giovedì 28 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

EMILIA SAZIA E AVIDA

di Piero Di Antonio

Tra poco meno di tre mesi, a novembre, l’Emilia Romagna sarà chiamata a rinnovare il consiglio regionale e di conseguenza a indicare chi sarà il nuovo presidente, il successore di Bonaccini. Quale occasione più propizia allora per mandare un segnale forte ed efficace alla classe dirigente che verrà?

Riguarda uno scandalo sotto gli occhi di tutti spesso sottaciuto in maniera colpevole in una regione un tempo accogliente e amata: gli affitti di camere e appartamenti per gli  studenti universitari e i  lavoratori alla ricerca di una sistemazione decente a prezzi decenti, costretti però a vivere in stamberghe proposte da immobiliaristi e proprietari, con la tipica espressione delle facce di bronzo, a cifre che definire scandalose è del tutto riduttivo.

Il problema, ormai una vera emergenza, viene affrontato oggi da una parte della stampa, in particolare Corriere della Sera e Carlino, che riportano un’anomalia che all’Emilia “sazia e disperata” così come la descrisse il cardinale Biffi,  impone di aggiungere un altro e più pesante aggettivo: avida.

Bologna come Modena, come Ferrara, come altre città che dell’accoglienza dei giovani e dei lavoratori avevano fatto e fanno una cifra del loro sviluppo suscitando l’ammirazione del mondo. Come si viveva e, forse, si vive in Emilia,  non ha eguali in Europa. Una costruzione sociale e politica dovuta a una popolazione e alla relativa classe dirigente orientata al benessere, sì personale, ma consapevoli che una comunità che vive male tra disagi e ristrettezze danneggia e impedisce qualsiasi progresso.

Così non è stato, almeno fino ai nostri giorni dove coloro che una certa retorica definisce il futuro del nostro Paese e della regione più avanzata, gli studenti, sono oggi costretti a “pietire” l’affitto di una stanza non a prezzi da hotel a cinque stelle. Un’offesa al senso comune, una caduta nell’avidità ormai senza controllo da parte delle pubbliche amministrazioni, un insulto ai sacrifici che si caricano sulle spalle le famiglie.

Leggete i casi esposti dai cronisti del Corriere. Si resta senza parole nell’apprendere che a Bologna, la città universitaria per eccellenza, per un “appartamento” di appena 15 metri quadrati in zona Saffi – per dare un’idea 4 metri per 3 metri e 75 centimetri – si chiede per l’acquisto 22mila euro. Ma la piccola “reggia” bolognese presenta buio pesto, quindi senza finestre, e muri scrostrati. Le mini-case sdoganate dal decreto Salvini, a Bologna, come in altre città ad alta densità universitaria, sono già una realtà, scrive il cronista del Corsera.

Basta qualche altro piccolo esempio per far comprendere l’emergenza, arrivando anche a una camera singola con un costo medio calcolato a 506 euro, utenze escluse. C’è anche una stanza-appartamento di 20 metri quadrati nella centrale via San Carlo, vicinissima a Via Indipendenza, dove non ci si vergogna di chiedere 650 euro.

Ma è la descrizione dell’immobile che ci riporta a una realtà non piùso stenibile: zona giorno e zona notte nello stesso spazio, cucinotto con lavatrice ultra sottile su cui è sospesa una mensola con sopra due fornelletti elettrici, bagnetto con porta a soffietto e doccia stile barca, in altre parole sopra il wc. In un altro vicolo viene proposto l’acquisto di un appartamento-mansarda di ben 18 metri quadrati dove l’altezza minima è di un metro e 35 centimetri. Si cucina dal letto. E la doccia? Sul water.

A questo punto citiamo Modena, dove una camera singola di 9 metri viene offerta a 500 euro. E’ stata ricavata da due appartamenti dove il proprietario ha alzato qualche parete di cartongesso per arrivare a ben 17 singole incassando 8.500 euro.

E’ una folle corsa a chiedere cifre al rialzo, una frustata in faccia a ragazze e ragazzi che vogliono studiare senza dissanguare le famiglie.

Se tutto ciò non indigna la pubblica opinione, vuol dire una cosa sola: è il “mercato” e non la decenza a dominare ormai le nostre vite. Per fortuna le elezioni regionali sono alle porte e qualche paletto potrà essere chiesto a tutti coloro che si candidano. Un impegno solenne e chiaro a limitare questo andazzo. Senza giri di parole, con decisione. Come? Utilizzando i fondi per la costruzione e l’individuazione di studentati a prezzi accessibili a tutti. E far conoscere alla pubblica opinione, anche da parte dei rettori, quale sarà il costo dell’affitto una volta completati i lavori.

Alle amministrazioni locali occorre chiedere di indirizzare i fondi non a finanziare sagre del lambrusco, delle anguille o del pizzino, ma ad alleviare situazioni difficili, ad evitare che anche istituzioni pubbliche, come si legge ad esempio sul sito dell’Acer (Azienda Casa Emilia Romagna) di Ferrara, offrano appartamenti e posti letto nel rispetto di alcuni requisiti (essere di Ferrara?) e alle condizioni di libero mercato. Se il mercato è quello appena descritto, stiamo freschi.

Il futuro è in mano comunque agli studenti stessi che hanno un’arma per pretendere tutto questo: il voto. E se l’emergenza non viene superata, la politica apra la strada all’abolizione delle tasse universitarie. Anche dal candidato del centrosinistra, Michele De Pascale, si pretende un impegno scritto nel marmo, non “affogato”  nelle tante promesse contenute in un classico programma elettorale. Altrimenti l’ex sindaco di Ravenna rischia di non diventare il successore di Bonaccini.

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