Una Destra liberticida approva un emendamento che vieta ai giornalisti e ai giornali di pubblicare notizie sulle custodie cautelari. Si va al tempo dei desaparecidos, degli arresti iòleggali in Russa senza che si sappia alcunché del futuro dei perserguitati. I giornalisti si mobilitano. Fratelli d’Italia si dice d’accorso sul dovieto per evitare le gogne mediatiche 0, come si commenta sui social, per evitare di pubbliciare notizie sgradevoli a personaggi di potere.
La Federazione nazionale della Stampa (Fnsi) organizzerà una mobiltazione generale, assieme alla società civile, contro un nuovo bagaglio al diritto di cronaca rappresentato dal divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare”.
Lo annuncia la segretaria Alessandra Costante: “Si tratta di un provvedimento liberticida non solo nei confronti dell’articolo 21 della Costituzione, ma anche nei confronti delle libertà individuali. È pericolosissimo che non si sappia se una persona viene arrestata o meno. E non è pericoloso solo per la libertà di stampa, è pericoloso anche per lo stesso destinatario del provvedimento di custodia cautelare in carcere”.
Per la segretaria generale del sindacato dei giornalisti, “il ricordo delle dittature, dei Desaparecidos, delle persone che alle porte dell’Europa vengono fatte sparire senza che nessuno ne sappia nulla, penso ad esempio ad Alexei Navalny, deve far crescere la nostra attenzione, ma anche quella dei direttori dei giornali, che devono essere al fianco dei colleghi in questa lotta, e delle istituzioni. Chiediamo fin d’ora al presidente della Repubblica Sergio Mattarella – conclude Costante – di non firmare una legge che potrebbe essere fonte di immani distorsioni dei diritti”.
“L’ennesimo bavaglio alla stampa sull’attività giudiziaria rappresenta una grave lesione al diritto dei cittadini ad essere informati e si pone in contrasto con la libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della Costituzione. Dopo il decreto Cartabia sulla presunzione di innocenza che affida ai procuratori la responsabilità di decidere se di una inchiesta si debba parlare o meno, l’emendamento approvato ieri vieta ora la pubblicazione dei contenuti dell’ordinanza di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare”. Così in una nota l’Esecutivo Usigrai.
“Si tratta di un provvedimento – prosegue il sindacato dei giornalisti Rai -per il quale dal momento dell’arresto fino al processo, e quindi per mesi, potremo conoscere solo le iniziali della persona finita in carcere e niente più. Non sapremo di cosa è accusato e quali prove sono state trovate a suo carico e quindi se si tratta di una reclusione legittima o eccessiva. Se il nostro vicino di casa, un parente o un nostro amico sparirà dalla circolazione non sapremo se sia partito per un viaggio o sia finito nelle patrie galere. Una svolta autoritaria quella votata dal Parlamento che cancella il ruolo di garanzia che la libera stampa riveste a tutela di tutti i cittadini, anche di quelli privati della libertà”. “L’Usigrai aderisce sin da ora ad ogni forma di mobilitazione a contro questo provvedimento e per la libertà di espressione e del diritto ad essere informati”, conclude l’Usigrai.
“Da oggi siamo meno liberi. Con l’approvazione alla Camera della legge cosiddetta bavaglio, l’informazione nel nostro Paese è meno libera”. Lo dichiara Sandro Ruotolo, responsabile informazione del Partito Democratico. “La maggioranza più di destra che il nostro Paese abbia conosciuto dal dopoguerra ha deciso che la cronaca giudiziaria non va raccontata all’opinione pubblica – continua – E’ vero, i processi non si fanno nelle piazze, ma nei tribunali. Ma decidere di vietare la pubblicazione degli integrali o degli stralci delle ordinanze cautelari fino alla conclusione delle indagini preliminari o all’udienza preliminare significa negare all’opinione pubblica il diritto di essere informata su temi come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia”.
“I tempi del processo penale sono lunghi. La conclusione delle indagini preliminari può voler dire anche un anno, un anno e mezzo dal giorno dell’arresto. Fatti di interesse pubblico, una volta licenziata la legge, saranno così negati all’opinione pubblica. Conosceremo le malefatte dei colletti bianchi solo attraverso comunicati ufficiali: questa si chiama censura. Non c’entra nulla la difesa del diritto della presunzione d’innocenza, è solo l’ossessione della destra e del terzo polo di volere un’informazione al servizio del potere e non dei governati”, conclude.
“Ma quale bavaglio? Con l’emendamento approvato ieri in aula, si evita una gogna mediatica spesso anticipatoria di colpevolezza e perciò lesiva dei principi costituzionali e della direttiva europea sulla presunzione d’innocenza. Comprendiamo che interrompere l’anomalo ‘corto circuito’ fra alcuni (pochi) magistrati e media, possa dar fastidio a qualcuno ma ne guadagna l’intera civiltà giuridica”. Lo dichiara in una nota Francesco Michelotti, deputato di Fdi.