La guerra che Israele sta conducendo nella Striscia di Gaza rischia di provocare un’escalation non più controllabile. Per ora soltanto parole, ma danno l’idea di come la situazione in Medio Orfiente possa deflagrare da un momento all’altro. In Israele il ministro di estrema destra del governo Netanyahu ha, infatti, indicato come una delle possibilità in campo il ricorso alla bomba atomica da parte di Trel Aviv per cancellare la Striscia di Gaza.
Ma anche dall’Iran arrivano notizie che stanno facendo sobbalzare le cancellerie di mezzo mondo. Almeno se si sta alle parole che il ministro iraniano degli Esteri, Hossein Amir Abdollahian, ha pronunciato nell’incontro con il suo omologo iracheno Fouad Hussein: “L’espansione della guerra è inevitabile alla luce dell’escalation e dell’aggressione contro i civili”. E ha aggiunto: “Il sostegno americano a Israele è la ragione principale dell’escalation dell’attuale situazione nella regione”.
A stretto giro è arrivata sempre dall’Iran la minaccia diretta agli Usa e all’Europa. Il ministro della Difesa iraniano, Ashtiani, ha “consigliato” agli americani di “fermare subito la guerra e garantire il cessate il fuoco” a Gaza, “altrimenti – ha avvertito con un messaggio su Telegram – sarete colpiti duramente”. Ashtiani ha avvertito anche “alcuni Paesi europei che aiutano Israele a stare attenti per non incorrere nell’ira dei musulmani”.
ISRAELE. Anche a Tel Aviv la guerra sta provocando forti polemiche. L’ultima in ordine di tempo è stata accesa da un ministro del patrimonio edilizio, Amichai Eliyahu, del partito di estrema destra Yehudit, il quale in una intervista radiofonica si è fatto sfuggire che “l’utilizzo della bomba atomica su Gaza è una delle possibilità in campo. Così non daremmo aiuti sanitari ai nazisti. A Gaza non esistono persone non coinvolte”.
“Allora dovremmo sganciare una bomba atomica su Gaza?“, gli è stato chiesto. E lui: “Questa è una delle possibilità”. E quando gli è stato fatto notare che nell’enclave palestinese ci sono 240 rapiti, lui ha risposto: “Preghiamo e speriamo nel loro ritorno, ma in guerra ci sono anche dei prezzi”. Eliyahu è un ministro del governo Netanyahu, del partito di estrema destra Otzma Yehudit.
“Un irresponsabile, Netanyahu lo licenzi”: in Israele, il leader dell’opposizione Yair Lapid ha replicato al ministro Eliyahu, che ha definito “una possibilità” l’utilizzo della bomba atomica a Gaza. Lapid ha definito la dichiarazione “scioccante e folle” sostenendo che arriva “da un ministro irresponsabile”. E ha chiesto a Netanyahu di defenestrarlo subito, stamattina”. Netanyahu ha liquidato senza mezzi termini le dichiarazioni di uno dei suoi ministri: “Parole fuori dalla realtà”. Il ministro ha successivamete ritrattato la sua dichiarazione, ma il primo ministro lo ha sospeso.
LA DIPLOMAZIA USA. Dopo aver raggiunto Cipro, e prima di recarsi ad Ankara per parlare con Erdogan che ha ritirato il suo ambasciatore da Isarale,d il segretario di Stato Usa Antony Blinken prosegue la sua missione in Medioriente. Il rappresentante della diplomazia della Casa Bianca, su mandato di Biden, ha incontrato in Giordania i rappresentanti di Libano, Egitto, Qatar, Arabia Saudita e dello stesso Regno di Giordania. Mentre oggi, a Ramallah, si è intrattenuto per circa un’ora di colloquio con il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen (Mahmoud Abbas), forse l’incontro più atteso.
I punti intorno ai quali costruire un dialogo: anzitutto, la contrarietà a un cessate il fuoco (sicuramente, la postilla più controversa, che ha infatti incontrato la disapprovazione dei partner arabi), motivata con la possibilità che in tal modo si darebbe ad Hamas di riprendere fiato e forze. E magari riorganizzare un altro attacco su larga scala, come quello del 7 ottobre.
Washington preferisce la formula, più volte ribadita, delle “pause umanitarie”, che permettano ai feriti di lasciare la Striscia attraverso il valico di Rafah, portando avanti al contempo la trattativa per la liberazione degli ostaggi. Israele rifiuta ogni “tregua temporanea” se prima non verranno rilasciati i circa 240 ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
La questione più strettamente politica che è stata sottoposta ad Abu Mazen e accettata da quest’ultimo è incentrata sulla soppressione del potere di Hamas sulla Striscia di Gaza. Sotto l’egida dell’Onu, costituire poi una Forza internazionale di pace, con truppe arabe e occidentali, per preservare la sicurezza e garantire il peacekeeping dopo la fine delle ostilità.
In tal modo, l’Anp potrebbe vantare il prestigio e la riconosciuta autorità per prendere il governo di Gaza, unendo quel territorio a quello che già controlla, la Cisgiordania. Così facendo, i finanziamenti promessi al popolo palestinese verrebbero sbloccati.
Abu Mazen ha detto che l’Anp “si assumerà tutte le sue responsabilità” per la Cisgiordania, Gerusalemme est e Gaza, nel quadro “di una soluzione politica globale”. Quelli tratteggiati, insomma, sarebbero i primi, timidi passi verso uno Stato di Palestina in forma embrionale, esito sperato che rilancerebbe i negoziati di pace.
Troppo ottimismo, forse, considerate le premesse. Blinken ha detto ad Abu Mazen che i palestinesi di Gaza “non dovrebbero essere sfollati con la forza”. Il suo interlocutore ha ribattuto dicendo di non avere “parole per descrivere il genocidio e la distruzione subiti dal nostro popolo palestinese a Gaza per mano della macchina da guerra israeliana, senza tener conto dei principi del diritto internazionale”.