(Piero Di Antonio) — Perché ci si allontana dalla lettura e dall’acquisto dei giornali? A causa dei social, si dice in modo troppo sbrigativo. Invece, c’è un’altra spiegazione, più aderente ai fenomeni cui assistiamo ogni giorno: i media hanno messo da parte la ragione sociale per la quale sono nati e che hanno accompagnato nei decenni il nostro percorso verso la civiltà e la libertà. In pratica è venuto meno o si è affievolito il dare le notizie, lo scavare in profondità, l’analisi e la comprensione senza pregiudizi dei fatti, il farli comprendere ai tanti, non ai pochi. E quei pochi che manifestano ancora il coraggio di farlo sono finiti nel mirino della peggiore politica del momento. Meglio, del potere. Le lobby – a braccetto con la rappresentanza della classe dirigente, asettica, spesso feroce, superficiale e non di rado omissiva – hanno sferrato un attacco di tale disarmante potenza da far allontanare milioni di cittadini dall’informazione.
L’accerchiamento di chi si avventura in questa professione ha influito perciò sulla qualità della politica e della classe dirigente, sul sistema dei controlli di legalità. E così la stampa nel suo complesso è passata da cane da guardia del potere a cagnolino di compagnia. Le edicole sono diventate cimiteri di carta. In tre aggettivi si può descrivere il giornalismo del nostro Paese: marpione, innocuo, galleggiante. A questo punto occorre chiedersi: bisogna rassegnarsi? Mai.
Non è possibile darla vinta ai fiancheggiatori (troppi) dei nuovi padroni. Da dove vengono? perché affollano i consigli d’amministrazione dei quotidiani e delle tv? Per quale motivo dovremmo dar loro la soddisfazione di vederci precipitare all’inferno? I miei 135 articoli sul giornalismo contenuti nel libro – e rispondo così a coloro che mi hanno onorato di un loro parere o di apprezzamenti – ambiscono a segnalare ai più distratti, senza la spocchia di voler insegnare, i tempi sbagliati in cui siamo finiti. Le mie considerazioni invitano a non rassegnarsi, ammettendo che molto, non tutto, di questa profonda crisi è dovuto a nostre precise e colpevoli responsabilità di giornalisti. Per molto tempo, infatti, non abbiamo dato importanza al peggio che stava entrando in redazione. Verranno tempi migliori, ci dicevamo. Invece…