Sull’aborto, la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Emilia, Elena Ugolini, si è detta a favore dell’accesso nei consultori degli esponenti Pro-Vita: “Le associazioni Pro-Vita se hanno titolo per entrare nei consultori potrebbero farlo”. Per poi aggiungere, sull’interruzione volontaria di gravidanza “che una soluzione potrebbe essere quella di riutilizzare un vecchio protocollo del Comune di Forlì”.
Elena Ugolini, legata a Comunione e Liberazione, è intervenuta a un incontro elettorale, e sul tema aveva aggiunto: “Non sono femminista, ma mi sento molto fiera di essere donna. Io credo che le persone che si rivolgono ai consultori per abortire possano essere aiutare a capire che c’è anche un’altra strada”.
Ma il suo avversario Michele de Pascale, sindaco di Ravenna e candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione, ha chiuso subito la porta. “I pro-life nei consultori? Non esiste”. Siamo la Regione che meglio garantisce il rispetto delle norme. E se in alcune parti d’Italia il diritto all’aborto non è garantito dall’obiezione di coscienza dei medici, vuol dire che c’è una falla enorme nel sistema”. Lo ha rimarcato lo stesso De Pascale in una conferenza stampa a Bologna insieme all’assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini, per concludere che “forse è necessario a livello nazionale riformare quella parte per rendere esigibile questo diritto. In Emilia-Romagna però è un tema che non si pone, perché qui non è mai accaduto che l’aborto fosse negato”.
Sui Pro-Vita nei consultori è intervenuta la giornalista Barbara Beghelli che sul sito CantiereBologna scrive: “Elena Ugolini e la sua frase sulla 194 fanno (ancora) discutere. Lei, sostenuta da una buona parte di Cielle, candidata civica per il centrodestra a presidente della Regione Emilia-Romagna, non più tardi dell’altro ieri apre alla proposta di far entrare le associazioni pro-vita nei consultori, cavalcando una vecchia proposta della Lega in Regione.
In queste strutture pubbliche sociosanitarie, come tutti sanno, si recano le giovani e non più giovani per avere consulti e servizi relativi a maternità, gravidanza, contraccezione e molto altro, appunto, a seconda delle proprie esigenze personali.
Ugolini, in proposito, ha così chiosato: «Se questi movimenti (i pro-vita) hanno titolo per entrare nei consultori possono farlo; in più io credo che le persone (ha detto persone, non donne) che si rivolgono a queste strutture possano essere aiutate a capire che c’é anche un’altra strada», riferendosi ovviamente alla scelta specifica di abbandonare l’idea di interrompere la gravidanza.
Ma come la storia insegna, le posizioni antiabortiste di una grandissima fetta della destra, universo reale di cui Ugolini fa parte e che rappresenta, unite alla richiesta dei movimenti pro-vita nei consultori, non si incontrano con le politiche del centrosinistra. Proprio mai.
L’ultima prova, o reazione all’incauta frase, casomai ce ne fosse stato bisogno, è giunta dalla levata di scudi della segretaria del Pd bolognese Federica Mazzoni: «Non basta essere una donna per essere femminista: la destra lo dimostra ogni giorno di più attaccando il Servizio sanitario pubblico e volendo smantellare i diritti conquistati con anni di lotte dalle donne; ognuna deve poter esercitare i propri diritti senza essere costretta a subire il CONTROLLO sul proprio corpo e le proprie scelte».
Altra stoccata è arrivata in tempo reale da Simona Lembi, candidata per il Pd alle Regionali di novembre. Che proprio non ci sta, a questo passo indietro nella storia dei diritti delle donne sponsorizzato dalla Ugolini, e subito fa un post molto critico, con tanto di video in cui si nota chiaramente la sua espressione contrariata mentre ragiona del tema coi suoi followers, sullo sfondo di un bel parco.
Attacca cosi, Lembi: «La candidata della destra a presidente della Regione dice sì alle associazioni antiabortiste negli ambulatori perché così si possono aiutare le donne a scegliere, come si fa coi minori e coi bambini».
E qui l’espressione si fa più dura. «Proposta irricevibile», puntualizza Lembi. «Vogliono fare in Emilia-Romagna ciò che già fanno nelle Marche e in Piemonte, dove governano. Ma, qui, bisogna ricordare che le donne sono adulte, autonome e sanno scegliere anche quando le scelte sono dolorose». Ecco perché assolutamente «noi diciamo di no. E se si vuole aiutare qualcuno, si sostenga il sistema sociosanitario nell’applicazione della 194».
Ancora: «È proprio il sistema sociosanitario a dover essere aiutato per applicare meglio la Legge 194. Chiedete a qualsiasi operatore e vi risponderà che c’è bisogno di personale e anche meglio retribuito di com’è ora, di strumentazioni e nuovi macchinari, di ingenti finanziamenti pubblici. E credete, nessuno dirà mai che si necessita di associazioni antiabortiste negli ambulatori».
A questo punto, per dovere di cronaca, ricordiamo qui alcuni dati anche in relazione ai medici obiettori, che fanno parte di questo “girone” di informazioni relative all’argomento.
In Italia, secondo quanto previsto dalla Legge 194, si può richiedere nelle strutture sanitarie autorizzate l’intervento di interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Due anni fa sulla sua attuazione fu redatta una relazione dal Ministero della Salute: evidenziava gli alti numeri di obiettori di coscienza in Italia tra i ginecologi (67%), anestesisti (43,5%) e personale non medico (37,6%).
Cifre che, come rilevò la campagna #datibenecomune (2021), che raccoglie 262 organizzazioni della società civile italiana, sono espressi in valore aggregato assoluto e percentuale, non in formato aperto e disaggregato come invece la pubblica amministrazione dovrebbe garantire.
Situazione, peraltro, controversa e apertissima per via dell’elevato numero di obiettori anche nella nostra provincia/regione, che rischia di pregiudicare l’accesso a un’assistenza prevista per legge. Buona campagna elettorale a tutte/