Francesco Cancellato, direttore di fanpage.
“Segreto di stato”. Così il governo Meloni ha messo una pietra tombale sulle nostre legittime domande relative al caso Paragon, l’azienda che produce lo spyware Graphite con cui sono stati infettati il telefono di chi scrive e di altri sei cittadini italiani. L’ha fatto per non rispondere a due interrogazioni parlamentari dell’opposizione che ponevano la stessa domanda: è vero che la polizia penitenziaria ha in dote questo strumento per le sue attività di polizia giudiziaria?
Non ci è chiaro, e probabilmente non ci sarà mai chiaro, perché il governo abbia tante remore a rispondere a questa domanda, laddove invece ha tranquillamente ammesso che i nostri servizi segreti – l’Aise, in particolare – hanno in dotazione questo strumento. Così come allo stesso modo polizia, carabinieri e guardia di finanza, tramite il loro ministero di riferimento, hanno già candidamente ammesso, al pari, di non averlo a disposizione.
Non fosse inquietante, insomma, farebbe sorridere che le comunicazioni del governo si interrompano proprio in relazione al potenziale utilizzatore di Paragon più improbabile di tuti. Anche perché, a questo punto il giallo si infittisce.
Primo: qual è la forza di polizia che ha in dotazione il software spia di Paragon? Da Israele ci fanno sapere che un contratto c’è, e che è stato interrotto al deflagrare dello scandalo, per violazioni nell’uso dello strumento. Dalle principali procure d’Italia e da tutte le forze di polizia (meno una) ci dicono che no, quel software non è in uso. E quando si chiede conto dell’ultima di queste forze di polizia, mettono il segreto di Stato. Applausi e sipario.
Secondo: come mai c’è tutto questo alone di mistero sulla penitenziaria, la forza di polizia che risponde al sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro e che, tra le altre cose, ha l’incarico di presidiare il centro di detenzione dei migranti da rimpatriare in Albania? Se la polizia penitenziaria non usa lo spyware di Paragon, perché non dirlo, come l’hanno detto polizia, carabinieri e guardia di finanza?
Terzo: come mai il dibattito deve spostarsi dal Parlamento al Copasir, dove le sedute si svolgono a porte chiuse? Davvero lo spionaggio di un giornalista e qualche attivista che il governo Meloni considera ostili è una questione tale da non poter essere discussa in Parlamento? Cosa c’è in gioco di tanto segreto da impedire una discussione pubblica?