di Piero Di Antonio
— Tra poche ore arriverà dagli Stati Uniti – nazione complessa, mal raccontata a noi indigeni del Vecchio Continente – una risposta su cosa ci aspetta, come europei, come italiani, come cittadini di questo mondo che qualcuno vuole aperto e libero, sorridente e fiducioso, mentre altri, con ghigni a tratti feroci, lo vogliono spezzettare in tanti minuscoli mondi, in parrocchiette, in quartieri blindati contro l’invasore brutto, sporco e cattivo. E’ la moderna illusione di stare al riparo da qualsiasi vento di novità della globalizzazione.
Eppure, sulle ali del vento vola la libertà. Una grande conquista la nostra democrazia – arricchita dalla cultura, dal ben-vivere, dal gusto e dalla tolleranza – purtroppo ancora incompiuta, che dice a tutti noi che la strada scelta è quella giusta. La libertà cammina con ai lati, sempre sul chi va là, la paura, la minaccia dei diversi e degli uomini nuovi sui barconi. O le masse che assediano a piedi la frontiera che va dal Pacifico al Texas. Ai loro antenati, nei nostri passati coloniali, abbiamo amputato braccia e gambe affinché non potessero disturbarci mentre rubavamo ricchezze e libertà, lasciando loro povertà, fame e acqua sporca, o tuttalpiù il sogno di un mondo migliore.
Stanotte prenderemo coscienza su ciò che ci aspetta, sapremo di che morte potrebbe morire la nostra cara Europa, la bella e sfortunata costruzione politica e sociale picconata ogni giorno da coloro che al massimo sanno solo affacciarsi sul cortile di casa e sproloquiare sulle orde di violenti in fila per entrare nelle case e toglierci tutto. Quel muro costruito tra Stati Uniti e Messico è la nuova frontiera del terzo mIllennio. Alla fine del Novecento è caduto quello di Berlino. 35 anni fa, di questi tempi, abbiamo respirato la freschezza della libertà e del muoversi liberi. Ma quell’illusione ci ha riservato la delusione di aver irrobustito un esercito di sovranisti, decisi a imporre la loro visione del tinello di casa. E’ la Nuova Destra, arrogante e menzognera, che ama negazionisti, filonazisti, razzisti e violenti di ogni risma. La soluzione, paventa il Trump ossessionato dai messicani, è la deportazione, mentre la sicurezza viene mascherata dagli inefficaci decreti dei governi. L’uovo di Colombo, invece, potrebbe essere la libertà.
Il voto per la Casa Bianca, contrariamente al pensiero dei tanti estimatori di Trump, potrebbe farci prendere coscienza del fatto che la campana della nuova Destra potrebbe suonare anche per noi abitanti di un’Europa mai così derisa da estremisti che espongono i muitra e da coloro che alimentano il nazionalismo dei farabutti.
Seguire da mesi la campagna elettorale per le presidenziali è stato un esercizio faticoso e deprimente, ma ha svelato l’approdo di un popolo disorientato, periferico, incattivito e alle prese con una miriade i problemi gettati addosso a chi vive al di qua dell’Atlantico. “Sono loro – riecheggiano ovunque le parole dei trumpiani duri e puri – la causa dell’America divisa e non più faro dell’Occidente”.
Il vero guaio è che lo scintillio quasi hollivudiano delle luci si è affievolito, che nobili tradizioni democratiche sono state messe sotto i piedi. La way of life ha perso la bussola a vantaggio degli avventurieri che per anni hanno operato sottotraccia. Mai come in questi mesi abbiamo assistito a una sequela ininterrotta di falsità, di cattiverie senza fondamento. Mai come ora stiamo cominciando ad avvertire il pericolo di una nuova realtà artificiale che ci strapperà le ali, che rimpicciolerà il nostro pensiero, che ci convincerà che il loro è il migliore e più giusto dei mondi possibili.
Dopo l’Inghilterra della Brexit, si sta avvicinando al potere massimo l’America che vuole starsene da sola, che pensa sia sufficiente avere un arsenale spaventoso che chiamano fattore di deterrenza. Se oggi vince Trump, non avranno perso solo i democratici, ma l’Europa come l’abbiamo voluta costruire ma non difesa. Il perché di questo scenario sta in gran parte nella nostra distrazione, nel non afferrare il fatto che alzare le sbarre ai confini sarebbe stato il primo atto che ci avrebbe aperto la nuova frontiera della libertà, del benessere, della conoscenza, del vivere in pace.
Non ci siamo accorti dei predoni dell’Europa, dei Putin, dei filoputin, degli Orban, e adesso dei corsari trumpiani e di quei maramaldi che fanno proseliti anche in Italia. Riappropriamoci della nostra grandezza, ripetono a ogni comizio i candidati e i lobbisti della Nuova Destra. Slogan perfetti per le folle di gonzi adoranti e frustrati. La cultura anglosassone vorrebbe un ritorno all’era coloniale e imperiale. Le brutte periferie inglesi esultano alla riconquista di una grandezza che non sarà più la loro. La grande finanza che sostiene il capitalismo non ha bisogno di sogni e di democrazia, e quindi non perde tempo a porsi, tra le tante, quelle domande che stanotte diventeranno impellenti. Sono due: quale sarà il destino dell’Europa? e che cosa scalfirà la sua grandezza?
Anche Trump, però, avrà le sue gatte da pelare poiché sottovaluta, stando alla modestissima portata dei suoi discorsi, un pericolo che avanza nella società americana e che potrà nuocergli non poco: l’universo dei giovani e delle donne.
Sentire i commenti sulla situazione politica e la denuncia dello strapotere delle famiglie miliardarie induce a sperare in un mondo migliore. Non vogliono essere imprigionati tra le sbarre abbassate dalla grande informazione, purtroppo, al servizio delle lobby e di chi tra non molto controllerà le loro vite attraverso rappresentazioni manipolate, come ci ha insegnato l’amico della nostra premier tutta sorrisi, un certo Elon Musk. Sarà pure un miliardario visionario, ma in quanto a struttura morale può ben definirsi un ciarlatano e disinformatore.
A coloro che leggeranno della malaugurata vittoria di Trump o della sua rabbia da sconfitto, bisogna consigliare la lettura di un articolo di Ian McEwan: “Io che volevo restare in Europa”, pubblicato sul Guardian quattro anni fa. Parole chiare, fanno capire la grande ipocrisia della Destra isolazionista, dei dazi e della grande finanza nel raggirare la pubblica opinione. C’è un passaggio però che dovrebbe inorgoglirci.
“Provate – scrive il grande scrittore inglese – a farvi un viaggio in macchina dalla Grecia alla Svezia, dal Portogallo all’Ungheria. Dimenticatevi del passaporto. Troverete un ricco e pullulante ammasso di civiltà, nel cibo, nei modi, nell’architettura, nella lingua, e ogni Stato-nazione profondamente e fieramente diverso dai suoi vicini. Il tallone di Bruxelles che schiaccia le nazioni non si vede da nessuna parte. Niente a che vedere con la tediosa monotonia commerciale dell’interno degli Stati Uniti. Rievocate tutto quello che avete letto sulle rovine e la disperazione dell’Europa nel 1945 e poi contemplate questo sbalorditivo successo economico, politico e culturale: pace, confini aperti, relativa prosperità e incoraggiamento dei diritti individuali, della tolleranza e della libertà d’espressione. Fino a ieri era il posto dove i nostri figli potevano andare a vivere e lavorare a loro piacimento. Ora non più, e per il momento la Forza è con il nazionalismo“.
Il viaggio di McEwan inorgoglisce, ma lo fanno anche le nuove sensibilità dei nostri giovani che ci danno una speranza che nessun dazio, soprattutto quello che la Destra vorrebbe imporre all’intelligenza, potrà disarmarli. Hanno visto, i nostri figli, la facilità con la quale è possibile oggi viaggiare, frequentare un corso universitario, intessere relazioni con coetanei di altri Paesi, assistere a un concerto o una partita della Champions. Attraversare Milano o Roma da Ovest a Est richiede lo stesso tempo per arrivare con un volo low cost a Parigi, Berlino o perfino la Londra della Brexit. Non sono più capitali difficili da raggiungere, sono le nuove e affascinanti mete di un grande Paese ancora incompiuto: l’Europa.
Per chi suonerà allora questa notte la campana? Per Trump, Harris o per noi?