di Claudia Zamorani
— Buongiorno Sindaco, ho letto la sua recente, interessante intervista rilasciata a un quotidiano locale in cui lei fa il bilancio di fine mandato. Le faccio tanti complimenti.
La cosa più toccante è la risposta che dà alla domanda per che cosa avrebbe voluto che Ferrara fosse ricordata nel 2023.
Mi ero figurata, in quella frazione di secondo, infinite possibilità. Magari l’anno in cui a Ferrara l’occupazione giovanile ha fatto registrare un’impennata (o forse non è stato così?); l’anno in cui le file di attesa degli asili nidi sono state abbattute (o non è così?). L’anno in cui si è riusciti a tenere aperte le biblioteche anche di sabato pomeriggio, o anche di domenica. O magari, bingo, anche di sera. Invece no.
‘Vorrei che il 2023 a Ferrara fosse ricordato come l’anno del concerto di Bruce Springsteen’, ci ha spiegato. Ah, ecco. Le confesserò che in queste sue parole ho avvertito l’abisso. E’ come se, in quel momento, fosse caduta la neve.
Ecco svelato il mistero di cosa si annida in cima ai pensieri grandi del nostro amato sindaco, e quali aspirazioni lungimiranti custodisce per noi suoi cittadini: fare concerti. Mega, per carità. Perché in genere, specie per un certo genere, grande è bello. Ma pur sempre quella cosa lì.
Ma c’è di più, perché in questa sua visione ‘colonizzatrice’ ci è sembrato insaziabile, arrivando a spoilerare che la sua ambizione massima sarebbe quella di replicare altri mega concerti, sempre sullo stesso, devastante stampo di quello fatto al parco Bassani, uscito dalla notte di magia come un cumulo informe di bruttezza e di fango, o nel centro storico, con una miriade di bagni chimici colorati abbarbicati fino sul sagrato del Duomo, assieme alle bandierine del cornetto e sotto al trono della Madonna con il bambino.
Non dico che mi sarei aspettata una risposta da grande statista, alla De Gasperi, ma qualcosina di più, un guizzo in più, le confesso che sì. Sa, io avverto dalle sue parole che lei davvero fa del suo meglio e per questo la ringrazio. A modo suo, per quello che può essere l’orizzonte di riferimento, immagino lei stia facendo grandi cose. Lei è una persona laureata, preparata, un grande lavoratore senz’altro. Una persona che senz’altro sa. Ma un conto è sapere, un conto è avere cultura, e non sempre le due cose vanno a braccetto, come forse in questo caso.
Si dice che lei abbia rallegrato la città in questi anni con tutti questi bei concerti e fatto la felicità dei giovani. Davvero? Giovani che poi però non trovano lavoro e volano via, non hanno un posto per ritrovarsi assieme, se non al bar, per non parlare degli studenti, 28mila universitari, che faticano perfino a trovare casa.
Domanda. Con quei 300mila euro del concerto del Boss, o quanto è costato, a spese nostre, si poteva fare altro? Più servizi, più qualità di vita? Potevamo investirli in asili, per esempio, aiutando così le giovani famiglie. Oppure in studentati. O in infermieri di quartiere. O in ricerca e innovazione. La lista è lunga.
Ma ora non c’è tempo. Perché the show must go on, mentre fuori comincia a cadere la neve.
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