Nel decreto Cartabia si stabilisce che solo il procuratore capo può parlare con i giornalisti e solo con comunicati ufficiali: “È fatto divieto alle autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili”.
L’effetto è che spesso nei comunicati delle Procure non ci sono i nomi degli indagati, a volte neanche quelli delle vittime. In certi casi di “particolare rilevanza pubblica“, è concessa la possibilità di organizzare una conferenza stampa. A decidere se un’indagine ha o meno rilevanza pubblica è sempre il procuratore capo. Nelle fasi successive all’esecuzione di un’ordinanza, quindi dopo l’eventuale comunicato o conferenza stampa, saranno gli avvocati difensori gli unici a poter comunicare con gli organi d’informazione.
Una specie di percorso a ostacoli, in cui ciò che emerge è sicuramente una piccolissima parte di ciò che accade, con grave danno per l’opinione pubblica, che non riesce a monitorare cosa sta accadendo un città. Colpa della legge Cartabia sulla presunzione d’innocenza in parte, colpa di chi la interpreta in modo restrittivo anche e la utilizza per tenere tutto “sotto controllo” e dare l’idea di una comunità pacifica e serena.
Ecco alcuini casi di fatti di cronaca elencati da professionereporter.eu e raccontati dai giornali grazie a informazioni dei cittadini e non dalle forze dell’ordine o dal magistrato. In buona sostanza, la libertà di informare o meno i cittadini è nelle mani della magistratura. Domanda: e quanti fatti o episodi violenti o di allarme sociale vengono oscurati grazie a questa legge demenziale?
PRIMO CASO: VIA VENETO A ROMA
Via Veneto a Roma, la strada della Dolce Vita di Fellini, oggi un po’ decaduta. Ore 13, venerdì 17 novembre. Tre rapinatori, in un minuto e trentasei secondi, entrano nella gioielleria boutique De Pascalis, angolo con via Sardegna, frequentata da Roma-bene e anche da alcuni calciatori ex o titolari della Lazio come Milinkovic, Radu, Casale e Marusic, e da Frattesi dell’Inter. Orologi di gran marca e raffinati gioielli. Nell’hotel accanto, il Flora, alloggiava la Nazionale della Macedonia del Nord che avrebbe affrontato dopo poche ore l’Italia all’Olimpico.
Baffi finti, parrucche, vestiti eleganti. Portano via tutto l’oro esposto in vetrina, anelli, bracciali, orecchini. E si dileguano. Dalla polizia, intervenuta sul posto, nulla viene comunicato ai giornali. La notizia appare solo sul Messaggero, grazie a fonti riservate, firmata da Marco De Risi e Allessia Marani. Viene poi ripresa, ore dopo, da tutti i media.
SECONDO CASO: TORRE GAIA
Periferia est della città. Un uomo di 55 anni è morto, la moglie di 58 anni e il figlio di 13 sono stati ricoverati in ospedale, entrambi intossicati. Feriti anche due agenti di polizia. Per quarantotto ore gli organi di informazione non hanno saputo nulla. A dare l’allarme, intorno alle 23,30 di sabato 18 marzo, sono stati i residenti del consorzio di Torre Gaia, che avevano notato fumo e un forte odore di bruciato provenire da un appartamento al piano terra di via Putignano 9.
Sul posto il personale medico del 118, i vigili del fuoco e la polizia di Stato. I soccorritori hanno estratto dalla casa in fiamme la famiglia. Per il cinquantacinquenne non c’è stato nulla da fare. L’uomo sarebbe morto intossicato per i troppi fumi respirati. Moglie e figlio sono stati portati al Policlinico Umberto I insieme a due poliziotti, anche loro intossicati. I quattro non sono in pericolo di vita. Le fiamme sarebbero scoppiate nella sala hobby dell’appartamento a due piani di via Putignano.
Passa tutta la domenica e la notizia non viene data. Lunedì 20 marzo sono i cittadini della zona a segnalarla a RomaToday. I redattori del quotidiano online chiedono conferme e la polizia a questo punto comunica la notizia a tutti.
TERZO CASO: TORRE MAURA
Stessa sera di sabato 18 marzo. Un bambino di 4 anni è investito da una macchina mentre sta passeggiando insieme al nonno nel quartiere romano di Torre Maura, area est della capitale. Il piccolo, in gravi condizioni, è ricoverato d’urgenza all’ospedale Bambin Gesù. Secondo le testimonianze di chi era sul luogo dell’incidente, un’auto stava facendo la manovra di retromarcia, il conducente trentottenne alla guida, non ha visto il piccolo e il nonno, che si trovavano proprio dietro al veicolo. L’automobilista si ferma a prestare i primi soccorsi, poi intervengono le ambulanza del 118 e gli agenti della polizia locale di Roma Capitale. Anche il nonno rimane ferito, ma in maniera meno grave. La notizia non viene comunicata dalle forze dell’ordine, ma i giornali la vengono a sapere lunedì 20, sempre per iniziativa dei cittadini.
QUARTO EPISODIO: CALCI, PUGNI E “SPORCO NEGRO”
Avviene il 13 febbraio: un ragazzo di colore, 28 anni, del Mali, che lavora come addetto alle pulizie al McDonald’s di piazza delle Cinque Lune, in pieno centro, accanto a piazza Navona, viene pestato da tre giovani. Calci, pugni e “sporco negro”. Il ragazzo aveva chiesto di spostarsi per poter fare il suo lavoro. Le forze dell’ordine non riescono a identificare e a catturare i picchiatori, e decidono di non rendere nota la notizia. Il Messaggero però scopre l’accaduto e pubblica un articolo.