A cosa è dovuta l’indiscutibile flessione del mercato del lusso? Gli analisti attribuiscono le maggiori responsabilità a un generale rallentamento dei consumi, dettato dall’inflazione e da una scarsa fiducia da parte dei consumatori. Non è da sottovalutare, inoltre, il momento di crisi che sta attraversando la Cina. Se tra il 2019 e il 2021 il mercato del lusso cinese era raddoppiato, oggi è fermo.
Da un punto di vista estetico, inoltre, molte maison stanno scommettendo su un approccio più essenziale e minimalista, fortemente ispirato dall’archivio e dai prodotti più venduti nella storia del brand. Si tratta di un tentativo non troppo celato di creare prodotti che siano percepiti come senza tempo, slegati dalle tendenze passeggere, dunque investimenti sicuri per cui vale la pena spendere grosse somme di denaro.
La principale causa del rallentamento del mercato del lusso, in ogni caso, ha molto a che fare con il progressivo e inarrestabile aumento dei prezzi. Introdotti a partire dal 2019, questi rialzi si configuravano inizialmente come una risposta naturale al generale lievitamento dei costi, cresciuti ancor di più con la pandemia. Con il passare del tempo, però, gli aumenti sono diventati il mezzo più immediato per accrescere i profitti delle maison, che hanno spinto l’acceleratore sui rincari. Non è estranea alla flessione del lusso la palese avidità delle maison fashion.
Secondo le stime dell’istituto bancario e finanziario HSBC, oggi i prezzi del mercato del lusso sono in media più alti del 54% rispetto al periodo pre Covid. E qual è uno dei settori più colpiti? Quello delle borse.
Una delle It Bags più amate di Chanel, la 2.55, costa oggi il 91% in più rispetto al 2019. Una Speedy di Louis Vuitton arriva ad un aumento del 100%, sempre rispetto a cinque anni fa. Una borsa Lady Dior nella misura media oggi viene venduta ad un prezzo di 5.900 euro, il 76% in più in confronto al 2019.
«Aumentare così tanto i prezzi dei beni del lusso è stato un errore enorme» ha dichiarato qualche giorno fa Andrea Guerra, CEO del gruppo Prada. «Questo è stato il fallimento più grande, perché così facendo abbiamo tradito il consumatore, per il quale il valore percepito del prodotto non si riflette nel prezzo. Le difficoltà del mercato non si risolvono alzando o abbassando i prezzi, ma offrendo prodotti perfetti, raccontando una storia autentica ed essendo credibili» ha proseguito Guerra. (Nella foto, borsa firmata Gucci, una delle più vendute al mondo)
Come scrive la rivista The Business of Fashion (BoF) in una recente inchiesta “gli aumenti di prezzo del lusso sono insostenibili, i marchi del lusso hanno bisogno di un’architettura dei prezzi più ampia che offra un valore significativo a tutti i clienti”.
Scrive Imran Amed sempre su BoF: Se si entra in un qualsiasi negozio di una grande marca di lusso al giorno d’oggi, ci si trova di fronte a prezzi da capogiro. Secondo la banca HSBC, il prezzo medio dei beni di lusso personali in Europa è aumentato di ben il 52% dal 2019 all’anno appena trascorso. Ciò si spiega in parte con le conseguenze della pandemia, che ha fatto impennare l’inflazione, facendo salire il costo delle materie prime e della manodopera. Ma gli aumenti dei prezzi sono stati utilizzati anche per aumentare i ricavi e i profitti. “I prezzi sono stati il principale motore della crescita delle vendite tra il 2021 e il 2023, ma pensiamo che saranno molto più contenuti negli anni a venire”, hanno scritto gli analisti di HSBC.
In effetti, i prezzi più alti andavano bene quando il mercato era disposto ad assorbirli. Negli anni successivi alla pandemia, la domanda repressa (e i risparmi dell’era Covid) hanno permesso ai marchi di continuare a spingere i prezzi verso l’alto. Ma quando il boom del lusso post-pandemia si riduce e i clienti aspirazionali, in particolare, si tirano indietro e scambiano la spesa per i prodotti di lusso con viaggi ed esperienze, anche i fan più accaniti del lusso ci pensano due volte prima di acquistare.
Per quanto riguarda i super ricchi, possono permettersi prezzi più alti, ma c’è un’intrinseca considerazione del rapporto qualità-prezzo che guida anche il loro processo decisionale, soprattutto quando percepiscono che la qualità di alcuni marchi è in declino. A nessuno piace essere preso per i fondelli. Sempre più spesso, questi clienti si chiedono: “È un buon rapporto qualità-prezzo?”.
E oggi, in un periodo di incertezza molto complesso da decifrare, viene da pensare che aumenti maggiori risulterebbero insostenibili anche per i più benestanti. La riprova di questa frenata della corsa ad acquistare oggetti delle grandi maison è nel proliferare dei settori del resell e del renting (rivendita e noleggio): le ricerche per le borse firmate a noleggio, per restare su creazioni molto amate dalla donne, sono in perenne impennata su Google.
E il cosiddetto mercato secondario del vintage, popolare in store e soprattutto sui siti di rivendita come TheRealReal e Vestiaire Collective, conferma che anche gli abbienti preferiscono spesso acquistare un prodotto di seconda mano in ottime condizioni, piuttosto che dilapidare il proprio stipendio per una borsa nuova, cara e spesso di qualità inferiore rispetto al passato – che in ogni caso perderà subito dopo l’acquisto gran parte del suo valore.
Che la moda italiana e in generale quella internazionale, a parte un ristretto numero di marchi collaudati, non se la passino bene è ormai opinione diffusa e aderente alla realtà. All’andamento negativo delle vendite e della perdita di appeal delle creazioni di moda non sarebbero però estranee le scoperte di laboratori per l’alta moda dove gli addetti lavorano in condizioni precarie, perfino di sfruttamento. Immagini che hanno colpito in negativo e parecchio l’opinione pubblica. Risultato: molti consumatori pur avendo ottime possibilità di acquistare oggetti, accessori e capi d’abbigliamento di culto, oggi preferiscono orientarsi verso prodotti meno legati a brand iper-pubblicizzati.