Il sospiro di sollievo si è sentito a chilometri e chilometri di distanza. Lo hanno tirato coloro che erano in ansia per la piega che stava prendendo la vicenda di Credit Suisse, ossia del clamoroso tonfo in Borsa del colosso bancario svizzero che poteva provocare un contagio in tutta Europa. La banca centrale svizzera è intervenuta con prontezza garantendo all’istituto di credito una vagonata di miliardi per coprire eventuali insolvenze e per arginare la prevedibile corsa agli sportelli per ritirare i depositi.
“Ci siamo noi” sembra che abbiano detto ai correntisti gli gnomi della finanza svizzera. “Da noi i vostri soldi sono al sicuro, potete ritirarli quando volete”. E il titolo Credit Suisse è rimbalzato come su un tappeto elastico.
Il gioco, par di capire, è ricominciato. L’etica del capitalismo-finanziario è salva, anzi rinvigorita dall’ennesima promessa di un maggior controllo sull’enorme massa di denaro custodita nei forzieri.
Che bisogna pensare di tutto ciò? Un tale salvataggio garantito con soldi pubblici, anche se in apparenza soltanto svizzeri, fa impressione. Non avrei dato un franco svizzero che uno a questi banchieri. Il perché è semplice e intuitivo: non hanno un’etica, spesso sono complici dei farabutti e dei criminali.
Un esempio ce lo mostra il rapporto di SUISSE SECRETS del febbraio 2022 a firma di IRTI, consorzio di giornalismo investigativo, che descrive il comportamento avido e amorale di certi banchieri. Si racconta, tra le tante nefandezze, del presidente di uno Stato africano, tra i più poveri al mondo, che deposita ben 300 milioni di dollari nella banca di Zurigo. Ma al sorridente funzionario non viene il sospetto che quei soldi, al pari dei tanti altri che spuntano dalle tasche di narcotrafficanti e dittatori, siano frutto di corruzione, di un furto in piena regola, un colossale furto? Non sono soldi guadagnati onestamente o con il talento, quella è refurtiva. Provate a immaginare ai danni chi. Ma dei suoi cittadini, of course, che, in buona fede e con ingenuità gli hanno dato il voto che per quel presidente significava, invece e più semplicemente, “licenza di rubare”.
Domanda: per voi che state leggendo, chi accetta quei soldi frutto di un evidente e scandaloso ladrocinio è un banchiere o un ricettatore? Propendo per la seconda ipotesi.
Ecco perché a Credit Suisse e alle tante “credit suisse” in giro per il mondo non avrei dato un franco. Alla richiesta di aiuto dei banchieri avrei risposto ciò che viene attribuito a Virginia Woolf in polemica con il Times di Londra: “Maledetti, non avrete mai un mio penny”.
Prova