili  sparati a migliaia in un minuto, missili, razzi, droni, ci mettono davanti  al dolore.

Il terrorismo di Hamas punta alla guerra,  vuole la distruzione di Israele. E Israele, sbagliando, risponde con il suo esercito. La foto di cui si accennava è stata pubblicata dal New York Times International, la versione per il mondo non americano del più importante e prestigioso giornale oggi in attività.

“Un cimitero per bambini”, titola in prima pagina. Parla della guerra nella Striscia di Gaza in questi giorni – scrive il sito professionereporter.eu – ma quel che risalta sopra ogni cosa è la grande foto. Ritrae Khaled Joudeh, 9 anni, che carezza il corpo senza vita della sorellina di 8 mesi, Misk, all’obitorio nel centro di Gaza. I volti dei due bimbi, il vivo e la morta, sono mostrati in piena luce, senza l’oscuramento che in Italia e in altri Paesi è prescritto come obbligatorio per i minori. Un esempio di come – in alcuni casi, quando la storia è particolarmente significativa – le regole possono saltare. Ma naturalmente si può pensarla in modo diverso e discutere l’opportunità della scelta.

La foto è firmata da Sumar Abu Elouf. Il pezzo invece è firmato da Raja Abdulrahim, che si è avvalso della collaborazione di una squadra formata da Alan Yuhas, Ameera Harouda e Amu Bakr Bashir. Abdulrahim racconta che Khaled ha perso anche la madre, il padre e il fratello più grande in un attacco aereo avvenuto il 22 ottobre su Deir al Balah, nel centro di Gaza, dove la famiglia viveva. Con Khaled è sopravvissuto soltanto il fratello Tamer, che ha 7 anni.

Il pezzo prosegue a pagina 4 con una serie di storie sui bambini di Gaza. Scrive Abdulrahim che secondo le testimonianze di funzionari sanitari di Gaza sono morti 5.000 bambini dall’inizio della risposta di Israele alla strage di Hamas del 7 ottobre: “Più dei bambini uccisi in tutte le guerre in 24 Paesi (Ucraina compresa) nell’ultimo anno, che secondo i conteggi effettuati dall’Onu sarebbero 2.985”. Anche l’Unicef ha lanciato un allarme negli ultimi giorni.

A pagina 4 del New York Times, altre foto scattate da Sumar Abu Elouf. Una mostrano bimbi che arrivano soli all’ospedale Dar Al-Shifa di Gaza per farsi curare. Un’altra è di Misk, la bimba avvolta in un sudario bianco nella foto in prima, quando era viva. La guerra è questa. Ma prima c’è uin disperato bisogno di capire il dolore. “Una delle caratteristiche del dolore, infatti, è che prima di tutto esige di essere sconfitto, poi compreso”. Infine, per la parola pace, occorre dare credito ai poeti quando da secoli indicano che “ben oltre il giusto e lo sbagliato, c’è un campo, ti aspetterò là”. E un piccolo campo dove incontrarsi forse è stato individuato ieri, con l’accordo sugli ostaggi e la tregua di quattro giorni. Un primo passo sebbene il campo sia ancora troppo stretto, perché la guerra continuerà. Purtroppo.

 

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