L’Italia è uno dei Paesi più vecchi d’Europa, forse del mondo. Lo rilevano i dati dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) pubblicati nella nuova edizione di Noi Italia2023. Le trasformazioni demografiche avvenute negli ultimi anni hanno messo in evidenza fenomeni rilevanti: la diminuzione della fecondità, l’innalzamento della vita media e l’invecchiamento della popolazione. Cala la spesa per l’Istruzione. Al Sud il 15% dei giovani abbandona precocemente gli studi.
La fecondità, in calo da diversi anni, nel 2021 aumenta lievemente (1,25 figli per donna), mentre l’età media al parto sale a 32,4 anni ed è fra le più alte in Europa. La speranza di vita alla nascita, nel 2022, è di 80,5 anni per gli uomini e di 84,8 per le donne. L’indicatore, per entrambi i generi, dopo aver raggiunto il picco massimo nel 2019 e un decremento nel 2020, fa segnare un lieve recupero per gli anni 2021 e 2022, attestandosi su livelli simili a quelli del 2017.
Nel 2021, spetta al Nord il primato dei livelli più elevati di fecondità (1,31 nel Nord-Est e 1,26 nel Nord-Ovest), soprattutto nelle Province autonome di Bolzano e Trento (rispettivamente 1,72 e 1,42), in Veneto (1,30) e Lombardia (1,27). Foto: nerdluck|FreeImages
Dopo il netto calo delle nozze nel 2020, a causa della pandemia, nel 2021 si assiste a una forte ripresa del fenomeno. Nel 2021, i matrimoni celebrati sono 180.416, l’86,3% in più, rispetto all’anno precedente. I matrimoni nel 2021 sono stati 180.416, in netta ripresa rispetto all’anno precedente in cui, a causa del Covid, molte coppie sono state costrette a rinviare le proprie nozze.
Nonostante l’86,3% in più di nozze celebrate nel 2021, l’incremento non è sufficiente a recuperare la perdita registrata nel 2020; rispetto al 2019, infatti, la variazione è ancora negativa (-2,0%). Il quoziente di nuzialità, che nel 2020 era pari a 1,6 matrimoni per mille abitanti, torna allo stesso valore registrato nel 2019 (3,1).
Separazioni e divorzi nel 2021 hanno registrato un aumento rispettivamente del 22,5% e del 24,8%, rispetto all’anno della pandemia, in cui avevano invece mostrato una diminuzione. Nel 2021, le separazioni sono state complessivamente 97.913. Nello stesso anno, i divorzi sono stati 83.192, il 24,8% in più rispetto al 2019 e il 16,0% in meno nel confronto con il 2016, anno di massimo relativo (99.071 divorzi) legato all’entrata in vigore (a maggio 2015) della legge sul “divorzio breve”.
Nel 2022, continua ad aumentare l’indice di vecchiaia, raggiungendo quota 187,6 anziani ogni cento giovani. L’Italia è uno dei Paesi più “vecchi” dell’Ue. Rispetto a gennaio 2021, l‘indice di vecchiaia continua a crescere con un aumento di 5 punti percentuali, raggiungendo al 1° gennaio 2022 quota 187,6 anziani ogni cento giovani, confermando la crescita costante dell’indice, ormai in atto da un ventennio.
L’indice di dipendenza al 1° gennaio 2022 registra un leggero incremento raggiungendo quota 57,5, con differenze regionali significative tra Nord e Sud. A livello europeo, l’indicatore supera la media Ue.
L’indice si ottiene rapportando la popolazione residente al 1° gennaio in età non attiva (da 0 a 14 anni e da 65 anni e oltre) sulla popolazione in età lavorativa (da 15 a 64 anni). Questo rapporto, moltiplicato per cento, misura il carico demografico che grava sulla popolazione in età attiva. Valori superiori al 50 per cento indicano una situazione di squilibrio generazionale.
Prosegue l’impatto della pandemia sulla dinamica demografica. Al 1° gennaio 2022, in Italia, la popolazione residente ammonta a 59.030.133 abitanti. Nel 2021, alle conseguenze dirette e indirette della pandemia si aggiungono gli effetti recessivi dovuti al calo delle nascite. Il decremento della popolazione residente (-0,3% rispetto all’anno precedente) è dovuto in larga misura alla dinamica naturale. Segnali positivi si registrano, invece, per la dinamica migratoria, in aumento rispetto al 2020.
Infine, l’istruzione. Un giovane su dieci (18-24 anni) in Italia abbandona precocemente gli studi superiori. È quanto si legge nel dossier dell’Istat. È più bassa rispetto alla media Ue (4,9%) la spesa pubblica per istruzione in Italia (il 4,1% nel 2021). L’anno scorso la percentuale di giovani d’età tra i 18 e i 24 anni che ha abbandonato gli studi è dell’11,5%, al Sud del 15,1%.
Sempre lo scorso anno, i Neet (i giovani che non lavorano e non studiano) sono stimati al 19% della popolazione d’età tra i 15 e i 29 anni. Nel Mezzogiorno, l’incidenza è doppia rispetto al Centro-Nord.