venerdì 25 Ottobre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

LA STRATEGIA DELL’ASSASSINO / “Rapire Giulia, farle del male, ucciderla”

Per la prima volta la versione di Filippo Turetta in aula al processo per l’uccisione di Giulia Cecchettin apre alla premeditazione, programmata da più di venti giorni. “Quando ho scritto quella lista avevo ipotizzato il piano di rapirla, stare con lei qualche tempo e poi farle del male e toglierle la vita”. Il padre di Giulia: “Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita”

Turetta parla delle pianificazione dell’omicidio rispondendo alla domanda del pm Andrea Petroni sul perché avesse compilato un elenco di cose da comprare, tra i quali lo scotch e i coltelli, indice della premeditazione, per la Procura, dell’omicidio di Giulia Cecchettin. L’imputato parla a testa bassa, la sua narrazione è spesso interrotta da momenti di titubanza.

L’udienza nell’aula d’Assise di Venezia, la seconda del processo a Filippo Turetta, dedicata interamente all’interrogatorio dell’imputato reo confesso per la prima volta in aula, è durata 6 ore e mezzo, con mezz’ora di interruzione. Il presidente Stefano Manduzio ha annullato l’udienza del 28 ottobre, essendo stato esaurito l’interrogatorio di Turetta da parte del pm, delle parti civili e della difesa. Come da calendario, invece, il 25 e 26 novembre ci sarà il dibattito per andare, dopo eventuali repliche, al 3 dicembre per la sentenza.

Nel primo interrogatorio davanti agli inquirenti, Turetta aveva affermato che lo scotch era stato acquistato per “appendere manifesti”, i coltelli perché “pensava di suicidarsi”. Dalle ammissioni di Turetta emerge la conferma delle tesi di accusa secondo cui lo scotch serviva per legare Giulia e che i coltelli erano stati messi in auto ben prima dell’11 novembre 2023, giorno del delitto. Di fatto, è emerso che tutta la vicenda è supportata – come da indagine – da una serie di atti preparatori, alcuni dei quali non messi in atto all’ultimo momento, ad esempio l’acquisto di altro materiale.

Turetta ha ammesso in aula di aver detto “una serie di bugie” nel primo interrogatorio. Oggi, anche alla luce dei memoriali fatti avere alle parti, ha dunque ammesso di aver premeditato l’omicidio di Giulia così come gli viene contestato dalla procura. Turetta ha ammesso che da alcuni giorni precedenti il delitto aveva stilato la famosa “lista delle cose da fare”, compreso prelevare contante con il bancomat, da gettare per far perdere le proprie tracce, così come aveva studiato in internet come evitare che la propria auto fosse individuata durante la fuga.

Il 7 novembre: “Quella sera scrivendo quella lista ho ipotizzato questo piano, questa cosa, di stare un po’ insieme e di farle del male” dice dal banco degli imputati. “Ero arrabbiato, avevo tanti pensieri, provavo un risentimento che avessimo ancora litigato, che fosse un bruttissimo periodo, che io volessi tornare insieme”.

“C’erano delle cose che mi portavano ad avere speranze di tornare insieme”. Turetta spiega al pm che, nonostante i messaggi che si scambiava con Giulia delineassero un rapporto ormai incrinato, nutriva ancora la suggestione di ricucire il rapporto. “Ma a quali elementi era agganciata questa speranza? Io non ne vedo”, chiede il magistrato. “Comunque ci vedevamo e ci scrivevamo A mia percezione, quando eravamo in presenza fisicamente a volte percepivo certe cose, altre meno”, è la risposta dell’imputato.

“Nell’abbandonare il corpo l’ho coperto perché non volevo venisse trovato, era in condizioni tali che volevo evitare che venisse visto com’era ridotto”, ha continuato Turetta che ha sempre sostenuto di volersi suicidare, non ha saputo rispondere al perché avesse cercato in internet luoghi appartati, come quello di Barcis (Pordenone) dove è stato trovato il corpo e dove avrebbe dovuto suicidarsi.

“Ho provato a uccidermi con un sacchetto di plastica in testa ma non ci sono riuscito”, ha detto. Ma il Pm gli ha chiesto come fosse possibile che invece di togliersi la vita in un luogo appartato avesse guidato per la Val Cellina, attraverso Longarone, Cortina e fino a Berlino, andando in luoghi abitati contrariamente alle intenzioni dichiarate.

“Perché non usare – ha detto Petroni – le forbici che aveva in auto a portata di mano, o i due coltelli da cucina che aveva con sé?”. Quesiti a cui Turetta non ha saputo rispondere. “Potrei chiedere scusa, ma sarebbe ridicolo data la gravità di quello che ho fatto” “Dal punto di vista emotivo, in certi momenti, penso che potrei chiedere scusa, ma credo che sia ridicolo vista la grave ingiustizia che ho commesso, sarebbero ridicole”.

“Forse l’ho colpita” con il coltello, “non ricordo, non lo so. Per farla stare ferma l’ho colpita, ricordo come un flashback un colpo sulla coscia”. Il pm Stefano Petroni legge in aula un passaggio del memoriale depositato da Turetta, “a pagina 8 della sua prima memoria”. “Quando è uscita dalla macchina io ero arrabbiatissimo, non volevo che finisse cosi, ho preso uno dei coltelli e sono uscito fuori di corsa per fermarla scrive il 23enne – Non ricordo esattamente. Poi l’ho presa per il braccio e lei è caduta, penso che abbia sbattuto la testa contro il pavimento”. “Mai calci e pugni, non so se l’ho colpita con il coltello, ma suppongo di sì, ma qualche istante dopo solo il manico in mano e quindi per essersi rotto così suppongo di sì”, scrive Turetta nel passaggio della memoria difensiva letta in aula, e relativa all’aggressione a Vigonovo. In aula sono state proiettate le immagini del sopralluogo dei carabinieri nel parcheggio in cui sono repertate le immagini di sangue.

“Ho iniziato a colpire con il coltello, avrei voluto dare un colpo al collo, forse meno doloroso, ma lei si difendeva con entrambe le braccia e così ho iniziato a colpire più velocemente possibile senza neanche guardare”. È un passaggio della memoria letta in aula dall’avvocato Nicodemo Gentile che rappresenta Elena Cecchettin, parte civile nel processo per la morte della 22enne di Vigonovo.

“In macchina avevo preso il cellulare di Giulia per allontanarlo da lei, per spegnerlo insomma. Poi, dopo Fossò, l’ho buttato dal finestrino, assieme al coltello, mi pare in un fossato, un piccolo canale che circonda un terreno, ma non ricordo con precisione dove”. Ha detto confermando quanto aveva già detto in fase di indagini preliminari sul particolare del telefonino di Giulia, finora mai ritrovato. “Stavo guidando – ha aggiunto – e non ricordo bene, ho gettato questi due oggetti, in un fossato, mentre ero su una strada secondaria”.

Turetta spiava la vittima con un’applicazione sul cellulare, avrebbe comprato in precedenza il nastro adesivo per impedirle di urlare, preparato vestiti, soldi e provviste per scappare, studiato mappe per nascondere il corpo e agevolare la fuga. Tutti elementi che insieme a una confessione piena possono costargli l’ergastolo.

Sul coltello spezzato a Vigonovo (Venezia), usato nella prima fase dell’aggressione, poi conclusa mortalmente nella vicina Fossò, non ci sono tracce ematiche, e la lama non corrisponde ad alcune ferita sul corpo. Il particolare è stato citato dall’avvocato di Turetta, Giovanni Caruso, che la chiesto al suo assistito se si ricordasse di averla ferita in quei primi istanti. Turetta da parte sua ha detto di essere convinto di averle fatto del male, ma di non ricordare la dinamica dei fatti.

Il padre di Giulia Cecchettin, Gino, ha seguito la deposizione tenendo lo sguardo fisso sull’assassino reo confesso di sua figlia, che ha rivisto oggi per la prima volta da quando Giulia è stata uccisa. Turetta, a pochi metri da lui sul banco degli imputati, non lo ha mai incrociato con gli occhi, o così almeno è parso in queste prime battute della seconda udienza del processo, a Venezia. Turetta è rimasto quasi sempre con gli occhi bassi.

Cecchettin uscendo dall’aula: “Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita. Ma non è questo il punto del processo, il punto è che abbiamo capito chi è Filippo Turetta”. Lo ha detto in un momento di pausa del processo. Infatti – ha proseguito Cecchettin – adesso il suo avvocato vuole capirne di più, ma per me è chiarissimo. Quello che emerge oggi è che la vita del prossimo è una cosa sacra, e non bisogna entrare nel merito della vita degli altri”.

Elena Cecchettin non è in aula ad ascoltare Turetta. “Oggi e lunedì 28 ottobre non sarò presente in aula – scrive sui social-.  Non per disinteresse, ma per prendermi cura di me stessa. Sono più di 11 mesi che continuo ad avere incubi, 11 mesi che il mio sonno è inesistente o irrequieto. La mia salute mentale e soprattutto quella fisica ne hanno risentito. Ho perso il conto delle visite mediche che ho dovuto fare nell’ultimo anno. Seguirò a distanza anche tramite i miei legali, tuttavia non parteciperò. Sarebbe per me una fonte di stress enorme e dovrei rivivere nuovamente tutto quello che ho provato a novembre dell’anno scorso. Semplicemente non ne sono in grado”.

In collaborazione con RaiNews

 

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