(PdA) –— Leggo “LA GENERAZIONE ANSIOSA” di Jonathan Haidt (Rizzoli editore), un testo impegnativo di 456 pagine di uno degli psicologi più autorevoli al mondo. Già numero 1 negli Stati Uniti, il saggio ci mette sull’avviso illustrandoci “come i social media hanno rovinato i nostri figli”.
E’ un’analisi profonda e attenta del mondo tecnologico che ci sta attorno e che, in molti casi, ci sta sovrastando e che sta cambiando la vita agli adolescenti con le nuove patologie che porta con sè. Almeno così sembra dopo averne letto le prime cento pagine. Un passaggio, ben rimarcato nella sinossi, ci parla della Generazione Z, quella dei nati dopo il 1995.
“E’ la prima ad aver attraversato la pubertà con in tasca un portale verso una realtà alternativa eccitante, ma pericolosa. È la prima ad aver sperimentato la transizione da un’infanzia fondata sul gioco a un’infanzia fondata sul telefono: i teenager della Gen Z hanno trascorso ore e ore ogni giorno a «scrollare» post, a guardare video proposti da algoritmi programmati per trattenerli online il più a lungo possibile e hanno passato molto meno tempo a giocare, parlare, toccare, esperire il mondo reale. Sono stati privati – sostiene Haidt – di quell’apprendistato sociale insostituibile per lo sviluppo delle competenze necessarie alla vita adulta”.
Al progressivo spostamento dal mondo fisico a quello virtuale – dagli esiti catastrofici, soprattutto per le ragazze – è corrisposta anche la transizione da un’infanzia libera a una ipercontrollata: mentre gli adulti hanno infatti iniziato a proteggere eccessivamente i bambini nel mondo reale, li hanno lasciati privi di sorveglianza in quello online. In sostanza, l’uso degli smartphone e dei social network ha avuto e sta avendo un impatto preoccupante sulla salute mentale dei ragazzi.
Haidt mostra come queste due tendenze siano alla base di una «riconfigurazione» dell’infanzia che ha interferito con lo sviluppo sociale e neurologico di bambini e adolescenti, causando ansia, privazione del sonno, frammentazione dell’attenzione, dipendenza, solitudine, paura del confronto sociale.
E mentre ne espone le disastrose conseguenze, propone quattro regole per liberare la «generazione ansiosa» e chiama alle armi genitori, insegnanti, aziende tecnologiche e governi, affinché si impegnino per salvare la salute mentale dei più giovani. Le quattro regole sono preziose prescrizioni sull’uso degli strumenti elettronici che colpevolmente lasciamo in mano a ragazzi e ragazze.
Un aspetto sembra rilevante, e non a caso Haidt lo affronta nel dettaglio dedicandogli un capitolo. Ci indica, con dovizia di particolari e con una bibliografia che occupa decine di pagine, come si è arrivati a tutto ciò descrivendo l’antefatto di tutti i problemi anche neurologici che affligge un numero sempre crescente di adolescenti riassunti nel “declino dell’infanzia fondata sul gioco”.