venerdì 22 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

A luglio più occupati (56mila), ma sale il numero di chi non cerca lavoro

A luglio 2024, rispetto al mese precedente, crescono sia gli occupati sia gli inattivi e diminuiscono i disoccupati. L’occupazione aumenta (+0,2%, pari a +56mila unità) per le donne, gli autonomi e in tutte le classi d’età, ad eccezione dei 25-34enni per i quali cala; il numero di occupati diminuisce anche tra i dipendenti. Il tasso di occupazione sale al 62,3% (+0,1 punti). Sono dati forniti dall’Istat, l’istituto nazionale di statistica.

Il numero di persone in cerca di lavoro si riduce (-6,1%, pari a -107mila unità) per entrambe le componenti di genere e in tutte le classi d’età. Il tasso di disoccupazione scende al 6,5% (-0,4 punti), quello giovanile al 20,8% (-0,6 punti). Il numero di inattivi aumenta (+0,6%, pari a +73mila unità) tra gli uomini, le donne e i 25-49enni; diminuisce invece tra i 15-24enni e gli ultra cinquantenni. Il tasso di inattività sale al 33,3% (+0,2 punti).

Anche confrontando il trimestre maggio-luglio 2024 con quello precedente (febbraio-aprile 2024) si osserva un incremento nel numero di occupati (+0,3%, pari a +83mila unità). La crescita dell’occupazione osservata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-4,5%, pari a -82mila unità) e all’aumento degli inattivi (+0,5%, pari a +64mila unità).

Il numero di occupati a luglio 2024 supera quello di luglio 2023 del 2,1% (+490mila unità). L’aumento coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età ad eccezione dei 15-24enni. Il tasso di occupazione in un anno sale di 1,0 punti percentuali. Rispetto a luglio 2023, scende il numero di persone in cerca di lavoro (-16,7%, pari a -334mila unità) mentre cresce quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,2%, pari a +21mila).

Il commento

A luglio 2024 il numero di occupati supera di 9mila unità la soglia dei 24 milioni; la crescita dell’occupazione rispetto al mese precedente (+56mila unità) è sintesi dell’aumento tra gli autonomi, che raggiungono i 5 milioni 233mila, e della diminuizione dei dipendenti, sia permanenti, scesi a 16 milioni 19mila, sia a termine, scesi a 2 milioni 757mila.

Il numero di occupati supera quello di luglio 2023 di 490mila unità: +437mila dipendenti permanenti, +249mila autonomi e -196mila dipendenti a termine. Su base mensile, il tasso di occupazione e quello di inattività aumentano, raggiungendo il 62,3% e il 33,3% rispettivamente, mentre il tasso di disoccupazione scende al 6,5%.

Il significato di occupati, disoccupati, inoccupati e inattivi

Un aspetto rilevante è che la maggior parte delle persone con cui si entra in interazione è abituata a ragionare in termini di:

  1. occupati: coloro che hanno, svolgono un lavoro;
  2. disoccupati/inoccupati: coloro che non hanno, non svolgono alcun lavoro.

In realtà, il tema del lavoro è molto più complesso e sottintende tutta una serie di variabili che entrano in gioco nei percorsi di ricerca lavoro e che indiscutibilmente vanno indagate e approfondite, prima ancora di partire con il percorso vero e proprio. Questa la classificazione di:

1.   occupati

2.   disoccupati/inoccupati

3.   inattivi

Rientrano nella tipologia “occupati” coloro che:

  1. sono impegnati in un’attività lavorativa regolata da un contratto o in una condizione professionale;
  2. si definiscono come tali, se pur con attività occasionali o non regolate da un contratto;
  3. si definiscono come studenti, casalinghe o pensionati ma che a tutti gli effetti svolgono una qualche attività lavorativa, condizione  professionale o non professionale (per esempio in vista di un profitto o di un guadagno della famiglia).Persone in cerca di occupazione

Rientrano nella tipologia di persone in cerca di occupazione coloro che:

1. sono disoccupati in senso stretto, ovvero per vari motivi hanno perso/lasciato un precedente lavoro.

La persona “disoccupata” è chi soddisfa queste 4 (+1) dimensioni:

  • non ha un’occupazione (condizione economica);
  • è alla ricerca di un’occupazione salariata sia da dipendente che da indipendente (attività);
  • è disponibile ad accettare un lavoro alle condizioni esistenti (attitudine);
  • ha un più o meno elevato bisogno di procurarsi un reddito (stato di necessità);
  • è registrato in un centro per l’impiego e, se rispettate specifiche condizioni, riceve un’indennità di disoccupazione o altre forme di assistenza (condizione giuridica – amministrativa);
  • 2. sono inoccupati, ossia sono in cerca di una prima occupazione e non hanno mai avuto un precedente lavoro;

3. si autodefiniscono studenti, casalinghe o pensionati in cerca di lavoro.

Rientrano nella tipologia di non forze lavoro e inattivi coloro che:

  1. non raggiungono la soglia minima o superano quella limite di anzianità per poter lavorare;
  2. presentano problemi di salute, fisica e psichica, tali da risultare come non forze lavoro;
  3. sono inattivi, ovvero non intraprendono alcuna azione volta alla ricerca del lavoro o al massimo lo fanno in modo superficiale, svogliato, comunque accessorio rispetto ad altro. Tra questi possiamo avere una più’ mirata classificazione: coloro che pur non attivandosi direttamente sono comunque disponibili a lavorare e coloro che al contrario non solo non cercano un lavoro, risultano anche poco o per nulla inclini ad accettarne uno.

Le cause possono essere svariate ma è utile identificare almeno le 2 più diffuse. Da un lato, a rendere inattivi certamente sono i sentimenti quali rabbia, demotivazione, rassegnazione, auto-svalorizzazione, dovuti principalmente a lunghe attese e infinite ricerche tutte dall’esito totalmente negativo (esclusione dal mondo del lavoro per età, competenze considerate obsolete, condizione famigliare, ecc.) o parzialmente negativo (susseguirsi nel tempo esclusivamente di proposte di piccoli lavoretti tutti occasionali e spesso anche in evidente non rispetto delle leggi vigenti in materia di salari e diritto del lavoro). Dall’altro, quelle stesse politiche del lavoro che per anni anziché creare condizioni volte all’indipendenza e al reinserimento nel mercato del lavoro, hanno finito per avvantaggiare forme passive di assistenzialismo economico.

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