“Il vero pericolo è la digicrazia: il potere di pochi che detengono i dati di tutti”
Andrea Lisi: “L’intelligenza artificiale non crea nulla se non siamo noi a darle la materia, cioè le informazioni”.
di Pietro Bonito Oliva (Agenzia Dire)
Intelligenza artificiale. Due parole per declinare un mondo, quello in cui viviamo oggi e quello che vedrà protagoniste le future generazioni. Due parole che segnano un’era, forse il suo apice, la punta estrema di una rivoluzione digitale che ha cambiato per sempre le nostre vite. Abitudini diverse, velocità diverse, connessioni diverse.
Tra le persone, e tra le persone e le cose. I genitori dei trentenni di oggi ricordano con nitidezza la quotidianità senza internet, e forse già questo basterebbe a spiegare quanto sia cambiato, radicalmente, irrimediabilmente, il mondo.
Oggi le domande ottengono risposte in tempo reale da ChatGpt. Intelligenza artificiale, elaborazione di dati che, badate bene, non vengono fuori dal nulla. Perché l’IA non crea se non siamo noi a darle la materia per creare.
È bene allacciare le cinture, dunque, mettersi comodi e tenere ben saldo il volante. Perché a guidare è e deve essere sempre l’uomo, non la macchina. Lo ribadisce con fermezza Andrea Lisi, Presidente di ANORC Professioni, Associazione Nazionale che rappresenta i Professionisti della digitalizzazione e della privacy e che insieme ad ANORC Mercato, punto di riferimento per il mondo aziendale, si impegna nel campo della digitalizzazione e della protezione del patrimonio informativo promuovendo il dialogo istituzionale, la formazione professionale e attività informative nel settore. L
Lisi spiega che l’IA può essere l’arma, ma non il dito premuto sul grilletto. Il male potenziale è sempre dell’uomo, che si sintetizza nel “pericolo digicrazia: oggi la maggior parte dei nostri dati sono nelle mani di pochi player. Il problema è tutto qui: l’evoluzione digitale è sfuggita allo scenario europeo, almeno a livello infrastrutturale e di patrimonio, certamente anche economico ma soprattutto di dati. Tutti quelli che ci riguardano, a livello internazionale, sono nelle mani di pochissimi, che di conseguenza detengono un potere immenso. Potere che è diventato, ovviamente, anche economico”.
Non le cita ma nell’aria riecheggia l’eco dei nomi: Apple, Meta, Google, delle grandi potenze della rete in cui siamo ogni giorno impigliati, come tonni attaccati alle tonnare. Per lavoro, per vita privata, per passione, per cultura. “C’è stato un tentativo di arricchirsi a nostro discapito e senza una consapevolezza reale di ciò che stava accadendo”, spiega Lisi. Ecco perché l’Unione europea ha reagito con fermezza, “creando un ordinamento, l’AI Act, che tiene ben saldi diritti e libertà fondamentali”. Allontanandoli dalle mani dei digitocrati. “Attenzione – rimarca Lisi – , l’Unione europea non è contro il mercato digitale, che tuttavia per poter progredire deve basarsi sulla fiducia”. Fiducia che nasce, appunto, “dalla tutela dei suoi principi”.
L’Ai Act, che entrerà pienamente in vigore in Europa nei prossimi mesi, al massimo nei prossimi 3 anni, non nasce ieri. Assume le sembianze di un testo unico dell’era digitale. Una sintesi di tante norme già approvate: “Ci sono un insieme di regolamentazioni europee dall’inizio degli anni 2000 che cavalcano le tematiche del digitale. È chiaro che nell’ultimo periodo, in seguito alla datificazione delle nostre vite, il legislatore europeo ha potuto regolamentare di più: oltre all’Ai Act esiste il Digital Governance Act (settembre 2023), il Data Act (novembre 2023), il Dsa (Digital Services Act, ottobre 2022), il Dma (Digital Markets Act, luglio 2022). Il quadro europeo è composto da tante regolamentazioni, forse anche troppe, che si occupano di tutelare i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini, che possono essere messe a dura prova da un utilizzo incontrollato dell’innovazione digitale”.
IL PERICOLO DISCRIMINAZIONI
A parlarne approfonditamente sembra di ritrovarsi in una scena di Matrix, con Morpheus che chiede di scegliere tra pillola rossa e pillola blu. La verità, fortunatamente, è meno apocalittica del film: “Per far male all’uomo, alla fine la colpa rimane dell’uomo”, rimarca Lisi. E allora come si fa a controllare l’intelligenza artificiale che, stando all’indagine condotta dal politecnico di Milano e rilanciata dal Sole 24 Ore, mette in guardia dal rischio che l’Intelligenza artificiale adotti criteri discriminanti nella selezione dei curricula per le aziende che utilizzano questa tecnologia per reclutare personale? “Anche in questo caso, però, il sistema elabora decisioni sulla base di scelte fatte in passato. Se per una determinata posizione sono state selezionate sempre, faccio un esempio, candidati di sesso maschile…”, la macchina ripeterà lo stesso comportamento. “Non possiamo pensare di delegare all’intelligenza artificiale decisioni ‘scomode’”. Dicendo che è colpa sua…, tra l’altro.
PAPA FRANCESCO AL G7
Deve esserci senso di responsabilità, che si traduce in etica del comportamento. Il senso del messaggio di Papa Francesco al G7 di Borgo Egnazia, proprio sul tema IA: “Va ricordato che il Vaticano è stato il primo a parlare di questo, non pensando alla coscienza artificiale che può dominare il mondo ma andando a comprendere quanti rischi ci possono essere in un utilizzo poco antropocentrico dello strumento tecnologico”: Rischi che non riguardano ovviamente solo il contesto europeo, la dinamica è internazionale e “va oltre il confine geografico, e impone una cooperazione tra più Stati”.
Per questo ANORC, la Pontificia Università Antonianum, Oikos Mediterraneo e l’Istituto Universitario Sophia hanno deciso di far nascere l’Osservatorio permanente su diplomazia digitale e IA, che ha l’obiettivo di analizzare le situazioni attuali nei vari Paesi, anche extraeuropei, e proporre strategie di sviluppo a tutela della dignità umana, dei diritti fondamentali di cittadinanza nel web e nei sistemi di intelligenza artificiale. “Obiettivo non facile, perché magari ci ritroviamo di fronte ordinamenti militari dove il livello di tutela delle libertà è molto basso”. E qui entra in gioco il ruolo della Santa Sede, della Chiesa cattolica: “Una lingua universale che in questi casi può funzionare”.
Non a caso la Pontificia Università Antonianum ha deciso di dare vita al Diploma Biennale di Alta Specializzazione in Etica e Intelligenza artificiale, di cui Andrea Lisi sarà consulente del corso e docente dell’indirizzo indirizzo etico-manageriale, patrocinato da ANORC. Giuseppe Gimigliano è invece coordinatore del corso: “Siamo tutti chiamati a operare sintesi tra le diverse riflessioni etica e fare dell’intelligenza artificiale uno strumento al servizio di tutti, della collettività – afferma Gimigliano – . Nessuno escluso: sinfonia delle diversità. Questo è l’obiettivo del diploma”.