Se volete un’illustrazione degli straordinari progressi razziali compiuti dall’America negli ultimi 59 anni, guardate alla vita della vicepresidente Kamala Harris, che ora potrebbe diventare il secondo presidente nero.
Nata a Oakland, in California, una città profondamente divisa dal punto di vista razziale, dove il movimento Black Power ha guadagnato terreno rifiutando esplicitamente la causa dell’integrazione razziale, pochi mesi dopo l’approvazione del Civil Rights Act del 1964, Harris si è distinta in ambienti multirazziali, dove la sua alfabetizzazione culturale e la sua abilità nel cambiare codice si sono rivelate enormi vantaggi. (Foto Eva Hambach / AFP / Getty)
A metà degli anni Sessanta, i funzionari eletti di colore rappresentavano quasi esclusivamente giurisdizioni a maggioranza nera e la presenza di neri nelle istituzioni d’élite era estremamente rara. Quando Harris vinse la prima carica elettiva nel 2004, invece, si era stabilita a San Francisco, una città con una popolazione nera piccola e in calo, dove era essenziale per lei costruire una coalizione politica multirazziale.
Il “trampolino di lancio” politico della Harris, secondo il giornalista di Politico Michael Kruse, è stato “l’intimo mondo dell’alta società di San Francisco”, che l’ha accolta come una di loro. Harris è diventata maggiorenne nel corso di una rapida espansione delle opportunità economiche per i neri d’America, e in particolare per le donne nere; la sua ascesa riflette la diversificazione dell’élite americana e la crescente apertura al talento politico dei neri tra gli elettori, entrambi sviluppi che meritano di essere celebrati.
da The Atlantic