La scuola italiana è alle prese con un numero sempre minore di studenti, a causa del calo demografico che da anni investe il nostro Paese: rispetto a 7 anni fa, quasi 71.000 bambini in meno hanno varcato la soglia della scuola elementare e le classi sono sempre più multiculturali. A ricordarlo è il Rapporto annuale sulla scuola di Save the Children, “Il mondo in una classe”, dedicato ad approfondire le disuguaglianze educative che colpiscono, in particolare, bambini e adolescenti figli di genitori di origine straniera. Lanciata un petizione per far riconoscere i diritti alla cittadinanza dei bambini nati in Italia ma sempre stranieri, anche a scuola.
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Il rapporto di Save The Children sottolinea come, tra gli iscritti nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie siano oltre 800mila i minori stranieri. Il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana, secondo l’Organizzazione, ha un impatto sul successo scolastico e segna il loro percorso di crescita e di formazione rispetto ai coetanei.
Molti studenti con “background migratorio”, pur nascendo o crescendo in Italia, hanno meno opportunità rispetto ai loro compagni di scuola, a partire dall’inserimento alla scuola dell’infanzia, al ritardo scolastico dovuto alla collocazione in classi inferiori a quelle corrispondenti all’età anagrafica o alla mancata ammissione all’anno successivo, fino all’abbandono precoce. Questi studenti incontrano maggiori difficoltà, ad esempio, a partecipare a gite scolastiche e scambi culturali all’estero e, successivamente, anche ad accedere all’Università o ai concorsi pubblici.
Da un’indagine di Save the Children su 6.059 studenti di cinque città italiane, è emerso che il 67,5% degli stranieri iscritti nelle nostre scuole è nato in Italia: dall’anno scolastico 2017-18 al 2021-22 il numero è cresciuto del 10,8%, passando da 531.467 a 588.986 alunni, con un incremento di oltre 57 mila minori. Numero che è aumentato ai giorni nostri.
Nella scuola dell’infanzia, su 100 alunni con “background migratorio” circa 83 sono nati in Italia; nella scuola primaria quasi tre minori su quattro (73,6%); nella scuola secondaria di I grado sono il 67% e nella scuola secondaria di II grado il 48,3%, quasi uno su due. Il 65,5% degli studenti stranieri si concentra nelle regioni del Nord.
Il Rapporto offre spunti per comprendere la relazione tra educazione e cittadinanza, e, in particolare, quanto i percorsi educativi e scolastici dei minori di origine straniera possano essere influenzati positivamente dal riconoscimento dello status di cittadina o cittadino italiano.
In Italia solo il 77,9% dei bambini con cittadinanza non italiana è iscritto e frequenta la scuola dell’infanzia (percentuale che sale all’83,1% per i nati in Italia) contro il 95,1% degli italiani, sperimentando così, fin dai primi anni di vita, percorsi scolastici e educativi diversi.
Tra gli studenti con background migratorio si registrano maggiori ritardi scolastici, casi di dispersione e abbandono scolastico. Mentre gli studenti di origine italiana in ritardo nell’anno scolastico 2021/22 rappresentavano l’8,1%, quelli con cittadinanza non italiana erano il 25,4%, con un divario che diventa ancora più allarmante nella scuola secondaria di II grado (16,3% contro il 48,4%).
Le disuguaglianze si rilevano anche negli apprendimenti: al termine del primo ciclo di istruzione la percentuale degli studenti che non raggiungono le competenze adeguate in italiano, matematica e inglese (secondo i dati Invalsi 2023) tra gli immigrati di prima generazione è doppia (26%) rispetto agli studenti italiani o stranieri di seconda generazione.
A gravare sul percorso educativo dei minori con background migratorio, anche le condizioni di povertà economica e l’impatto della pandemia, che in molti casi ha comportato l’interruzione dell’insegnamento della lingua italiana e delle attività extrascolastiche.
L’11% degli alunni con background migratorio ha dichiarato di aver avuto periodi di interruzione della scuola di 6 mesi o più contro il 5,9% degli studenti con genitori italiani. Tra i minori che hanno risposto di aver smesso di frequentare la scuola per periodi prolungati e che non hanno cittadinanza italiana, l’8,3% indica tra le motivazioni principali il fatto che non ci fossero posti disponibili a scuola, il 3,2% la conoscenza limitata della lingua italiana, il 2,2% la necessità di aiutare i genitori a casa e il 2,5% il fatto che la scuola non sia utile. Queste percentuali scendono tra i minori con background migratorio che hanno la cittadinanza italiana: solo l’1,5% afferma di non aver trovato posto a scuola.
Con la petizione “Cittadinanza italiana per i bambini nati o cresciuti in Italia. È il momento di riconoscere i loro diritti!”, (sito) Save the Children ha lanciato una campagna per la cittadinanza che chiede al Parlamento di riformare la legge sulla cittadinanza e consentire a bambine, bambini e adolescenti nati in Italia o arrivati nel nostro Paese da piccoli, figli di genitori regolarmente residenti, di diventare italiani prima del compimento della maggiore età.
“I bambini, le bambine e gli adolescenti, italiani di fatto, ma non per legge, sono più di 800 mila nelle nostre scuole e in costante crescita, ma non beneficiano delle stesse opportunità di sviluppo dei loro coetanei italiani. Il loro percorso formativo è segnato da ostacoli e difficoltà che si manifestano fin dall’infanzia, a partire dall’accesso ai servizi, all’accertamento della carriera scolastica, al riconoscimento della validità dei titoli conseguiti in un altro Paese o alla piena partecipazione alle attività scolastiche e extrascolastiche. Per questo, sono necessari interventi e politiche ampie che sostengano nella scuola e nella società le opportunità date da una società multiculturale e consentano di far fiorire i talenti di tutte le studentesse e gli studenti, cosa di cui, peraltro, il nostro Paese ha un enorme bisogno per il suo sviluppo”, ha dichiarato Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children.
“Da troppo tempo l’Italia attende una riforma legislativa che riconosca piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o giungono da piccoli nel nostro Paese, rafforzando così il senso di appartenenza alla comunità nella quale crescono e spingendo in avanti le loro aspirazioni per il futuro. È un’opportunità che il nostro Paese non può perdere”, è il parere di Raffaela Milano, direttrice programmi Italia Europa di Save the Children.