L’Intelligenza Artificiale (IA) entra, per ora in via sperimentale, a scuola. A partire da ottobre 2024 e fino al 2026, 15 classi di scuole secondarie di primo e secondo grado in Calabria, Lazio, Lombardia e Toscana testeranno l’efficacia di strumenti di IA Generativa nell’apprendimento. L’obiettivo è valutare se l’IA, affiancando il lavoro degli insegnanti, possa migliorare l’efficacia della didattica.
“Per validare un’ipotesi serve una sperimentazione rigorosa” ha spiegato al Corriere della Sera il curatore del progetto, Paolo Branchini, consigliere del ministro Valditara per le materie STEM (acronimo che sta per Science, Technology, Engineering and Mathematics – scienze, tecnologia, ingegneria e matematica – e indica tutte le discipline di studio che possiamo categorizzare come scientifiche e tecniche).
La sperimentazione prevede un confronto tra le classi “test” e le classi “gemelle” degli stessi istituti, che seguiranno la didattica tradizionale. Al termine del biennio, gli studenti saranno sottoposti ai test Invalsi per valutare l’impatto dell’IA sull’apprendimento, in particolare nelle materie scientifiche e nelle lingue. “L’idea è di utilizzare strumenti di IA proprio per moderare gli enormi divari della scuola italiana”, prosegue Branchini. Il Ministero fornirà a docenti e studenti i dispositivi necessari per le lezioni “aumentate”.
Il partner tecnologico scelto è Google, che fornirà gli strumenti “Esercizi guidati” e “Gemini for Teens”. “Poter contare su strumenti di intelligenza artificiale significa la realizzazione dell’apprendimento personalizzato”, afferma Marco Berardinelli, responsabile di Google for Education Italia. I risultati del test, attesi tra marzo e maggio 2026, saranno confrontati a livello locale e nazionale. “Se i risultati saranno positivi“, conclude Branchini, “dall’anno scolastico 2026/27 potremmo assistere a un cambiamento radicale ed epocale, con un maggiore utilizzo del digitale a scuola”.
COME FUNZIONA L’ASSISTENTE VIRTUALE
La sperimentazione, che durerà due anni, prevede l’utilizzo di un software installabile su Google Workspace, inizialmente focalizzato sulle materie STEM e sulle lingue straniere. Per la scelta definitiva delle classi è questione di ore. I direttori degli Uffici Scolastici delle regioni coinvolte le stanno scegliendo, poi bisognerà avere l’ok di dirigenti scolastici e professori, oltre che degli alunni per ragioni di privacy.
L’Intelligenza Artificiale, sotto forma di assistente virtuale, sarà in grado di individuare le difficoltà di apprendimento dei singoli studenti e di segnalarle sia al docente, sia all’alunno stesso. A quel punto, il docente, adeguatamente formato, potrà intervenire in modo mirato per aiutare lo studente a superare le difficoltà.
Il progetto si ispira a uno studio del 1984 di Benjamin S. Bloom, che dimostrò come i risultati scolastici degli studenti migliorassero in modo significativo in presenza di un supporto individuale costante. “Al momento non ci sono evidenze dirette con assistenti basati su Ia. Per questo la sperimentazione serve a chiarire se funziona, ma anche con quali limiti – spiega Paolo Branchini – A me non risulta che ci siano altri test di questo tipo al mondo. Ma deve essere chiaro che questo progetto ha il professore al centro. L’IA non è sostitutiva, farà da supporto e aiuterà a tracciare percorsi di apprendimento. L’esempio che mi viene è quello delle equazioni di secondo grado. Il ragazzo ha capito come funziona ma ha lacune sulla somma delle frazioni. Il sistema identifica la lacuna, la segnala al ragazzo e al prof, poi propone all’allievo come colmarla. Si tratta di assistenti, non sono docenti. E non ne prenderanno certo il posto”.
La sperimentazione punta a raggiungere due obiettivi: da un lato, rilanciare l’ascensore sociale, offrendo a tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro condizione di partenza, la possibilità di migliorare il proprio livello di istruzione; dall’altro, contrastare la dispersione scolastica, soprattutto nella delicata fase della scelta della scuola superiore.
Al termine dei due anni di sperimentazione, sarà l’Invalsi a valutare i risultati del progetto, confrontando i progressi degli studenti delle classi “digitali” con quelli delle classi “tradizionali”. Se i risultati saranno positivi, l’obiettivo è quello di estendere l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale a tutte le scuole italiane a partire dal 2026. (In collaborazione con Orizzontescuola.it)
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(PdA) — Quindi da settembre 2026 nelle scuole secondarie di primo grado (le medie) e di secondo grado (le superiori, con durata di cinque e quattro anni) avremo con tutta probabilità accanto all’insegnante una nuova figura tecnologica: l’Intelligenza Artificiale Generativa, quella, per intenderci, che è protagonista – e lo sarà sempre più – dell’inondazione di fake news (notizie false o “aggiustate” per i fini poco commendevoli) e deepfake.
C’è da far festa in classe quando con il software di IA (nel caso del test italiano sarà Gemini di Google) da foto, video e audio facilmente reperibili, partendo da contenuti reali, studenti adusi a fronteggiare come pochi altri le nuove tecnologie riusciranno a modificare o ricreare, in modo estremamente realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo, a imitare fedelmente una determinata voce e a cambiare il senso di ciò che viene detto o insegnato.
Pochi dubbi che tutto ciò sarà evitato grazie al rigore degli insegnanti. Ma in Italia avviene che la moneta cattiva scacci la moneta buona. Se l’assistenza digitale affiancherà il professore, vorrà anche dire che muterà radicalmente e pericolosamente l’approccio alla didattica, che i libri diventeranno presto reperti archeologici, alla faccia di Gutemberg e delle tante fatiche che ciascuno di noi ha dovuto sobbarcarsi.
Il dubbio è che, una volta abbandonato lo studio attivo sui libri e la dialettica con i compagni e con i docenti, potremmo avere in futuro generazioni di diplomati e laureati che non sapranno spiccicare un concetto originale e profondo? Non è preoccupante pensare che dietro tale tecnologia si possano nascondere cervelli di prim’ordine ma ossequiosi verso interessi poco commendevoli in grado “di ammaestrare Gemini e le tante Gemini che verranno” come cani dell’istruzione, dell’apprendimento e della cultura della nuova modernità?
Il rischio è creare una nuova generazione di disadattati culturali o di “cittadini a comando”? L’inquietante dubbio deve sorgere in ognuno di noi e allarmarci. Soprattutto se ci convinciamo del fatto, stando almeno alle prime forzature, che l’Intelligenza Artificiale Generativa sia superficiale e irriflessiva. I nostri padri avrebbero aggiunto che “è anche parecchio stupida”.