lunedì 21 Aprile 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

ADDIO A FRANCESCO, IL PAPA VENUTO DALLA FINE DEL MONDO

Addio a un grande e innovatore Pontefice venuto dall’Argentina, dalla fine del mondo. Papa Francesco è morto stamani, aveva 88 anni. A darne notizia è stato il cardinale Farrell: “Alle 7.35 il Vescovo di Roma è tornato alla casa del Padre”.

Ieri il pontefice aveva incontrato il vicepresidente degli Stati Uniti Dj Vance e poi, a sorpresa, aveva fatto un breve giro in papamobile tra la folla presente in piazza San Pietro per la messa di Pasqua. Sofferente da mesi, era stato dimesso dal Policlinico Gemelli il 23 marzo dopo 37 giorni di degenza a causa dei continui problemi respiratori che lo affliggevano da tempo.

28 marzo 2020: il Papa percorre la scala santa in solitudine in una piazza San Pietro vuota per le restrizioni del Covid

 

LA NOTIZIA SUI SITI DI TUTTO IL MONDO (da Sky Tg24)

Questo l’annuncio del cardinale Farrell: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.

C’è un pensiero che in  questi momenti resta sottotraccia ma che preoccupa non poco i progressisti di tutto il mondo: il prevedibile e certo attacco alla Chiesa inclusiva di Bergoglio da parte del clero e dei cattolici conservatori, per intenderci cardinali alla Viganò che hanno sempre osteggiato le aperture di Francesco agli umili e agli ultimi.

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Una vita straordinaria di un uomo comune. E’ ciò che si può dire di Bergoglio, il Papa che ha impresso al Vaticano una svolta epocale, nel linguaggio, nelle attenzioni verso il mondo degli ultimi e dei sofferenti, nella decisa e costante avversione per la guerra e per le dittature, lui che è stato un fiero e coraggioso avversario dei carnefici militari che insanguinarono, con rara ferocia, l’Argentina.

E’ stato il Papa “venuto dalla fine del mondo” come disse affacciandosi dalla basilica di San Pietro la sera della sua elezione a successore di Pietro, il 266esimo Papa, il simbolo di un altro mondo possibile, coscienza critica e speranza in un tempo di guerre, disuguaglianze, sofferenze e ingiustizie nei confronti del prossimo e della “casa comune”.

Jorge Mario Bergoglio è stato eletto pontefice il 13 marzo 2013. “Nasce a Buenos AiresNella  il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi. Il padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. E c’è un’altra persona speciale nella sua vita. Si chiama Rosa Margherita Vassallo. “Ho ricevuto il mio primo annuncio cristiano da una donna” ricorda Francesco pochi giorni dopo essere stato eletto: “Mia nonna”. Rosa Margherita Vassallo è originaria della provincia di Savona, in Liguria. Ancora giovane si trasferisce però nelle Langhe, una regione dove allora si vive dell’essenziale, non di tartufi né di vini pregiati. Ed è qui che, è sempre Bergoglio a ricordare, Rosa impara che “c’è sempre un pezzo di pane da donare a chi sta peggio”.

Il Sud America è la “fine del mondo”, l’emisfero agli antipodi della Curia romana, dei trafficanti di armi e dei super-ricchi, il mondo guardato alla rovescia da Bergoglio. “È una figura di spicco dell’intero continente e un pastore semplice e molto amato nella sua diocesi, che ha girato in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus. “La mia gente è povera e io sono uno di loro” pare abbia detto una volta Bergoglio per spiegare la scelta di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. Ai suoi preti raccomanda misericordia, coraggio e porte aperte. Mettendoli in guardia dalla cosa peggiore che può accadere nella Chiesa: quella che de Lubac chiama “mondanità spirituale”, che vuol dire “mettere al centro se stessi”. È il contrario di ciò che Bergoglio ritiene parte imprescindibile della vita cristiana: l’impegno per la giustizia sociale.

Il cardimnale Bergoglio a Buenos Aires mentre prende la metropolitana

Ed è proprio in uno spazio pubblico e sociale, nonostante il carattere riservato, che Bergoglio si fa conoscere e diventa un punto di riferimento. È il 2001: in Argentina tempo di crisi economica, di ricchezze volatilizzate e nuove emergenze. È anche l’anno nel quale papa Giovanni Paolo II lo crea cardinale: lui, un diplomato tecnico chimico entrato poi nel seminario diocesano e nel noviziato della Compagnia di Gesù, i gesuiti. l percorso ecclesiastico, con gli studi umanistici e la laurea in filosofia, in Cile e ancora in Argentina, è continuato fino al ruolo di provinciale, a quello di collaboratore del cardinale Antonio Quarracino, a Buenos Aires, e poi di arcivescovo.

In America Latina la figura di Bergoglio diventa sempre più popolare – scrive Riccardo Giardina sull’Agenzia Dire (www.dire.it) – Come arcivescovo, invita religiosi e laici a lavorare insieme, fissando come una delle priorità l’assistenza ai poveri e ai malati. Partecipa poi al conclave del 2005, quello di Ratzinger, Benedetto XVI, “il pastore tedesco”, secondo un titolo di giornale irriverente. Sarà anche il pontificato segnato del discorso di Ratisbona, con il richiamo all’identità dell’Occidente e la reazione delle piazze islamiche per il riferimento ai dialoghi sulla jihad dell’imperatore bizantino Manuele II paleologo: ci furono proteste, vittime e violenze, dall’Africa al Medio Oriente all’Asia.

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Cambia tutto, Bergoglio, a cominciare dal nome: Francesco, come mai nessun papa prima di lui. E c’è il suo carattere, con i gesti, l’immediatezza, l’empatia, naturale capacità comunicativa. Ne parliamo con padre Daniele Moschetti, missionario comboniano per tanti anni in Africa. Uno che l’ha conosciuto. È del papa la prefazione del suo libro ‘Sud Sudan, il lungo e sofferto cammino per pace, giustizia e dignità’.

“Quando gli consegnai il volume guardò il bambino sud-sudanese in copertina e mi disse: ‘Devo andarci a tutti i costi, il popolo mi aspetta’”. Cinque anni dopo, e dopo tre tentativi, Francesco arriva a Juba: la capitale del Paese più giovane del mondo, nel cuore del continente più giovane del mondo, ferito dalla guerra. “Avverto il bisogno di sensibilizzare la comunità internazionale su un dramma silenzioso, che necessita dell’impegno di tutti per giungere a una soluzione che ponga fine al conflitto in corso” sottolinea il Papa. “Disinteressarsi dei problemi dell’umanità, soprattutto in un contesto come quello che affligge il Sud Sudan, significherebbe infatti dimenticare la lezione che viene dal Vangelo sull’amore del prossimo sofferente e bisognoso”.

Padre Moschetti ricorda anche un altro momento. È il 2019 e i dirigenti politici e militari del Sud Sudan, a cominciare dal presidente Salva Kiir e dal suo vice e poi rivale Riek Machar, partecipano a un inedito ritiro a Roma. In Vaticano, nella residenza pontificia di Casa Santa Marta, c’è anche Justin Welby, il primate della Chiesa d’Inghilterra che sarà poi a Juba con Francesco. Il Papa chiede agli ospiti di “rimanere nella pace” e di diventare “padri della nazione”. È a questo punto che si inchina, sorretto da un traduttore, e bacia loro i piedi. “Sapeva che avevano fatto uccidere migliaia di persone ma volle fare un gesto importante che arrivasse dritto al cuore” ricorda padre Moschetti. “Fu un segno di umiltà e attenzione verso il popolo sud-sudanese, non un’umiliazione di fronte a quei dirigenti”.

Le prospettive e i ricordi possono essere più di mille. Come gli appelli. Ad esempio in difesa della “casa comune”, il pianeta “depredato”, al centro della enciclica Laudato sii’ e poi del sinodo speciale per l’Amazzonia. E però gli ultimi giorni del papa sono segnati ancora dal desiderio della pace, dopo le tante denunce del commercio delle armi “che muove i fili delle guerre con tutti i soldi pubblici destinati agli armamenti”. Nuovi richiami a un’altra enciclica, la Fratelli tutti, nata anche dal lavoro comune con l’imam Ahmad al-Tayyeb, ad Abu Dhabi.

Tornano alla mente anche le parole pronunciate dalla parrocchia della Sacra famiglia, nella Striscia di Gaza devastata dai bombardamenti israeliani: “Il Papa ci ha chiamati, era di buon umore, la voce un po’ affaticata, ma ha voluto sapere come stiamo”. Francesco era ricoverato al Gemelli. Stava male lui ma non dimenticava i palestinesi e tutti coloro che non hanno più una casa. Sono i più deboli del mondo, come le vittime di tutte le guerre. Altre immagini, altri momenti. Il papa è solo, la piazza San Pietro vuota, sotto la pioggia battente, il 27 marzo 2020, anticipo del venerdì santo al tempo del Covid-19. E ancora Roma, per un altro mondo possibile: mentre l’Europa divisa si arma e lancia proclami di guerra, Francesco vuole che alla Via Crucis partecipino due famiglie in più: una ucraina e una russa, insieme nella tredicesima stazione. Cristo è deposto sulla croce e il suo corpo viene riconsegnato alla Madonna.

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INSUFFICIENZA RESPIRATORIA E ICTUS

L’annuncio nel lunedì di Pasquetta, la scomparsa di Papa Francesco, quando sembrava che le sue condizioni di salute fossero in ripresa. Ieri il Pontefice era tornato tra la folla per ricevere l’abbraccio dei fedeli. Come ha vissuto le sue ultime ore Bergoglio, cosa lo ha portato alla crisi improvvisa che ha portato al decesso?

”Avevo espresso molte perplessità sul fatto che Papa Francesco potesse tornare alla normalità, perché conosco le infezioni respiratorie polimicrobiche che il Papa ha avuto e purtroppo possono avere alti e bassi. In queste situazioni le gravi comorbidità che affliggevano il Papa – immunodepressione per il cortisone, il sovrappeso, e l’età, hanno fatto sì che l’infezione ha avuto il sopravvento. La Pasqua con lui è stata un momento straordinario per noi cattolici. Ricordiamo quindi che le malattie infettive non fanno pazienti di serie a, b o c. Il Papa ci ha dimostrato che si può lottare ma dobbiamo fare di più come comunità medica per trovare nuovi rimedi contro le malattie infettive” ha affermato Matteo Bassetti a Rainews.it. “Le complicanze post infettive possono essere fatali. A 88 anni con le sue fragilità non ce l’ha fatta, credo che sia stata l’insufficienza respiratoria a portarlo al decesso”. Quando era stato dimesso dal Gemelli, i medici gli avevano raccomandato di evitare contatti con la gente e di evitare sforzi. Ma fino all’ultimo, il Papa ha voluto salutare la folla, incontrare i fedeli, stare tra la gente.

“Nei giorni scorsi abbiamo visto il Papa con i naselli per l’ossigeno, rientrava – come abbiamo sempre detto – tra i pazienti con una insufficienza respiratoria che è una condizione seria. Poi la differenza la fa la salute del cuore, ma con bassi valori di ossigenazione il cuore può andare in sofferenza e si muore per un arresto cardiaco che è la conseguenza di una crisi respiratoria acuta”, ha spiegato Claudio Micheletto, direttore Uoc Pneumologia presso l’Azienda ospedaliera universitaria integrate di Verona e presidente dell’Associazione pneumologi ospedalieri.

 

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