Alessia Pifferi è stata condannata all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, abbandonata a casa da sola per 6 giorni nel luglio del 2022. Lo ha deciso oggi la Corte di Assise di Milano. I giudici hanno escluso l’aggravante della premeditazione.
“È una sentenza giusta – ha detto il pm Francesco De Tommasi dopo la condanna – una prima tappa per l’accertamento della verità. Ci ho creduto sempre e con questo verdetto hanno riportato al centro del processo la vittima”. La Corte d’Assise di Milano ha condannato Pifferi anche al versamento di provvisionali di 20mila euro per la sorella Viviana e di 50mila euro per la madre Maria, entrambe costituite parti civili nel processo.
La madre: “Deve pagare per quello che ha fatto”
“È un dolore atroce, si è dimenticata di essere una mamma. Deve pagare per quello che ha fatto. Se si fosse pentita e mi avesse chiesto scusa…ma non l’ha fatto”. Sono le prime parole con cui la mamma di Alessia Pifferi ha commentato la sentenza all’ergastolo della figlia.
Nella sua requisitoria, prima della sentenza, il procuratore De Tommasi aveva richiesto la condanna all’ergastolo per Pifferi per omicidio volontario. Il pm aveva affermato che, abbandonando la bambina, la donna non solo ha accettato il rischio della sua morte, ma ha deliberatamente permesso che ciò accadesse. Inoltre, ha chiesto di riconoscere le aggravanti del rapporto di filiazione e dei futili motivi, e di considerare anche la premeditazione. Quest’ultima richiesta non è stata accolta.
Quando è stata letta la sentenza di condanna all’ergastolo, Alessia Pifferi “era molto dispiaciuta per l’atteggiamento della sorella e della mamma”. Lo ha detto il difensore Alessia Pontenani fuori dall’aula al termine dell’udienza, sottolineando che “quando il presidente ha detto “ergastolo” si è capito che dietro stavano festeggiando e qui c’è ben poco da festeggiare. Poi non ha ben compreso il problema economico, perché ha detto “io non ho soldi”, allora le ho spiegato che l’unica cosa che possono prenderle è quel pezzettino di casa”. L’avvocato ha fatto sapere che farà ricorso e che chiederà “la riapertura dell’istruttoria e una nuova perizia collegiale”.
LO PSICHIATRA. Per Alessia Pifferi, stando alla perizia di Elvezio Pirfo, non si può parlare di disturbo nel vero senso della parola, ma di alessitimia, ovvero l’incapacità di riconoscere le proprie emozioni e di comunicarle verbalmente. A definire il significato è lo stesso psichiatra: si tratta di una condizione psicologica che è “come se ci facesse vivere dietro a un vetro. Guardiamo ma siamo schermati”.
Nel caso di Pifferi il perito ha quindi ricordato che ci sono “due aspetti clinici su cui mettere attenzione: da una parte la dipendenza e dall’altra la alessitimia”. Il primo di questi, ha spiegato, “non configura automaticamente il disturbo. Se si vanno a leggere tutti gli altri criteri, mancano. La necessità dell’accudimento, la necessità del dover essere protetta, credo che sia indiscutibile nella relazione soggettiva. Ma che questo automaticamente configuri quella condizione che noi chiamiamo disturbo, non è corretto”. E anche l’alessitimia, ha sottolineato Pirfo, “non configura di per sé una malattia”.