lunedì 10 Marzo 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

Persa la sfida a Trump? No, riscopriamo Pertini: “A brigante, brigante e mezzo”

Trump e il suo vice Vance umiliano Zelensky alla Casa Bianca, in quello che è sembrato più un agguato che un incontro tra due Paesi, quindi negoziale. Screzi in diretta mondiale tra il presidente americano e il presidente dell’Ucraina, che si è rifiutato di firmare l’accordo sulle Terre Rare, ovvero lo sfruttamento a vantaggio degli americani e dei russi delle enormi risorse minerarie necessarie per i congegni elettronici. Zelensky nello Studio ovale è stato accusato di “giocare d’azzardo con la Terza guerra mondiale”. Trump ha aggiunto, in riferimento al supporto americano a Kiev: “Sii riconoscente“. Cose mai viste prima.

Zelensky ha mancato di rispetto agli Stati Uniti d’America, potrà tornare quando sarà pronto per la pace“: così Trump in un post pubblicato sul social Truth mentre il capo di Stato ucraino è ancora nella Casa Bianca. “Il suo popolo sta morendo, i suoi soldati stanno morendo, sarà un’ottima cosa se ci ascolterà“ Nella stanza anche il vicepresidente James David Vance. “Lei dice voglio questo o quello – ha detto Trump – se avrà un cessate il fuoco, le dico che lei lo accetterà“. Poco prima Zelensky aveva detto di credere che Trump stava “dalla parte” “Abbiamo anche altri amici e sostenitori che ci hanno dato tanto” ha detto Zelensky, facendo riferimento ai Paesi europei. “Molto meno” lo ha interrotto Trump, sottolineando il ruolo preminente degli Stati Uniti. A questo punto, Zelensky lo ha contraddetto: “No, no, no”.

Questa è ottima televisione“ ha commentato Trump dopo lo scontro tra Volodymyr Zelensky e Vance di fronte ai giornalisti. Il presidente americano ha chiesto dunque di continuare, muovendo nuove accuse all’ospite ucraino. Vance aveva appena definito “irrispettoso” Zelensky, colpevole di “essere venuto nello Studio ovale e aver cercato di discutere di fronte ai media delle responsabilità del conflitto con la Russia. “Non è pronto: Trump rimprovera Zelensky e lo caccia dalla Casa Bianca”. Questo il titolo scelto dall’agenzia russa Novosti per il video che mostra il diverbio tra i due presidenti.

“La vostra dignità onora il coraggio del popolo ucraino. Siate forti, siate coraggiosi, siate impavidi. Non sei mai solo, caro Presidente Zelensky. Continueremo a lavorare con voi per una pace giusta e duratura”. Lo scrive su X la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen. Si aggiunge anche il Presidente francese Macron che scrive: “C’è un aggressore: la Russia. C’è un popolo sotto attacco: l’Ucraina. Abbiamo fatto bene ad aiutare l’Ucraina e a sanzionare la Russia tre anni fa e a continuare a farlo. Siamo americani, europei, canadesi, giapponesi e molti altri. Grazie a tutti coloro che hanno aiutato e continuano a farlo. E rispetto per coloro che hanno combattuto fin dall’inizio. Perché lottano per la loro dignità, la loro indipendenza, per i loro figli e per la sicurezza dell’Europa”.

UN EDITORIALE SU TRUMP E LA SFIDA ALL’EUROPA

di Nicola Perrone *

Prima Trump aveva lanciato l’idea, solo l’idea, di trasformare la striscia di Gaza, oggi ridotta a un cumulo di macerie e dove l’esercito israeliano in questi mesi ha massacrato decine di migliaia di palestinesi, in una sorta di Riviera del lusso, una Las Vegas del divertimento. In queste ore quell’idea si è trasformata in un video veicolato in tutto il mondo, subito sottoscritto dallo stesso Trump, dove si vede una Gaza trasformata con grattacieli, macchine di lusso, danzatrici del ventre, dollari che piovono dal cielo per tutti, bambini con palloncini a forma di Trump e pure una mega statua d’oro dello stesso presidente americano.

Nelle immagini che scorrono accompagnate da una bella canzone, c’è pure il presidente degli Stati Uniti che rimorchia la bella di turno, il premier israeliano Netanyahu che con lui sorseggia una bevanda e spunta più volte anche Elon Musk mentre addenta cibo gocciolante. L’idea originale di Trump, riassunta, è quella di spostare da Gaza in Egitto e Giordania, in cambio di bei dollaroni, due milioni di palestinesi e poi chiamare i suoi amici palazzinari a ricostruire la nuova Las Vegas del Medio Oriente.

Ho chiesto a esperti di comunicazione, professori e docenti che cosa pensano di quanto sta accadendo, di come i cittadini possono difendersi e rimanere ancorati al reale, non essere portati a credere a questa iper-realtà. Sconsolati, mi hanno risposto: la sfida è persa. Sono rimasto di sasso, non è possibile, ci deve pur essere una soluzione. Mi hanno risposto, in sintesi, che dovremmo avere di fronte un sistema scolastico funzionante, che insegna, educa al pensiero critico; un sistema di welfare che aiuta e mette insieme le persone, costruisce comunità fondate sulla speranza di cambiare lo stato di cose e non sulla solitudine e la disperazione; forze politiche e classi dirigenti all’altezza delle sfide, capaci di resistere a queste forze oscure che dominano, grazie ai valori fondanti la Democrazia, il diritto alla verità, il rispetto dell’altro, la libertà di pensiero e di parola.

Invece abbiamo una società disgregata, masse che rincorrono la cavolata del momento arrivata sul cellulare pronte a credere che plurimiliardari che hanno pensato solo a se stessi adesso sono pronti a trasformare anche loro in miliardari. L’iper-realtà è già presente nelle nostre giornate, invase da una narrazione inarrestabile sull’ultima notizia, che notizia non è ma solo flusso che punta a intrattenere e basta, a farci passare il tempo senza star lì a pensare se quello che si vede e sente è vero oppure no.

Simulazione e realtà si rincorrono e sovrappongono e alla fine è tutto verosimile e accettato. Questi nuovi lor signori, così diversi dai padroni di un tempo che almeno qualcosa di concreto producevano, non fanno nulla, inondano soltanto la nostra immaginazione di promesse, modulano i nostri desideri, ci dicono che cosa è meglio per noi (alla fine per loro).

In sostanza, questi nuovi padroni dell’inconscio stanno perfezionando la loro arte e alla fine sarà naturale, scontato, pensare che per risolvere la crisi (creata da loro) non c’è altra soluzione che affidarsi proprio a loro, loro come soluzione. Io non voglio pensare che non abbiamo scampo, che non ci resta che arrenderci e vivere nell’illusione diventata così reale che pure la realtà sembrerà illusoria.E’ una grande sfida e chi cerca di opporsi ha di fronte una potenza incredibile.

Ho provato a chiedere all’Intelligenza artificiale che cosa si può fare per contrastare questo disegno criminale. A leggere le risposte mi vien da ridere, perché si torna nel vicolo cieco: 1) Difendere il giornalismo d’inchiesta, la prima linea di difesa è un giornalismo che smascheri le narrazioni costruite a tavolino; 2) Educare alla lettura critica dei media, le persone devono imparare a riconoscere le narrazioni costruite e interrogarsi su chi ha interesse a diffondere certe idee; 3) Smontare la propaganda, chi crea l’iperrealtà gioca con simboli, emozioni… bisogna decostruire questi meccanismi; 4) Usare la tecnologia per difendere la realtà, mantenere uno spazio per la realtà non mediata: il contatto diretto con il mondo, le esperienze non filtrata dallo schermo e  l’interazione umana reale sono fondamentali per non restare intrappolati nella simulazione.

C’è qualcuno in mezzo ai tanti che dicono di impegnarsi per un mondo migliore per tutti, e non per qualcuno, che ha capito cosa sta accadendo? Che vuol fare qualcosa? Parliamone, se volete, scrivete.

  • direttore Agenzia Dire – www.dire.it

NOTA di PdA — Gli intellettuali e gli studiosi stanno deponendo le armi della democrazia contro lo strapotere di Donald Trump e della sua corte di fanatici religiosi e di oligarchi della tecnologia. Una luce però arriva dal nostro passato più buio e può illuminarci: quando l’Italia, stremata dalla guerra e dalla dittatura, sconfisse il fascismo. Sandro Pertini, uno dei capi del Comitato Nazionale di Liberazione, eletto poi presidente della Repubblica, in quel periodo buio della guerra e della lotta di Liberazione enunciò la famosa frase diventata l’efficace indicazione della strategia vincente: “A brigante, brigante e mezzo”. Voleva dire che, alle volte, contro un avversario prepotente non bisogna farfugliare. Bisogna ricorrere agli stessi metodi poiché è lecito, nelle situazioni estreme che ci riserva oggi l’Oltre Atlantico, rincarare la dose e usare le stesse maniere, ma in modo più furbo e più deciso. Sempre nel rispetto delle leggi e del confronto civile.

Con una necessaria considerazione di fondo mai da sottovalutare: gli Stati Uniti non sono più il gendarme del mondo, non possono permetterselo. Attraversano una crisi profonda, anche economica, e si trovano dinanzi a un mondo nuovo, a un commercio mondiale intrecciato, con un’infinità di variabili che rendono molto ma molto difficile dare sostanza all’America first. Si sono affacciati nuovi attori, forti e ambiziosi, come i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e perfino come la bistrattata (e sottovalutata) Europa se ovviamente saprà compiere un passo storico: non più decisioni strategiche daprendere all’unanimità ma a maggioranza. E chi non ci sta può benissimo abbandonare la compagnia.

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