di Sara Di Antonio
Oggi sul lettino piangevo, e quando la Sfinge se ne è accorta – tu eri impegnata a rispondere ai messaggi d’auguri per i tuoi diciott’anni- ho dato la colpa a un articolo bellissimo su Cecilia Sala, in cui si raccontava della sua prigionia e di sua madre: pertanto ho parlato tra le lacrime della mamma di Cecilia Sala, e ho spiegato del carcere di Evin e dell’isolamento, ma non era per quello.
Ho pensato a questi ventuno giorni in cui questa donna pensava di essere morta, e poi la Sfinge, che da oggi è l’unica minorenne della famiglia, ha capito perfettamente che non era quello, anche se ora sa dov’è l’Iran. È che tu, in mezzo a una spiaggia infinita, hai deciso di compiere diciott’anni.
Il che significa andarsene da me, dalle mie distrazioni, dalle risposte troncate a metà, dalla confusione e dai discorsi vuoti di politica. Hai deciso di allontanarti in silenzio, prima smettendo di chiedere continuamente perché, poi cercando delle risposte altrove.
Io alterno dolcezza a indifferenza, sorrisi e fastidio, complimenti affettati e nuovi: come ci si pone di fronte a un figlio che più non ci appartiene? Guardo la tua pelle, che riconosco poiché, per diciotto anni, l’ho asciugata, medicata e ispezionata prima che arrivasse la routine coreana e la skin care: e mi ricorda quel giorno freddo di febbraio in cui finalmente la mia vita ha iniziato ad avere un senso.
Allora avevi molto bisogno di me, un po’ come questi quattrenni francesi accanto a me che pigolano “maman” ogni secondo, e vengono ammaniti e guidati da una voce sicura e fiera, che dispensa favole, bugie e vasetti di yogurt.
La vita è molto più difficile di così, tu lo hai capito, tanto è vero che non basta una partita di pallone in spiaggia a renderci felici.
Eppure mi ringrazi, un po’ come io ringrazio te, di questi anni imperfetti e ammansiti solo dalla consapevolezza di avercela fatta, anno dopo anno, fatica dopo fatica, solo con l’aiuto di una testarda e tenace intelligenza. Nulla più, non è servito nient’altro per vederti crescere, ostinata e contraria, tu che sbuffavi a ogni imposizione.
Il no è la parola che hai usato di più: forse ti servirà, in questa giostra beffarda che è la vita, che apparecchia e sparecchia dolori e gioie, sorprese e immobilismi.
Oggi è la tua festa, domani voleremo via da questo posto colorato e lontano: e nel viaggio dei diciotto c’è il soffio, eterno, dell’amore scambiato in questi anni.