Nella Giornata Mondiale dei Fiumi, fissata al 22 settembre dal 2005, l’argomento è più che mai attuale dopo che l’Europa centrale prima, e l’Italia poi, stanno ancora facendo i conti con le esondazioni provocate dal ciclone Boris e con gli effetti delle alluvioni che si sono accanite più volte in pochi mesi su territori sempre più provati.
Come ricorda il Wwf (Fondo Mondiale per la Natura), riprendendo le indagini dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), l’Emilia-Romagna è al terzo posto per consumo di suolo e al primo per occupazione di aree a rischio idrogeologico e, a fronte di interi Comuni del Ravennate messi in ginocchio per la terza volta in meno di un anno e mezzo, “urge cambiare le modalità di gestione dei fiumi come richiesto dall’Unione Europea”.
In Italia sono presenti almeno 11.000 barriere, tra dighe, briglie e traverse (numero fortemente in difetto) e molte di queste barriere sono obsolete, non servono nemmeno più allo scopo per cui sono state costruite e dovrebbero essere rimosse. Purtroppo, nonostante questa situazione e mentre la Strategia Europea per la biodiversità prevede di riconnettere e riqualificare, anche attraverso la rimozioni di barriere (briglie, dighe, traverse…), almeno 25.000 km di fiumi in Europa entro il 2030, in Italia si continua ad artificializzare i fiumi, a progettare e realizzare dighe (come quelle proposte: diga di Vetto in Emilia Romagna e diga del Vanoi in Veneto), e traverse che ne interrompono la continuità ecologica e morfologica, a occupare le aree di loro pertinenza, indispensabili per ridurre gli effetti delle piene e, in definitiva, ad aumentare la vulnerabilità del territorio. (La foto è di repertorio)
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Il WWF Italia ha partecipato al bando europeo della Fondazione Open River Programme per la rimozione delle barriere obsolete nei fiumi ed ha realizzato uno studio propedeutico alla rimozione di alcune barriere sul fiume Trebbia (Piacenza) dimostrando l’opportunità alla loro rimozione e la necessità di garantire una gestione unitaria del bacino, oggi assente. Inoltre ed è in corso la valutazione un altro progetto presentato per il fiume Esino (Ancona).
La recente Restoration law europea “ci obbliga a redigere un piano di ripristino ambientale dove i fiumi dovranno ricoprire un ruolo fondamentale e che dovrebbe integrarsi con gli obiettivi del Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici che, dopo l’approvazione del dicembre dello scorso anno, è fermo senza finanziamenti e nel disinteresse collettivo”. Scrivono dal World Wide Fund for Nature: “Ormai i cambiamenti climatici sono in atto e dovremmo concentrarci per avviare concrete politiche per il recupero della resilienza del territorio soprattutto attraverso Nature Based Solutions, le soluzioni basate sulla natura”.
Il Progetto di rinaturazione del Po’ (0%), proposto da WWF e ANEPLA, inserito nel PNRR per 357 milioni di euro e che prevede 56 interventi nel bacino padano coinvolgendo Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, “procede a rilento, ostaggio dei pioppicoltori che hanno ottenuto lo stralcio di parte delle aree fluviali che sarebbero dovute essere rinaturalizzate. Purtroppo quello che doveva essere il più importante progetto di rinaturazione e adattamento ai cambiamenti climatici si trascina con una gestione inadeguata e incapace di gestirne la complessità”
Il WWF, con il report “RIVER2RESTORE”, dimostra come i fiumi ripristinati rafforzino la nostra resilienza ai cambiamenti climatici e chiede un impegno a tutti i Paesi europei per la rinaturazione dei fiumi. Ripristinare la forma naturale, gli habitat, il flusso e il funzionamento del sistema fluviale, comprese le pianure alluvionali, eliminando le barriere e creando più spazio per la natura, consentono una moltitudine di benefici. Il ripristino di importanti servizi ecosistemici è urgente e necessario per mitigare le conseguenze degli impatti del cambiamento climatico.
lIl WWF propone un programma europeo di rinaturalizzazione partendo da: Morava in Austria, Mura- Drava in Croazia, Palokinkosket in Finlandia, Ammer in Germania, Kalentzis in Grecia, Dienvidsusēja in Lettonia, Geul in Olanda, Vascao inPortogallo, Delta del Danubio in Romania, Bela’ in Slovacchia, Guadalquivir in Spagna e Adige in Italia.
L’Adige, che con i suoi 410 chilometri è il secondo fiume più lungo d’Italia: è estremamente sovrasfruttato ed è attualmente più simile a un canale che a un ecosistema fluviale. Il WWF ritiene fondamentale una diffusa azione di rinaturazione che intervenga a de-artificializzare oltre 38 km di canalizzazione per consentire il recupero di aree naturali di esondazione del fiume, la rimozione di una diga (a Parcines) e di 43 sbarramenti minori, per ripristinare la connettività ecologica lungo un tratto di 114 chilometri; un’azione, che sembra utopica ma che porterebbe beneficio anche alla costa adriatica in deficit di sedimenti proprio a causa degli sbarramenti dei fiumi che sfociano in questo tratto di mare. La costa veneta tra l’altro è una delle aree più minacciate dai cambiamenti climatici come recentemente evidenziato da uno studio internazionale . La proposta del WWF Italia segue quella in corso di realizzazione nel Po e dovrebbe unirsi ad altre, da inserire nel piano di ripristino ambientale da redigere a breve, per garantire un adeguato contributo italiano alla riconnessione di 25.000 km di fiumi in Europa.