Wired Italia denuncia una campagna razzista sui social per oscurare e boicottare il Referendum di cittadinanza. Un hashtag razzista – scrive – è stato usato da alcuni profili fake sull’ex Twitter (il proprietario è Elon Musk) per contrastare il successo della campagna per la raccolta delle firme, che nel frattempo ha raggiunto e superato i suoi obiettivi.
La vicenda dimostra l’esistenza di un gruppo che cercava (e cerca) di ribaltare la narrazione online sfruttando un trend topic. Segno di quanto basti poco per rovesciare la percezione di un fenomeno e di quanto i social possono manipolare il modo in cui guardiamo il mondo. Anche l’estensore dell’articolo, Luca Zorloni, è stato fatto oggetto di un attacco dopo che questi aveva reso noto il suo orientamento in favore della Referendum sulla Cittadinanza. Ecco l’articolo-denuncia su Wired che ha condotto un’accurata indagine con il ricorso a una società di consulenza che si occupa di strategie social.
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di Luca Zorloni *
— È il 23 settembre. La proposta di un referendum di cittadinanza per dimezzare i tempi della naturalizzazione delle persone straniere che risiedono in Italia sta raccogliendo molte adesioni. Sulla piattaforma del ministero della Giustizia dove si possono votare online le proposte di consultazioni popolari si arriva a circa 10mila accessi all’ora. Il sostegno di personalità del calibro del fumettista Zerocalcare, del cantante Ghali, del giornalista Roberto Saviano e dello storico Alessandro Barbero dà slancio al progetto presentato da Riccardo Magi, deputato di Più Europa, all’inizio del mese.
La proposta è di dimezzare da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per fare domanda di cittadinanza italiana da parte di cittadini stranieri che risiedono stabilmente in Italia, a patto di soddisfare anche altri criteri come la conoscenza della lingua, il possesso di adeguate risorse economiche, l’idoneità professionale, il pagamento delle tasse e l’assenza di precedenti penali. Anche i figli minori conviventi otterrebbero la cittadinanza. Secondo le stime, i potenziali beneficiari sarebbero tra i 2,3 e i 2,5 milioni di persone.
Di fronte all’urgenza di raggiungere le 500mila firme (la soglia minima legale per sottoporre la richiesta di un referendum popolare) entro il 30 settembre, la mobilitazione spinge in pochi giorni decine di migliaia di persone sulla piattaforma. Tanto da riuscire a tagliare l’agognato traguardo il 24 settembre, con quasi una settimana di anticipo, nonostante per alcuni ore i tanti accessi mandino in tilt il sistema.
Nel frattempo, su X, l’ex Twitter, scatta una campagna per ribaltare l’immagine di successo della campagna pro-referendum di cittadinanza. Un hashtag razzista, #bastaneg*i (di cui Wired non riporta la dicitura completa perché gravemente lesiva), guadagna il vertice dei trend topic della giornata, ossia i temi di tendenza che vengono mostrati agli utenti, a seconda delle loro preferenze. Chi ha seguito o interagito con quello del referendum, #referendumcittadinanza, si trova invece in cima alla classifica l’altro hashtag.
Un tentativo di aggredire il successo della campagna a sostegno delle firme per la consultazione con la creazione di una contro-narrazione che si opponeva al progetto. E che è stata architettata da pochi profili. Alcuni dei quali fake. A dirlo è un’analisi di DeRev, società di consulenza che fa strategie social, effettuata in esclusiva per Wired.
Riavvolgiamo il nastro. Per molti giorni il referendum di cittadinanza resta sotto traccia. Al punto che, intorno al 20 settembre, sulla piattaforma ha raccolto il 30% delle firme necessarie. Poi, in pochi giorni, il combinato disposto di molti articoli giornalistici e del sostegno di alcune personalità fanno accelerare le adesioni. E anche il riflesso social. Secondo DeRev, tra lunedì 23 e martedì 24 settembre i contenuti sull’argomento, filtrati attraverso l’hashtag #referendumcittadinanza, sono circa 18.900 contenuti e generano circa 57.500 interazioni. Di queste, il 40,3% sono a favore e il 12,5% hanno un orientamento negativo. La maggior parte dei post si concentra su X: solo il 24, fino alle 21, si contano 9.200 contenuti. Segue Instagram, con 1.894 post.
Scatta a quel punto l’attacco social. E il 24 settembre l’hashtag violento e offensivo raggiunge in poche ore i 3mila tweet e il primo posto nei trend topic. Secondo l’analisi di DeRev, i primi a fare uso dell’hashtag sono quattro utenti che commentano un post sul referendum dello storico e giornalista Gennaro Carotenuto. Due sembrano profili all’apparenza reali, mentre due sono falsi. Uno di questi nasconde un gioco di parole per fare apologia della figura di Adolf Hitler.
Stando a quanto hanno osservato gli analisti di DeRev, tutti gli altri post con l’hashtag incriminato partono da una decina di profili falsi, che hanno iniziato a usarlo a raffica da mezzogiorno del 24 settembre per farlo salire nei trend. Solo verso le 18, sei ore dopo, l’hashtag è stato adoperato da utenti reali per esprimere la loro contrarietà alla proposta referendaria, di fatto abboccando all’idea che ci fosse un movimento dietro, mentre la regia è tutta di un manipolo minuscolo di profili.
CHI SONO. DeRev ha identificato alcune caratteristiche che accomunano questi account: sono stati creati negli ultimi 12-24 mesi; hanno l’icona della bandiera italiana nel nickname; diffondono post a sostegno del presidente russo Vladimir Putin, del candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump, e hanno una marcata vena nazista e fascista, diffondendo parole e frasi di Adolf Hitler e Benito Mussolini. Inoltre, elogiano i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, condannati in primo grado per l’omicidio nel 2020 di Willy Monteiro, ucciso in un pestaggio a Colleferro, sentenza contro cui è stata fatta richiesta di appello per ottenere le attenuanti, rigettate tuttavia dalla Cassazione che ha accolto il ricorso della Procura. E alcuni profili addirittura diffondo una teoria del complotto sull’omicidio di Giulia Cecchettin, la studentessa ammazzata nel 2023 dall’ex fidanzato reo confesso, Filippo Turetta, ora a processo. Secondo la fake news diffusa da questi bot, Turetta non esisterebbe.
Anche chi scrive si è trovato al centro di un attacco social su X per aver espresso pubblico sostegno alla campagna per il referendum e aver dichiarato di aver sottoscritto la raccolta firme. Nonostante negli ultimi tempi X non premi i contenuti giornalistici, questo post è finito al centro di una ridda di insulti, minacce e offese, spesso da profili falsi con bandierine, croci e altri simboli che rimandano ad ambienti di destra. Come l’icona della rana, che richiama Pepe the frog, un meme nato da un personaggio dei fumetti che negli anni è stato inglobato nei simboli della comunicazione dei suprematisti bianchi, come dichiarato dalla Anti-defamation league, una organizzazione internazionale contro l’odio. Siccome sulle altre piattaforme non si è verificato nessun incidente simile, questi attacchi sono stati lo stimolo per chiedere a DeRev un’analisi di più largo spettro.
Gli analisi concludono due cose. Primo: “Il movimento di contrasto al referendum non esiste davvero o comunque ha percentuali irrisorie – dicono – Si tratta di ondate di fake con una regia unica”. Secondo: “Trovano terreno fertile principalmente su X (ex Twitter) dove la piattaforma non fa nulla per contrastare, non verifica o elimina i fake e non modera in alcun modo fake news, minacce, insulti e offese”.
Su Wired abbiamo dato conto di come sia stata smantellata la struttura di moderazione della piattaforma dopo l’arrivo del nuovo proprietario, Elon Musk, con numeri irrisori di moderatori. Per l’italiano ce ne sono solo due, tanto che la Commissione europea ha avviato una indagine a carico del social network nell’ambito del Digital services act, il regolamento sulle piattaforme online.
L’episodio è anche esemplare sotto un altro aspetto. Mentre il referendum taglia il traguardo delle 600mila firme, spinto da una maggioranza silenziosa ma attiva, che beneficia degli strumenti digitali per far sentire la propria voce attraverso le forme che la Costituzione riconosce (ora la proposta dovrà passare l’iter formale in Cassazione e Corte costituzionale per la validazione di firme e quesito, prima che si possa indire un referendum), un minuscolo gruppo cercava di ribaltare la narrazione online sfruttando un trend topic. Segno di quanto basti poco per rovesciare la percezione di un fenomeno. E di quanto i social possono manipolare il modo in cui guardiamo il mondo.