L’apertura del G7 è stata preceduta da un’increspatura al consenso unanime che sembra regnare tra i Grandi, a partire dal dossier “guerra in Ucraina”. A tenere il banco sui media – scrive stamani l’Avvenire – è stata la controversia sul “diritto” all’aborto, anche se fonti della Presidenza del G7 Italia frenano: «Nessuno Stato ha chiesto di eliminare il riferimento alle questioni relative all’aborto dalla bozza delle conclusioni del vertice G7, così come riportato da alcuni organi di stampa in una fase in cui le dinamiche negoziali sono ancora in corso. Tutto quello che entrerà nel documento conclusivo sarà un punto di caduta finale frutto di un negoziato fra i membri G7».
C’è da dire che sempre stamani il ministro Lollobridiga ha ipotizzato che la scomparsa del tema aborto sarebbe stata una conseguenza della presenza al G7 di Papa Francesco
Secondo alcune fonti diplomatiche, nell’ultima bozza della dichiarazione finale del vertice di Borgo Egnazia sarebbe scomparso il punto nel quale i Sette sottolineavano l’importanza di garantire «un accesso effettivo e sicuro all’aborto», introducendo, a quanto risulta da alcune ricostruzioni di stampa, il concetto di «diritto fondamentale all’aborto». Il riferimento doveva rafforzare ulteriormente – su richiesta soprattutto di Francia e Canada – il comunicato finale del G7 di Hiroshima di un anno fa, che parlava appunto di «accesso legale e sicuro».
Nessun passo indietro, insomma. Fonti della presidenza italiana hanno precisato che gli sherpa, al lavoro in Puglia già da lunedì, stanno ancora trattando e che «tutto quello che entrerà nel documento conclusivo sarà un punto di caduta finale frutto dei negoziati».
Nessuno dei Sette, hanno quindi sottolineato le fonti italiane replicando alle indiscrezioni trapelate su «organi di stampa», ha chiesto di «eliminare» alcunché sull’aborto, mentre nella bozza resta invece il riferimento al gender equality.
Ma il protrarsi di trattative dimostra per lo meno una differenza di sensibilità politiche sul tema. Con l’Italia di Giorgia Meloni che ha deciso di rafforzare l’apertura dei consultori alle associazioni Pro Vita, e la Francia di Emmanuel Macron – ora alle prese con la sua più grave crisi politica – che a marzo ha invece inserito, con un sì bipartisan, il diritto all’aborto in Costituzione. Mentre Joe Biden ha fatto del diritto di accesso universale all’aborto un punto fermo della sua campagna elettorale in vista del voto di novembre.
Già lo scorso aprile il tema era stato oggetto di un botta e risposta a distanza tra il presidente francese e la premier, mentre il Parlamento europeo uscente aveva approvato la richiesta di inserire quello all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Le voci di un possibile tratto di penna sul tema dalla dichiarazione finale hanno scatenato immediate reazioni anche interne, dal Pd a +Europa che denunciano un attacco ai diritti delle donne da parte del governo.