L’AI Act europeo – il regolamento approvato di recente dal Parlamento Ue che definisce e limita l’intelligenza artificiale nel modo in cui viene sviluppata e messa all’opera – viene contestata da 160 grandi aziende, tecnologiche e non, tra le quali Airbus, Renault e Meta Facebook. Due le norme troppo severe: la dichiarazione di uso di materiale altrui e l’imposizione di rendere evidente se il prodotto è creato da un essere umano o dall’IA.
In una lettera aperta firmata da circa 160 dirigenti di altrettante aziende, ne parla il sito IctBusiness, si afferma che l’AI Act metterebbe a rischio sia la competivitià, sia la sovranità tecnologica europea.
Due le norme criticate per l’eccessiva severità: la prima è quella secondo cui le società che sviluppano e allenano i large language model saranno obbligate a dichiarare se abbiano usato materiale di proprietà intellettuale altrui. Il large language model (LLM) è un algoritmo modellato per funzionare come l’apparato cerebrale umano in grado di riconoscere contenuti, generarli, riassumerli, tradurli e perfino prevederli. Per farlo ha bisogno di big data, ossia enormi set di dati. I LLM hanno riguadagnato una certa celebrità grazie a ChatGPT.
La seconda norma contestata è quelle che impone alle aziende dell’intelligenza artificiale di rendere distinguibile il fatto che un testo, un’immagine o un video siano prodotti dell’intelligenza artificiale, anziché una creazione umana. Due regole che tendono, con tutta evidenza, a difendere il copyright e dunque il lavoro di autori, giornalisti, artisti e creativi, agenzie ed editori e a tutelare gli utenti dagli inganni dei deepfake che, ricordiamo, sono foto, video e audio creati grazie a software di intelligenza artificiale che, partendo da contenuti reali, immagini e audio, riescono a modificare o ricreare, in modo realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce.
La lettera nasce dall’iniziativa di Cedric O, ex segretario di Stato francese per la transizione digitale, del presidente di Airbus René Obermann e di Jeannette zu Fürstenberg, socia fondatrice del fondo di venture capital La Famiglia.
Cedric O ha spiegato alla Reuters che le preoccupazioni riguardano soprattutto la versione dell’AI Act approvata dal Parlamento Ue, in cui sono stati inaspriti i divieti riguardanti le analisi biometriche e inserite le due citate regole per l’AI generativa.
Tra i firmatari ci sono anche rappresentati di Meta, di Renault, dell’azienda di telecomunicazioni spagnola Cellnex, della software company francese Mirakl e della banca d’investimento tedesca Berenberg.
La lettera, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, evidenzia che le regole dell’AI Act europeo potrebbero essere troppo restrittive e severe: il rischio di sanzioni per la mancata comformità potrebbe dunque scoraggiare le società che sviluppano intelligenza artificiale a fare investimenti in Europa. L’AI Act potrebbe dunque allontanare capitali e altre risorse da un’Europa che già fatica a ridurre la distanza da Stati Uniti e Cina.