Il colosso dei social Meta nel mirino dell’Antitrust che lo accusa di acquisizioni mirate a “seppellire” la concorrenza, ovvero Instagram e WhatsApp. Il prossimo lunedì si apre a Washington un processo che potrebbe riscrivere le regole della concorrenza digitale negli Stati Uniti. Davanti al giudice federale James Boasberg, la Federal Trade Commission (FTC) sfiderà infatti il colosso digitale Meta di Mark Zuckerberg, che secondo l’autorità antitrust avrebbe mantenuto una posizione monopolistica nel mercato dei social network tramite acquisizioni mirate.
Meta – secondo l’Antitrust – avrebbe deliberatamente acquisito start-up emergenti – tra cui Instagram nel 2012 e WhatsApp nel 2014 – non per innovare, ma per neutralizzare concorrenti potenziali. Una strategia definita dai regolatori “buy or bury” (compra o seppellisci). Se la Corte dovesse dar loro ragione, Meta potrebbe essere costretta a cedere entrambe le piattaforme.
“È un caso di prova fondamentale per capire se le leggi antitrust possono essere applicate per smontare fusioni che puntano a eliminare la concorrenza nascente”, ha spiegato Gene Kimmelman, ex alto funzionario del Dipartimento di Giustizia, al New York Times. “Una vittoria del governo offrirebbe agli utenti più possibilità di scelta tra le piattaforme”.
Meta respinge ogni addebito. La società sostiene che il mercato dei social è oggi più competitivo che mai, con rivali agguerriti come TikTok, Snapchat, Reddit e LinkedIn. Sottolinea inoltre che le acquisizioni furono approvate dai regolatori all’epoca, quando Instagram aveva 30 milioni di utenti e appena 13 dipendenti, e WhatsApp ne contava 450 milioni con una squadra di 50 persone.
Scrive Paolo Cordova su The Voice of New York: “Le prove dimostreranno che quelle operazioni hanno giovato sia alla concorrenza che ai consumatori”, ha dichiarato il portavoce Chris Sgro. “L’Ftc continua a sostenere erroneamente che nessuna acquisizione sia mai definitiva e che innovare possa essere punito”. Zuckerberg stesso è atteso in aula, con una deposizione di sette ore.
A testimoniare saranno anche Sheryl Sandberg, ex direttrice operativa di Meta, e i fondatori delle due app comprate. L’impianto accusatorio si fonda su alcuni documenti interni, tra cui un’e-mail del 2008 in cui Zuckerberg scrive: “È meglio acquistare che competere”. E un promemoria del 2012 che parla di “neutralizzare un potenziale concorrente”.
La battaglia giudiziaria è destinata a durare settimane. Si tratta del primo grande processo antitrust dell’amministrazione Trump, che ha ereditato il dossier da Lina Khan – indicata alla guida dell’Ftc sotto Biden e fautrice di una linea dura verso i monopoli tech – ma che ha trovato nuova linfa con Andrew Ferguson, scelto dal presidente per proseguire la crociata. “Non intendiamo rallentare”, ha dichiarato Ferguson a Bloomberg.
Lo scontro con Meta si inserisce in una più ampia offensiva dei regolatori americani. Google è già stato condannato per monopolio nella ricerca online e affronta a breve un altro processo per pratiche scorrette nel mercato della pubblicità digitale. Apple è nel mirino del Dipartimento di Giustizia per il suo ecosistema chiuso, e Amazon è accusata dall’Ftc di abusare della propria posizione dominante nell’e-commerce.
Il giudice Boasberg, noto per i contrasti con la Casa Bianca in altri ambiti – tra cui la gestione dei rimpatri dei migranti venezuelani – ha già respinto una prima versione della causa nel 2021, giudicandola insufficiente sul piano tecnico. L’anno dopo ha accettato la nuova formulazione, pur avvertendo: “La Commissione dovrà rispondere a interrogativi complessi sulla tenuta delle proprie argomentazioni”.
L’ostacolo maggiore per l’accusa sarà dimostrare che, in assenza di quelle acquisizioni, Meta non avrebbe mantenuto il controllo sul settore. Un esercizio ipotetico, dicono gli esperti, difficile da provare a distanza di oltre dieci anni. “Si tratta di stabilire se Meta ha stroncato la concorrenza o semplicemente fatto un buon affare”, osserva Jennifer Huddleston del Cato Institute. “È una scommessa su un futuro che non possiamo conoscere”.