di Claudia Zamorani
— Abbiamo fatto il nostro dovere, come da appello. Eppero’ figli e marito sono rimasti a casa. Perché è (forse) vero che 8 euro non saranno la fine del mondo, come si è sentito dire, anche se in realtà il biglietto intero costa 11 euro e non 8, che è il ridotto. Ma a noi, che siamo in cinque, come ad altre famiglie, il bigliettone già scontato sarebbe costato di più, 35 euro per l’esattezza e non è la stessa cosa.
Del resto non potevamo mancare all’inaugurazione della 37esima edizione del Buskers Festival, fino a domenica 25 agosto a Ferrara. E’ l’anno della rivoluzione, dell’introduzione del biglietto a pagamento e del cambio di location, come usa dire. Non più il centro storico come sede della manifestazione ma l’intersezione di strade, privatizzate per l’occasione, che va da Porta Mare a Ercole d’Este con al centro, incastonato come una gemma, il parco Massari allestito in un originale showroom e a grande mensa popolare.
C’è l’area ‘food and drink’, in fondo a sinistra, dietro a giganteschi funghi luminosi, come indicano le frecce, con furgoncini risto-bar parcheggiati tra le querce monumentali, dai nomi iconici, come la pizza Pig e la Tigellaia matta. Ma ci sono anche, tutti accreditati come buskers, Monica la cartomante, 10 euro a futuro, Marina l’astrologa e ancora la misteriosa signora mascherata che ti legge il destino semplicemente guardandoti negli occhi, ‘offerte a partire da 1 euro e no centesimi, per favore’ si avvisa sul cartello, senza tralasciare la pesca di poesie che si mischia al cono di fumo bianco degli arrosticini grigliati. E ancora, in fondo, bancarelle di collane, maschere, candele. Ma i musicisti? Dove sono?
I biglietti si fanno nei due gazebo situati in piazza Ariostea. Poi ci si incanala in Porta Mare (ma le entrate al festival sono quattro) in un corridoio transennato e controllato dalla security che verifica zaini e borsette e sequestra bottigliette d’acqua e borracce (ma perché?): vietatissime. Una mamma riesce a strappare l’entrata conservando stretto il suo biberon, uno strappo alla regola.
Non c’è molta gente, a dire il vero, e l’atmosfera è un po’ mesta ma sarà perché è solo il primo giorno, migliorerà. La strada è sì bellissima ma mezza vuota, al contrario dei tavoli allestiti nel parco gremiti di persone, comprensibile considerato che il festival comincia alle 20, più ora di cena che di teatro. Poi ieri, mercoledì, la musica è cominciata con un’ora di ritardo, alle 21.
Quest’anno c’è un’altra novità: i buskers-musicisti (circa 30 su 60 buskers complessivi) si esibiscono in coppia in modo alternato ogni 45 minuti. Prima un gruppo per 45 minuti mentre l’altro aspetta lì accanto, e viceversa. E’ un esperimento dell’organizzazione, spiega una simpatica signorina, mutuato da altri festival internazionali perché far suonare per 4 ore di fila gli artisti è tanto. Giusto.
Del resto è mica una catena di montaggio, poveretti. Capiamo perfettamente. Ma perché, ci domandiamo, devono suonare 4 ore di fila? Glielo ha ordinato il medico? Se sono troppe, non possono suonarne meno? E’ banale? Serve forse a far lavorare di più i risto-bar e tutto quanto il carrozzone? Fategliene suonare due, due e mezza, che è poi la la durata media di un concerto.
Così invece di 30 gruppi ne inviti 15 e inizi a tagliare un po’ di costi vivi di un bilancio che piange, da quello che abbiamo sentito. Ma un crowdfunding, no?
Poi, già che ci siamo, perché non tagliare anche un po’ di carrozzone, un po’ di circo, la grande abbuffata? Perché non preserviamo solo l’essenziale: la musica? Perché non recuperiamo l’elemento che da sempre ha contraddistinto il festival: la semplicità?
Un festival dove potevi passare per caso e rimanere ammaliato, anche solo per qualche istante, dalle note di una tromba o di una chitarra. E rimanevi lì incantato, adulto o bambino che fossi, imprenditore o disoccupato, tutti sullo stesso piano, ad ascoltare e ad amare la musica per tanto o per poco tempo, prima che il mondo tornasse a bussare, come ci ricorda la bella mostra allestita a palazzo Turchi di Bagno, in Ercole d’Este, con scatti fotografici che immortalano la manifestazione com’era una volta (foto).
Una cosa però nel tempo è rimasta intatta e bellissima: la luna. Lo spettacolo che più è riuscito a scaldarci il cuore. E l’altra sera la luna era davvero bellissima.
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