La nuova mobilità italiana: sei milioni di emigrati ufficiali, in aumento quelli non ufficiali, le quote femminili e i flussi interni. Si parte dal nord Italia verso l’Europa. Crescono i rimpatri. L’Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se rallenta. Un popolo di quasi sei milioni, un decimo circa dei 58,8 milioni di italiani e sempre più giovane.
Dopo il Covid, è iniziata una nuova fase della mobilità italiana che vede anche il ritorno delle migrazioni interne. Lo afferma il Rapporto italiani nel mondo 2023 della Fondazione Migrantes della Cei , curato da Delfina Licata. A farne le spese il meridione che continua a spopolarsi.
I dati del Rapporto. In 18 anni gli italiani nel mondo sono raddoppiati: da poco più di 3 milioni a poco meno di 6 milioni. A partire sono soprattutto i giovani tra i 28 e i 34 anni. Sono i giovani che non lavorano e non studiano, lavoratori precari, disoccupati, giovani donne e 1 su 4 laureati e ricercatori. L’emigrazione ci fotografa un disagio giovanile, una nuova generazione di poveri. A partire sono sempre più anche le donne per ritrovare in un altro Paese pari opportunità è più tutele nella maternità. L’unica Italia che cresce è solo quella all’estero. Anche sul piano demografico.
Italiani in fuga
Sono sei milioni i nostri connazionali all’estero. Il 44% di chi parte ha meno di 34 anni
Il 75,3% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2022 è andato in Europa; aumentano i rimpatri: in un decennio il numero dei cittadini tornati a casa è più che raddoppiato passando dai 29mila nel 2012 ai circa 75mila nel 2021.
Mentre il nostro Paese perde residenti, cresce la comunità italiana fuori dai confini nazionali. Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) sono 5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia.
La presenza degli italiani all’estero è cresciuta dal 2006 a oggi del +91%. Le italiane all’estero sono praticamente raddoppiate (99,3%), i minori sono aumentati del +78,3% e gli over 65 anni del +109,8%. I nati all’estero sono cresciuti, dal 2006, del +175%, le acquisizioni di cittadinanza del +144%, le partenze per espatrio del +44,9%, i trasferimenti da altra Aire del +70%”.
“Il 46,5% dei quasi 6 milioni di residenti all’estero è di origine meridionale (il 15,9% delle sole Isole), il 37,8% del Nord (il 19,1% del Nord Ovest) e il 15,8% del Centro. Negli ultimi 20 anni, quindi, e poi ancora di più nell’ultimo decennio, abbiamo assistito non solo a un revival del fenomeno, ma a un drastico cambiamento dello stesso.
Rispetto alle caratteristiche tradizionali – origine meridionale, protagonismo dell’oltreoceano, emigrazione famigliare – la mobilità degli italiani più recente, caratterizzata da partenze dalle regioni del Centro-Nord dopo, nella maggior parte dei casi, un periodo più o meno lungo di mobilità interna Sud-Nord, sta riscrivendo la storia dell’Italia legata ai flussi migratori dei suoi residenti”.
Tra i dati principali c’è anche la novità che, nell’ultimo anno per la prima volta, il motivo “espatrio” nell’iscrizione all’Aire è stato superato dalla nascita all’estero da cittadini italiani (43,4%, quasi 91 mila iscrizioni).
L’Italia giovane è all’estero
Al contrario di quanto avviene in Italia, la comunità all’estero è sempre più giovane. Crescono le classi di età di giovani, giovani adulti e adulti maturi: il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni. La Sicilia è la principale regione d’origine (oltre 815 mila). Seguono la Lombardia (quasi 611 mila), la Campania (+548 mila), il Veneto (+526 mila) e il Lazio (quasi 502 mila). Il 48,2% dei 6 milioni di italiani all’estero è donna (oltre 2,8 milioni.
L’Europa accoglie oltre 3,2 milioni di connazionali (il 54,7% del totale) in fuga. Segue il continente americano con oltre 2,3 milioni (40,1%). Il 16,4% delle iscrizioni per espatrio ha riguardato il Regno Unito; il 13,8% la Germania; il 10,4% la Francia e il 9,1% la Svizzera. I primi quattro paesi, tutti europei, raccolgono il 50% del totale delle partenze”.
Le comunità italiane più numerose sono in Argentina (oltre 921 mila iscritti, il 15,5% del totale), in Germania (oltre 822 mila, il 13,9%), in Svizzera (oltre 639 mila, il 10,8%). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.
La voglia di rientrare
Aumenta il numero di chi, dopo aver vissuto all’estero per un periodo, rientra in Italia. ”Durante il decennio 2012-2021, il numero dei rimpatri dall’estero dei cittadini italiani è più che raddoppiato passando dai 29 mila nel 2012 ai circa 75 mila nel 2021 (+154%). Una tendenza che, dopo una sostanziale stabilità nei primi quattro anni del decennio, appare in continuo aumento. Dal 2012 al 2021, un giovane laureato su cinque rientra dal Regno Unito, il 9% dalla Germania, l’8% dal Brasile e il 6% dalla Francia o dalla Svizzera’.
Il Capo dello Stato, Mattarella: “Gli italiani sono ovunque benvenuti e apprezzati, per la loro cultura, tenacia e creatività. Lavorare all’estero per i nostri giovani è una grande opportunità di crescita umana e professionale e deve essere una scelta libera, non un obbligo di fatto”, ha detto. Se, dopo un percorso formativo in Italia, si è costretti a lasciare il territorio nazionale per mancanza di occupazione o di soddisfacenti prospettive e, soprattutto, una volta acquisite preziose conoscenze ed esperienze, non si riesce più a tornare, si è di fronte a una patologia alla quale bisogna porre rimedio”.
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei. “I numeri sono preoccupanti. C’è un dato di mobilità, di conoscenza, di una capacità di rapporti che non c’era prima, ma vuol dire anche che non trovano qui quello che cercano e lo trovano altrove. Questo ci deve interrogare pensando al futuro e all’investimento su chi verrà”.
I giovani italiani in Europa soffrono di più
In un’Italia sempre più resiliente i giovani sono quelli che, in Europa, soffrono di più. Tra i 18 e i 34 anni quasi un ragazzo su due nel 2022 (4,8 milioni) ha almeno un segnale di deprivazione e due sono le sfere esistenziali maggiormente in difficoltà: l’istruzione e il lavoro. Sempre più vulnerabili, ben 1,7 milioni sono NEET (Not in Education, Employment or Training) cioè non studiano né lavorano, né sono inseriti in qualche percorso di formazione.
Il confronto con l’Europa è impietoso: i lavoratori italiani guadagnano circa 3.700 euro in meno della media dei colleghi europei e, in particolare, oltre 8mila euro in meno della media dei tedeschi”, ci dice ancora il Rapporto Migrantes. Il titolo di studio offre migliori opportunità di occupazione e reddito in particolar modo per il Mezzogiorno e le donne: il tasso di occupazione dei laureati è di 30 punti superiori rispetto a chi ha titoli inferiori nella classe di età 25-64 anni, differenza che arriva a 35 punti nel Mezzogiorno, a 44 per le donne e a quasi 50 punti per le donne nel Meridione.