Due importanti decisioni della Corte di Giustizia europea. Riguardano due giganti tecnologici degli Stati Uniti: Apple e Google. Il colosso delle ricerche online Google dovrà pagare 2,4 miliardi di euro per abuso di posizione dominante. I giudici di Lussemburgo hanno inoltre ribadito l’illegalità delle agevolazioni fiscali alla Apple per 13 miliardi concesse dall’Irlanda al gigante di Cupertino. La Corte di Giustizia dell’Ue ha quindi  confermato l’ammenda di 2,4 miliardi di euro inflitta a Google per aver abusato della propria posizione dominante favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti e ha annullato la sentenza del Tribunale riguardante i ruling fiscali adottati dall’Irlanda a favore della Apple.  (Il ruling fiscale riguardante Apple è una decisione preliminare in cui le autorità fiscali si pronunciano su una determinata questione. Per evitare conseguenze penali, le persone fisiche e le imprese possono ottenere in anticipo il parere delle autorità competenti su una questione fiscale)

Secondo Bruxelles dal 1991 al 2014 le società del gruppo Apple hanno beneficiato di vantaggi fiscali per 13 miliardi di euro giudicati aiuti di Stato dell’Irlanda e che ora devono restituire all’Europa. (Nella foto, la sede dell’Apple a Cupertino ideata da Steve Jobs)

Il nodo della vicenda era che Dublino aveva considerato nei cosiddetti ‘ruling fiscali’ preventivi del 1991 e del 2007 che le unità Apple Sales International (Asi) e Apple Operations Europe (Aoe) potessero essere costituite come società di diritto irlandese, anche se non residenti fiscalmente in Irlanda. Nel 2016 la Commissione europea ha ritenuto che fosse un aiuto di Stato illegale e incompatibile con il mercato interno di cui ha beneficiato il gruppo Apple nel suo insieme, ordinando appunto all’Irlanda di recuperare gli importi.

Nel 2020 il Tribunale aveva annullato la decisione della Commissione e oggi la Corte ha annullato quella sentenza. Viene confermato in particolare l’approccio della Commissione secondo il quale le attività delle succursali dell’Asi e dell’Aoe in Irlanda dovevano essere confrontate non con attività di altre società del gruppo Apple, ad esempio una società madre negli Stati Uniti, ma con quelle di altre entità di tali società, in particolare quelle delle sedi al di fuori dell’Irlanda.

“Siamo delusi dalla decisione di oggi, poiché in precedenza la Corte di Giustizia aveva riesaminato i fatti e annullato categoricamente il caso”. Questa la reazione del gruppo Apple. “Questo caso – sottolinea Apple – non ha mai riguardato la quantità di tasse che paghiamo, ma il governo a cui siamo tenuti a pagarle. Paghiamo sempre tutte le tasse che dobbiamo ovunque operiamo e non c’è mai stato un accordo speciale. Apple è orgogliosa di essere un motore di crescita e innovazione in Europa e nel mondo e di essere sempre uno dei maggiori contribuenti al mondo”. La Commissione europea, rileva ancora Apple, “sta cercando di cambiare retroattivamente le regole, ignorando che, come previsto dal diritto tributario internazionale, il nostro reddito era già soggetto a imposte negli Stati Uniti”.

Apple sostiene di aver pagato oltre 20 miliardi di dollari di tasse agli Stati Uniti sugli stessi profitti che, secondo la Commissione, avrebbero dovuto essere tassati in Irlanda. I profitti che secondo la Commissione Ue avrebbero dovuto essere tassati in Irlanda, secondo Apple, sono sempre stati soggetti a tassazione negli Stati Uniti. L’Irlanda e gli Stati Uniti, sostiene il gruppo Usa, sono d’accordo su questo punto. Il Tribunale ha ritenuto che le società fossero soggette a tassazione in Irlanda solo sui profitti generati dalle loro attività in Irlanda. Nel decennio oggetto dell’indagine della Commissione, 2003-2014, Apple, secondo il gruppo, ha pagato 577 milioni di dollari di tasse al fisco irlandese – il 12,5% dei profitti generati nel Paese, in linea con le leggi fiscali irlandesi.

 

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