Saranno le donne a rovesciare la dittatura islamista instaurata in Iran dopo la rivoluzione del 1979, anche se questa sopravvivesse a un conflitto militare. È il potente messaggio del Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi, diffuso per la Giornata internazionale della donna.
Mohammadi, 52 anni, ha ricevuto il Nobel nel 2023 per la sua lunga battaglia per i diritti umani in Iran. Rischia tutto per la diffusione di questo messaggio. L’attivista infatti si trova in libertà temporanea per motivi di salute. Ma i suoi avvocati temono che possa essere riportata in carcere in qualsiasi momento.
Anche dal carcere duro di Evin – lo stesso dove è stata rinchiusa Cecilia Sala – Mohammadi ha sostenuto con forza le proteste del 2022-2023 per l’uccisione di Mahsa Amini. Un delitto, quello della giovane donna curdo-iraniana 22enne, avvenuto dopo l’arresto per non aver indossato il velo secondo la legge islamica. Da quell’omicidio è scaturita un’ondata di proteste in tutto il Paese e ha avuto inizio il movimento “Donna, vita. libertà”.
Quelle proteste hanno scosso le autorità iraniane e continuano a essere un simbolo di lotta, nonostante siano state soffocate con una dura repressione. “Le donne si sono sollevate contro la Repubblica islamica con una forza tale che il regime non ha più il potere di reprimerle”, ha detto Mohammadi nel suo messaggio video, in cui non indossava il velo. “Sono convinta che, anche se la Repubblica islamica dovesse sopravvivere a una guerra, non potrà superare la resistenza delle donne”, ha aggiunto, riferendosi al rischio di un conflitto armato tra Iran, Israele e Stati Uniti.”Il fragile vaso della vita della Repubblica islamica sarà frantumato dalle donne”, ha affermato.
Mohammadi ha poi denunciato come le donne iraniane siano state vittime di “apartheid di genere” fin dalla nascita della Repubblica islamica. “Spero che continueranno a guidare la lotta contro la tirannia religiosa”, ha dichiarato, aggiungendo che la sconfitta del regime sarà “il nostro giorno della vittoria”. Mohammadi ha passato gran parte dell’ultimo decennio dentro e fuori dal carcere. Ne è uscita a dicembre dopo l’ultimo arresto, che risale a novembre 2021. L’attivista ha reso omaggio a tre donne, Sharifeh Mohammadi, Verisheh Moradi e Pakhshan Azizi, condannate a morte dal regime iraniano con l’accusa di “ribellione”. Una sentenza di “vendetta” per il loro sostegno alle proteste, ha concluso il premio Nobel.