domenica 27 Ottobre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

BARI / M5S fuori dalla giunta regionale / Conte: “E’ il momento di fare pulizia”

Dopo la terza ondata di arresti si dimette l’assessora regionale al Welfare Rosa Barone e rimettono le deleghe i consiglieri dei Cinque Stelle. Si aggrava la crisi in Puglia che ora diventa politica, anche se la giunta Emiliano conserva la maggioranza.. “No a due pesi e due misure”. E per le comunali a Bari conferma il sostegno a Laforgia contro il candidato Pd Leccese. Sinistra italiana, che resta in maggioranza, chiede a Emiliano “discontinuità: il presidente della Regione azzeri o resetti la giunta”

Il Movimento Cinque Stelle lascia la giunta regionale della Puglia. Il tutto come tutti si aspettavano dopo le varie inchieste che vedono protagonisti esponenti del Partito Democratico. Quindi stamani è arrivato l’annuncio che ci si aspettava, il M5S ritira gli assessori in Regione Puglia. “Stiamo leggendo pagine di politica che sono anche di cronaca giudiziaria che fanno tremare i polsi. Sono vicende da noi lontanissime. Non facciamo sconti al centrodestra e a Giorgia Meloni” e “alle forze che operano all’interno del nostro campo politico”

Non ci possono essere due pesi e due misure. Vogliamo dare un’assoluta scossa, è il momento di fare pulizia, tabula rasa. Oggi vediamo qui a Bari dilagare le erbacce della cattiva politica. Le inchieste sono eloquenti, siamo per tutte le garanzie costituzionali, ma si sta estendendo la zona grigia. E quando c’è questo non ci può essere il M5S. Lasciamo i nostri posti in giunta, rimettiamo tutte le deleghe. Rinunciamo agli incarichi pur di cambiare le cose”.E’ quanto ha detto il presidente del M5S, Giuseppe Conte, in conferenza stampa nella sala stampa del Consiglio regionale della Puglia, a Bari

Tutto questo mentre le inchieste sugli intrecci tra politica e criminalità organizzata continuano a mietere “vittime”: ieri sera un ex assessore della Regione Puglia, il leader di Senso civico Alfonso Pisicchio, e suo fratello Enzo, sono finiti agli arresti domiciliari nell’ambito di una inchiesta della Procura di Bari che riguarda tre presunti appalti truccati.

“Oggi diamo un contributo alla Puglia e al Paese. Non gridiamo solo ‘onestà’, abbiamo elaborato un patto di legalità, un protocollo molto articolato in modo tale che la Pa possa dispiegare la sua attività nel segno dei principi costituzionali, non chiediamo altro. Noi lo offriremo alle forze politiche, al presidente Michele Emiliano e ci predisponiamo di realizzare questo contesto normativo per dare una svolta dalla Puglia a tutto il Paese”.

L’ULTIMA INCHIESTA

Ieri sera un ex assessore della Regione Puglia, il leader di Senso civico Alfonso Pisicchio (nella foto), e suo fratello Enzo, sono finiti agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Bari.

I reati contestati all’ex assessore della giunta Emiliano, e ad altre cinque persone arrestate (una in carcere, quattro agli arresti domiciliari) sono, tra l’altro, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, truffa, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità materiale, turbata libertà degli incanti, emissione di fatture per operazioni inesistenti. Poche ore prima di essere arrestato, Alfonso Pisicchio si era dimesso dalla guida dell’agenzia per la Tecnologia della Puglia, spiegando che dietro la sua scelta “non c’era nessuna dietrologia”.

L’inchiesta coordinata dalla Procura di Bari riguarda tre presunti appalti truccati. In carcere è finito Cosimo Napoletano di 58 anni, di Monopoli. Agli arresti domiciliari, oltre i fratelli Pisicchio, si trovano Francesco Catanese, 59 anni, di Bari, e l’imprenditore Giovanni Riefoli, originario di Barletta ma residente a Bari, di 58 anni. L’interdizione dalla attività professionale per un anno riguarda invece Vincenzo Iannuzzi e Grazia Palmitessa.

Nell’ordinanza firmata dalla gip del tribunale di Bari, Ilaria Casu, si evidenzia che per Alfonsino Pisicchio le accuse di corruzione e turbata libertà degli incanti riguardano il periodo in cui era assessore della giunta Emiliano, quando avrebbe utilizzato “la sua influenza politica e le sue relazioni, tramite suo fratello Enzo, per una gestione clientelare del suo ruolo, con favoritismi per ottenere ritorni in termini di consenso elettorale, mediante assunzioni nelle imprese favorite o avvantaggiate di persone che assicurano il voto e che avevano militato anche nel suo partito”.

Enzo Pisicchio, invece, avrebbe agito “quale esecutore delle direttive” del fratello “e quale schermo per impedire di risalire al ruolo e al contributo di Alfonsino”. La guardia di finanza ha anche sequestrato beni per 800mila euro. Dalle indagini è emersa la turbativa di una gara d’appalto bandita dal Comune di Bari per l’affidamento delle attività di supporto per la gestione e riscossione dei tributi, aggiudicata nel settembre del 2019, con importo a base d’asta di circa 5,5 milioni.

Il responsabile unico del procedimento, Francesco Catanese, avrebbe confezionato il bando ad arte per un imprenditore ottenendo in cambio l’assunzione della moglie. Inoltre, un componente della commissione di gara avrebbe ottenuto la stessa promessa di assunzione per il figlio con l’intermediazione dei fratelli Pisicchio a loro volta destinatari di denaro, assunzioni, promesse di assunzioni ed il finanziamento illecito al partito da parte dell’imprenditore cui avevano fornito informazioni riservate.

Inoltre, polizze fideiussorie false sarebbero state emesse da un broker e poi prodotte ai competenti uffici regionali da numerosi imprenditori per l’autorizzazione allo svolgimento di attività estrattiva nelle cave. Altre polizze false sarebbero state usate per avere finanziamenti dalla Regione Puglia.

SE BARI PIANGE, PALERMO NON RIDE

Un comitato di interessi a Palermo, formato da amministratori pubblici, massoni e mafiosi, per la realizzazione di un centro commerciale. Tre gli arresti dei carabinieri di Palermo, su richiesta della Dda (uno in  carcere e due ai domiciliari), per concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, traffico di influenze illecite aggravato dall’avere favorito l’associazione mafiosa.

I militari hanno arrestato anche Mimmo Russo (nella foto), ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia e volto noto a Palermo, in particolare nel mondo dei lavoratori precari: è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso. Per questo il provvedimento è stato disposto dal gip di Palermo Walter Turtirici che ha accolto le richieste del procuratore Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Marzia Sabella e del sostituto Andrea Fusco. Il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per Russo e gli arresti domiciliari per Gregorio Marchese e Achille Ando’. Il provvedimento scaturisce dalle indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri di Palermo, nel periodo 2020/2023, su delega della Dda di Palermo in ordine al rapporto esistente tra un sindacalista, amministratore locale del Comune metropolitano, in carica sino al giugno del 2022, ed esponenti di Cosa nostra palermitana.

Sono una decina i pentiti che accusano Mimmo Russo. Dichiarazioni pesanti che vengono da ex mafiosi di diversi mandamenti palermitani: dallo Zen, dove Russo avrebbe stretto un patto elettorale col boss Sandro Diele, al Borgo Vecchio dove l’ex consigliere comunale, secondo i collaboratori, vantava rapporti con Salvatore Cucuzza. I pentiti raccontano che Russo pagava a Cosa nostra le preferenze con denaro, buoni di benzina, posti di lavoro.

Dalle indagini è emersa l’esistenza di un comitato di interessi, del quale faceva parte anche un faccendiere appartenente alla massoneria, impegnato nella costruzione di un centro commerciale nel capoluogo siciliano. In questo contesto, l’esponente politico si sarebbe adoperato in favore dell’approvazione di una variante al Piano Regolatore cittadino, tesa a modificare da verde agricolo ad area commerciale la destinazione dei terreni sui quali avrebbe dovuto sorgere la struttura; avrebbe ottenuto – come contropartita – un cospicuo numero di assunzioni da promettere a persone legate alla criminalità organizzata, in cambio del sostegno elettorale dell’organizzazione mafiosa.

L’indagine ha, inoltre, disvelato le pesanti ingerenze che il politico avrebbe esercitato nei confronti della società che gestisce l’ippodromo di Palermo, condizionandone l’operato affinché si piegasse al volere dei suoi referenti mafiosi e concorrendo con questi nella commissione di estorsioni aggravate, ai danni di liberi professionisti che avevano svolto incarichi per conto di quella realtà economico-sportiva e che sono stati costretti, con la minaccia, a rinunciare, in tutto o in parte, al loro compenso.

L’inchiesta, infine, ha ricostruito la promessa ottenuta dal politico di un pacchetto di assunzioni in una società che si occupa della grande distribuzione alimentare, in cambio di agevolazioni presso gli uffici del comune di Palermo e di un incarico di sottogoverno da attribuire a un rappresentante della medesima società commerciale.

L’altra inchiesta in Sicilia. Avrebbero corrotto con gioielli, denaro, olio, panettoni e offerte di assunzioni una serie di funzionari pubblici di diversi comuni siciliani per vincere gare, ottenere rimborsi, accelerare pratiche. L’ennesimo giro di tangenti scoperto dai carabinieri di Palermo ha al centro il responsabile e alcuni dipendenti di una cooperativa sociale di Partinico che gestisce servizi per anziani, disabili e minori e una serie di pubblici ufficiali.

L’ indagine, coordinata dalla Procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, ha portato a 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 6 misure di arresti domiciliari e 3 sospensioni. L’indagine, spiegano gli investigatori dell’Arma, ha delineato l’esistenza di “un’associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti contro la pubblica amministrazione”. Tramite la cooperativa, alcuni soci avrebbero avvicinato pubblici ufficiali, dirigenti o funzionari dei comuni di Partinico,  Balestrate, Marsala, San Cataldo, Agrigento, della città metropolitana di Palermo, oltre a un ex sindaco di Partinico (al momento dei fatti  privo di ruoli nella pubblica amministrazione), che avrebbero corrotto con dazioni di denaro, regali e cene offerte in noti ristoranti.

In carcere Giuseppe Gaglio, legale rappresentante e presidente del cda della cooperativa Nido d’Argento, Massimiliano Terzo, dipendente della coop e Gaetano Di Giovanni dirigente del distretto socio sanitario di Agrigento e capo dei vigili urbani della Città dei Templi. I domiciliari sono stati disposti per Giuseppe Chiaramonte e Francesco Chiavello, dipendente ed ex dipendente della Nido D’Argento, per l’ex sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo, per Maria Pia Falco,  istruttore direttivo al Comune di Marsala e  Aldo Raimondi, responsabile del settore Politiche Sociali e Culturali del Comune di S. Cataldo (Cl). Un sesto destinatario degli arresti domiciliari è ancora ricercato.

La sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio è stata invece notificata a Maria Rita Milazzo, dirigente del Comune di Balestrate,  Michela Sclafani, funzionaria dell’ufficio direzione Politiche sociali della Città Metropolitana di Palermo e Antonino Geraci, presidente della commissione aggiudicatrice nella gara per l’affidamento della gestione e realizzazione “Azione A Rafforzamento dei Servizi Sociali”. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione finalizzata alla corruzione, corruzione, turbata libertà deglii ncanti e istigazione alla corruzione.

Inoltre, numerose sarebbero state le assunzioni alle dipendenze della cooperativa di persone indicate dai pubblici ufficiali. L’obiettivo sarebbe stato quello di velocizzare i pagamenti e le liquidazioni da parte degli Enti locali nei confronti della cooperativa o aggiudicarsi costosi appalti per servizi pubblici relativi ad attività  socio-assistenziali, quali l’assistenza domiciliare di disabili e  anziani, il trasporto di disabili presso istituti scolastici o  sanitari, servizi in ambito educativo di minori come asili nido e centri ricreativi estivi.

Sarebbe stata inoltre rilevata l’emissione di una fattura per la retribuzione di servizi mai prestati di circa 30.000  euro da parte della cooperativa, poi spesata dall’ente pubblico. Gli  investigatori avrebbero individuato in un noto e caratteristico borgo nei pressi di Partinico, il luogo abituale d’incontro tra i vertici della cooperativa e alcuni dei pubblici ufficiali compiacenti. A Borgo Parrini sarebbero stati rinsaldati i reciproci illeciti legami. (In collaborazione con RaiNews)

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