Non c’ due senza tre? Dopo l’aggressione dell’Ucraina e la Striscia di Gaza sotto attacco da parte di Israele si arrivererà a conflitto allargato possibile estensione della crisi palestinese? Le preoccupazionei sono tante poiché stavolta ci sono di mezzo le rotte del petrolio così indispensabile per l”Europa.
Il timore degli osservatori sta proprio in questa valutazione geopolitica nient’affatto peregrina. Se nella situazionbe già di per sè grave irrompono gli interessi vivi delle economie occidentali è probabile che la situazione nel Medio Oriente possa deflagrare in qualcosa di più esteso e irreparabile. Un incendio molto difficile poi da domare con la diplomazia.
Il centro della nuova questione è diventato lo Yemen, Paese già in guerra con l’Arabia Saudita, la notte scorsa oggetto di raid congiunti di Stati Uniti e Gran Bretagna. Oggi decine di migliaia di yemeniti (nella foto Reuters) sono scesi in piazza nella capitale Sanaa per manifestare contro i raid notturni su 60 siti dei filo-iraniani, uccidendo 5 miliziani houthi, sciiti filoiraniani. Il presidente Joe Biden ha confermato che gli Stati Uniti “sono pronti a colpire di nuovo” sebbene Washington tiene a far sapere di aver avvertito dell’attacco contro i siti militari Houthi»
Si fanno strada ora due differenti interpretazioni: si è in presenza di una escalation della guerra in Medio Oriente oppure quella contro gli Houthi è soltanto un’operazione di deterrenza? Sembra che l’Italia non abbia voluto partecipare all’azione contro i miliziani sciiti, ma Palazzo Chigi smentisce affermando di non esserre stati coinvolti. Il mionkistro degli esteri Tajani ha spiegato che lItalia non può prendere parte ad azioni militari senza l’approvazione del Parlamento. Nel frattempo i prezzi del petrolio e del gas sono aumentati in maniera significativa.
Gli attacchi con bombardamenti aerei e lanci di missili dalle navi e dai sottomarini hanno investito una sessantina di obiettivi in 16 località, distruggendo o danneggiando sistemi radar, depositi e siti di lancio di droni, depositi missilistici e lanciamissili, centri di comando. Bersagli individuati e raggiunti con precisione chirurgica, rivendica la Difesa statunitense che ha messo in campo i missili Tomahawk a guida Gps. Nessuna vittima civile.
Gli Houthi denunciano l’uccisione di 5 miliziani e il ferimento di 6. Secondo fonti citate da Sky News Arabia, riportate dal quiotidiano l’ìAvvenire, sarebbero stati avvisati in anticipo. Una mossa che avvalorerebbe la tesi della deterrenza. All’operazione hanno partecipato con uomini e contributi logistici o di intelligence Australia, Bahrain, Canada e Olanda. «Nonostante il forte avvertimento – scrivono in un comunicato firmato anche da Danimarca, Germania, Nuova Zelanda e Corea del Sud – gli attacchi (da parte degli Houthi, ndr) nel Mar Rosso sono continuati» contro navi commerciali e militari e in funzione antisraeliana, notoriamente sponsorizzati dall’Iran. Il 10 gennaio una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu ne aveva chiesto la cessazione.
Decisivo per il coinvolgimento britannico è stato l’attacco a una nave da guerra della Marina, «il più grave che abbiamo visto negli ultimi decenni» ha precisato il premier Rishi Sunak, definendo la reazione un segnale forte finalizzato ad «allentare l’escalation» e «ripristinare la stabilità» nella regione.
La coalizione «ha inviato un messaggio chiaro agli Houthi, ovvero che sosterranno ulteriori costi se non porranno fine ai loro attacchi» ha detto il capo del Pentagono, Lloyd Austin. La Nato parla di azione «difensiva» a protezione delle rotte, del commercio e degli equipaggi. Non va dimenticato che dallo stretto di Bab al-Mandib, tra lo Yemen e Gibuti, passano le petroliere dirette in Europa.
Mentre le milizie sciite al potere in Yemen minacciano pesanti rappresaglie (“la pagherete”) con l’Iran che ha parlato di «un atto arbitrario e una flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dello Yemen», nella capitale Sanaa decine di migliaia di persone hanno manifestato con furore contro Israele e gli Usa.
La distanza tra lo Yemen e la Striscia è di circa 2.700 chilometri. L’enclave palestinese è larga 12 e lunga 40. Questo dà la misura del potenziale di contagio della guerra. «Non cerchiamo un conflitto con l’Iran, non cerchiamo un’escalation e non c’è ragione per un’escalation» si è affrettato a spiegare il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby.
Nell’anno della corsa alla Casa Bianca, con i sondaggi che lo danno perdente rispetto al rivale più accreditato, l’ex presidente Donald Trump, il presidente Joe Biden non sogna certo di portare gli americani in guerra. Persino tra i suoi Democratici qualcuno ha scritto che avrebbe dovuto presentarsi al Congresso prima di lanciare un’offensiva. E Trump non ha perso l’occasione: «Ora abbiamo guerre in Ucraina, Israele e Yemen, ma niente sulla frontiera meridionale, questo fa molto senso» ha ironizzato riferendosi alla pressione dei migranti messicani.
CHI SONO GLI HOUTHI
Vengono chiamati seguaci di Allah, musulmani sciiti. Si sono organizzati negli anni Ottanta durante la guerra civile nello Yemen del 2014, contrapponendosi al governo centrale. Con l’aiuto dell’Iran sono diventati un esercito che conta più di centomila miliziani, e hanno inflittoi pesanti perdite all’Arabia Saudita e agli Emirati che erano intervenuti a fianco delle forze locali. Gli Houti hanno conquistato la capitale Sanaa riuscendo a controllare la parte occidentale dello Yemen. Sono avversari di Israele e sostenitori della causa palestinese. Il loro leader si chiana Abulmalik al Houthi.