Il ministro leghista Roberto Calderoli ha puntato tutto il suo capitale politico sull’autonomia differenziata, ovvero una netta separazione di risorse e attribuzioni di legge tra regioni del Nord e quelle del Sud. La sua proposta però ha avuto una approfondita critica da parte dei tecnici e degli esperti del Senato.
L’autonomia differenziata, sostengono, incrementa il divario tra Nord e Sud, il tutto condito con dati e motivazioni. Insomma, così l’hanno compresa in molti, servirà a costruire un solco difficilmente superabile tra il ricco Nord e un Sud che perde progressivamente abitanti e risorse.
Se si dovesse arrivare alla discussione parlamentare e se approvata, l’autonomia provocherebbe uno sconquasso istituzionale e sociale di grandi proporzioni. Ma un’estesa analisi del concetto che sta alla base dei desiderata leghisti, a mio avviso e al parere di molti, dovrebbe portare a una discussione vera ponendo alla base la vera questione italiana.
Anzi, le due questioni che da decenni pesano sul destino del Paese: la questione del Nord, atteso a un futuro produttivo e innovativo, e quella del Sud, imprigionato in una secolare arretratezza che, nonostante i progressi vantati dal dopoguerra a oggi, reclama un approccio diverso sul suo divenire.
A questo punto è un bene chiedersi: che fare? quale strada indicare al legislatore e alla classe dirigente del nostro Paese? Difficile esprimersi. Vale la pena, allora, riproporre le idee che un grande meridionalista napoletano, Domenico Rea, inserì in un libro “La fabbrica dell’obbedienza” (Feltrinelli). Sono attuali, anche se avvolte nel sogno che qualsiasi meridionale culla da sempre, soprattutto quando viene a contatto con realtà diverse e, diciamolo, più sviluppate.
Ecco una recensione di quel libro pubblicata il 10 gennaio scorso. Il romanziere e saggista napoletano ci insegna parecchie cose, anche ad afferrare il vero problema dell’Italia attuale, altro che autonomia differenziata. Buona lettura.
Meglio il rimpatrio dei congedati che l’elemosina