Un sedicenne ha aggredito un imprenditore con una mazza riducendolo in fin di vita. La vittima, 60 anni, è stata colpita alla testa con 19 colpi di mazza da baseball, fino a spezzarla. L’uomo è ricoverato in gravi condizioni. Il ragazzo è stato fermato dai carabinieri con l’accusa di tentativo di omicidio. Agli inquirenti la scioccante confessione: “Se ci fosse stato chiunque altro sarebbe stato lo stesso, non era lui il mio obiettivo. Non so perché lo ho fatto”.
Queste le parole pronunciate dal ragazzo che una settimana aveva aggredito un suo vicino di casa di 60 anni, a Cesano Maderno (Monza), colpendolo alla testa più volte con una mazza da baseball, fino a spezzarla. A chiamare i carabinieri sono poi stati i suoi stessi famigliari, dopo aver notato tracce di sangue sui suoi vestiti. Il ragazzo è in stato di fermo. Si trova ora al Beccaria di Milano
L’uomo aggredito, titolare di un’impresa del legno a Muggiò, ha gravi ferite alla testa ed è in prognosi riservata all’ospedale San Gerardo di Monza. L’aggressione risale alle 22 di martedì in via Friuli, una zona di palazzine eleganti proprio dietro la caserma dei carabinieri.
L’aggressore è stato particolarmente brutale: per 19 volte l’ha colpito alla testa con la mazza da baseball, fino a spezzarla. Il movente resta un mistero: il ragazzo ha scelto la sua vittima a caso. Martedì scorso, dopo cena, l’uomo ha deciso di scendere in garage ma si è trovato davanti un ragazzino che probabilmente conosceva di vista. Le indagini sono ancora in corso e il ragazzino verrà certamente risentito, così come i suoi famigliari e quelli del 60enne, che nel frattempo sta lottando contro la morte nel suo letto di ospedale.
Diventa un’emergenza, stando agli ultimi tragici episodi, la violenza di minorenni senza un apparente motivo, se non un gravissiimo disagio che sfugge spesso alla comprensione degli adulti e dei famigliari. I ragazzi che compiono stragi tra le mura di casa, o che accoltellano in strada la prima persona che incontrano, costituiscono, inutile negarla, la punta più visibile ed eclatante, di una nuova energenza. Dalle testimonianze che si leggono nei resoconti dei cruenti fatti di sangue, si ha a che fare con ragazzi tranquilli soltanto in apparenza. Sotto la cenere, invece, cova una furia esplosiva
Sempre di recente, un 17enne di Viadana ha ucciso una donna di 42 anni dopo averla attirata in casa grazie a internet. Il perché: la semplice curiosità di capire che cosa si prova a togliere la vita. La lunga serie di omicidi di “bravi ragazzi” impone una riflessione seria per comprendere appieno il disagio che arma mano e testa di ragazzi in apparenza sereni, ma che a ben guardare non sanno dirigire quel male silenzioso o ben mascherato in altra direzione che non sia quella della violenza.
Ci aiuta a capire la portata di questo disagio giovanile estremo lo psicologo Mauro Grimoldi, fondatore e presidente della Cooperativa Bosco Incantato e dell’Associazione Alice, che si propone obiettivi di prevenzione nel campo dei disturbi alimentari e del disagio adolescenziale e giovanile, consulente per il Tribunale penale dei minorenni di Brescia. Grimoldi ha pubblicato già nel 2007 per Feltrinelli “Adolescenze estreme – I perché dei ragazzi che uccidono”, uno sforzo nuovo, originale di dar voce e comprensibilità al fenomeno “adolescenza oggi”, suggerendo strade per capire e affrontare il disagio quando questo fa la sua comparsa in ogni famiglia. Grimoldi ci parla di omicidio, infanticidio, abusi sessuali, suicidi e anoressia e di come gli adolescenti possano fare male a sè e agli altri. In pratica dà una lettura dei vari fenomeni nella inconsueta prospettiva del colpevole, vittima a sua volta di sè stesso, per comprendere cosa si cela dietro la maschera del “mostro”.
Nella recensione del saggio che ne fa la rivista Psychomedia si mette in evidenza, tra l’altro, che “nell’immaginario collettivo, gli adolescenti che commettono un reato grave appartengono a un mondo a parte, fatto di volta in volta di follia, violenza ambientale e famigliare, disattenzione dei genitori. Gli episodi che riguardano il lato oscuro dei ragazzi ritornano periodicamente con clamore sui media, che offrono facili spiegazioni moralistiche o sociologiche che spesso non bastano a spiegare i veri perché di questi episodi”.
Questo studio è stato scritto da uno psicologo che da anni ha scelto di lavorare nei servizi che sono in “prima linea” nell’affrontare il grave disagio adolescenziale, si interroga e approfondisce i percorsi che hanno scandito le fasi che precedono e accompagnano il verificarsi di atti di violenza verso sè stessi o verso gli altri. Entra nell’intimo della bufera che, spesso sopita, senza segnali, si agitava sotto la superficie di vite uguali a quelle di tanti altri ragazzi. E’ una raccolta, forse unica nel suo genere, di casi di adolescenti che uccidono, raccontati e interpretati nella loro dinamica interna spesso con l’aiuto di testimonianze dirette. I ragazzi che uccidono cessano di essere mostri inconoscibili, materializzazioni del male, così che il difficile travaglio per trasformarli in adulti responsabili delle proprie azioni comincia a sembrare possibile e più vicino.