La prima banca è stata Unicredit, a seguire Intesa, al terzo posto nel non versare la tassa sugli extraprofitti allo Stato è il Monte dei Paschi di Siena. La banca di Siena, che sembra uscita da una crisi che rischiava di travolgerla, ha macinato utili consistenti grazie ai rialzi dei tassi d’interesse decisi dalla Banca Centrale Europea.
Sebbene controllata dallo Stato per il 64 per cento dell’azionariato, Mps ha deciso di rafforzare il patrimonio e di non versare un euro alla collettività che ha invece ben pagato il suo risanamento dopo l’allegra gestione del passato. Sembra che negli ultimi anni, il Monte dei Paschi sia costato alla collettività ben 11-miliardi-11 di euro.
Adesso la banca è pronta per il mercato e per essere rivenduta ai privati, con tanto di fiocco rosa per il generoso dono che si farà a chi la farà sua con il patrimonio rafforzato. Un bel colpo.
L’ultima versione della legge – con la riduzione quasi imposta dalla potente lobby delle banche e delle assicurazioni, e da Mediaset che da sola avrebbe dovuto pagare più di 150 milioni di euro per gli utili di Mediolanum – lo consente.
Infatti, gli istituti di credito possono scegliere se pagare la tassa sugli extraprofitti conseguiti senza muovere un dito grazie alla Bce, o destinare la somma al rafforzamento del proprio patrimonio-
Mps ha deciso di utilizzare per sè i 313 milioni che avrebbe dovuto versare. I conti, come per tutte le banche italiane, vanno bene, così come si leccano i baffi gli azionisti che non devono rinunciare ai corposi dividendi che gli pioveranno dal cielo di Francoforte, sede della Bce. Solo Banca Intesa, per comprendere di quali cifre si parla, ne distribuirà per più di due miliardi ai propri soci.
Nei primi 9 mesi dell’anno l‘utile di Mps ha raggiunto i 929 milioni a fronte di una perdita di 334 milioni dello stesso periodo del 2022. Soltanto nel terzo trimestre i profitti hanno toccato i 310 milioni ben oltre le aspettative degli analisti.
Ma da dove vengono questi utili stratosferici? Semplice, dall’aumento dei tassi che i debitori devono pagare sui prestiti, lasciando invariati o aumentando di una percentuale irrisoria gli interessi a coloro che depositano il denaro sui conti. Denaro frutto di lavoro e sacrifici, quasi mai ricompensati.
Il tutto si chiama margine di interesse che nel caso della banca senese è salito del 62% a 1,67 miliardi di euro. Nel contempo sono scesi i proventi da commissione (- 6,5%) a 986 milioni e quelli da attività finanziarie (-23%). In calo anche i costi mentre procede senza intoppi il piano della banca di ridurre il numero di dipendenti.