venerdì 22 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

Le Big Tech Usa, Samsung e Tik Tok sotto indagine dell’antitrust europea

Le cinque grandi aziende tecnologiche statunitensi – Google, Apple, Meta, Amazon e Microsoft – la cinese Tik Tok e Samsung (Corea del Sud) sono finite sotto la lente della Commissione europea che le sta indagando nell’ambito delle nuove regole antitrust previste dal Digital Markets Act. Troppo grandi con troppo potere: incidono sul mercato interno. La notizia è stata data dal commissario europeo Thierry Breton.

Queste aziende sono classificate come gatekeeper. Entro il prossimo 6 settembre, inoltre, sarà diffuso l’elenco completo di tutte le aziende sotto sorveglianza. Una decisione di enorme portata, sia economica, sia sociale con evidenti e positivi riflessi sugli utenti e sui consumatori, che saranno più tutelati.

Entriamo nel significato delle parole e quali procedure implicano nel delicato sistema dell’informazione. Innanzitutto gatekeeper, ovvero guardiano, portiere. La teoria sociologica ad essa connessa fu elaborata addirittura negli anni Quaranta da Kurt Lewin e sviluppata da David Manning White. Mira a spiegare il processo di raccolta, elaborazione e diffusione delle notizie.

In base a questa teoria, il percorso delle informazioni giornalistiche dalla fonte alla diffusione è condizionato dal ruolo di coloro che hanno il potere di intervento sulla selezione delle notizie e sul loro trattamento, la cosiddetta intermediazione.

Il fatto, ad esempio, che solo tre agenzie di informazioni (Reuters, France Press, Associated Press) producano l’80 per cento dei dispacci di notizie a livello mondiale, serve a comprendere bene come questa funzione incida sul flusso dell’informazione, dalle principali testate giornalistiche fino ai livelli più bassi dell’industria della notizia.

I gatekeeper sono identificati in riferimento a criteri qualitativi e quantitativi (soggettivi) e ai tipi di servizi offerti ovvero i cosiddetti “Core Platform Services” (servizi di piattaforma essenziali, centrali) erogati da tutte quelle grandi piattaforme online che operano nel mercato digitale mondiale gestendo social media, e-commerce o motori di ricerca. In un articolo del 3 aprile del 2022 Gianluca Mariani su CFNEWS.IT prende in esame le regole che l’Europa si è data per garantire una concorrenza leale e una maggiorre tutela degli utenti.

Il primo riferimento qualitativo è se il “guardiano e portiere” abbia o meno un impatto significativo sul mercato interno. In termini quantitativi se ha un fatturato annuo superiore a 7,5 miliardi di euro in ciascuno degli ultimi tre esercizi o una capitalizzazione di mercato o un valore equo di mercato equivalente superiore a 75 miliardi di euro nell’ultimo esercizio e fornisce la stessa Cps, la porta di accesso, in almeno tre Stati membri dell’Unione europea.

Il secondo criterio qualitativo è la fornitura di un CPS, ovvero un’importante porta d’accesso, agli utenti commerciali per raggiungere gli utenti finali. Il che in termini quantitativi vuol dire avere almeno 45 milioni di utenti finali attivi al mese o 10.000 utenti commerciali attivi con sede o stabilimento nell’Unione Europea.

Il terzo criterio qualitativo è quello di godere di una posizione radicata e duratura. La soglia quantitativa è quella dei numeri di utenti finali e di esercizi commerciali  indicati in precedenza.

I servizi forniti dalle aziende gatekeeper sono: intermediazione online (ad esempio, marketplace e app store); motori di ricerca online; siti di social networking; servizi di condivisione video; servizi di comunicazione elettronica interpersonale indipendenti dal numero; sistemi operativi; il cloud;la pubblicità.

Che cosa rischiano ora le sette grandi aziende già menzionate e le altre che saranno inserite entro settembre nell’elenco dei gatekeepers? Il DMA conferisce alla Commissione Europea poteri molto simili a quelli dell’antitrust. In particolare, la Commissione può ispezionare, inviare richieste di informazioni, interrogare i dipendenti delle aziende interessate, imporre misure provvisorie, condurre indagini di mercato e, soprattutto, imporre sanzioni fino al 10% del fatturato globale del gatekeeper, a condizione che ciò sia proporzionato al caso in esame.

Tuttavia, nel caso in cui il guardiano commetta una seconda violazione in meno di otto anni dalla prima, le sanzioni possono raggiungere il 20% del fatturato mondiale. Infine, nel caso in cui non si conformi per la terza volta entro lo stesso periodo di otto anni, la Commissione potrà condurre un’indagine di mercato sulla “non conformità sistematica”.

Una tale constatazione consentirebbe alla Commissione di imporre “a tale gatekeeper qualsiasi rimedio comportamentale o strutturale che sia proporzionato e necessario per garantire l’effettiva conformità”. Tali misure potrebbero includere il divieto di attività di fusione e acquisizione ed eventualmente imporre lo scioglimento. Il DMA prevede anche class action ovvero azioni legali collettive da parte di utenti che si sentono danneggiati nei loro diritti di consumatori.

Da una materia così complessa e articolata si possono citare alcuni obblighi e divieti che la grandi aziende tecnologiche dovranno rispettare. Coprono un ampio ventaglio di disposizione tra cui l’accesso ai dati, l’interoperabilità e l’autoreferenza.

In particolare il DMA stabilisce che le piattaforme Gatekeeper dovranno consentire ai propri utenti di accedere ai propri dati personali generati durante l’utilizzo della piattaforma, includendo requisiti aggiuntivi per l’utilizzo quali targeting pubblicitario o micro targeting. Le aziende dovranno ottenere il consenso esplicito dell’utente prima di poterlo tracciare. Vietato il trattamento dei dati personali dei minori, raccolti o generati dai gatekeeper, per finalità commerciali o profilazione pubblicitaria.

Le piattaforme di messaggistica, tipo WhatsApp e Telegram, secondo il principio di interoperabilità, saranno obbligate a ricevere e inviare messaggi anche da parte di utenti che utilizzano sistemi e servizi di messaggistica minori. Saranno le stesse piattaforme minori a dover avanzare le richieste alle grandi piattaforme,le quali sono obbligate a includerle. Lo scopo è quello di incentivare la concorrenza e l’apertura a nuove piattaforme che avrebbero poche chance nell’attuale mercato digitale.

Sempre in tema di concorrenza sarà vietato alle grandi piattaforme, in un’ottica autoreferenziale, di favorire nei risultati di ricerca propri servizi e prodotti, pensiamo ad esempio allo shop online di Google o Amazon. Inoltre sarà vietata la pratica di “acquisizione killer”, acquisizione in fase primordiale di attività e servizi di potenziali concorrenti per scoraggiare la concorrenza.

Altro punto importante riguarda la libertà da parte dell’utente di installare applicazioni esterne alle App store ufficiali delle grandi piattaforme, come  Google e Apple e, allo stesso tempo, la possibilità di disinstallare applicazione preesistenti. (PdA)

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