di Sara Di Antonio
— Oggi, dunque, è una bellissima giornata. Il giovane A., pakistano, ha trovato una sua casa nel piccolo triangolo di viale Ramazzini, a Reggio Emilia, tra gli alloggi color pastello che furono prima popolari, alcuni proprio delle fabbriche, e sorridono al sole come le case di ringhiera di Milano, tra panni stesi e odore di cibo lontano.
In piazza Fontanesi, poco distante (ma in realtà c’è una distanza siderale, lunare), giovani coppie con i loro bambini calpestano i rettangoli grigi, circondati dai tigli imbronciati, come facevo io quando le due giovani incappucciate che questo pomeriggio, ormai ragazze, vagolano per la città, erano ancora bambine.
Qualcuno si prepara all’aperitivo, ma è troppo presto, troppo, prima di pensare a quando tramonterà il sole che intende illuderci, deliziarci, in una giornata come questa. Qualcuno ci sorride, è un’amica che ci viene incontro, mentre contiamo gli attimi che ci separano dalla felicità, davvero pochi, e minuscoli. Poi contiamo il tempo che snocciola tra le dita, ma quello sembra scivolare via come le foglie e la polvere tra la saggina dello stradino, che pulisce severo i residui del mercato mattutino.
Una coppia ci guarda da lontano, è accigliata o forse solo un po’ annoiata, si trascina lenta verso il passeggio pomeridiano sulla via Emilia, ma sembra mancare loro qualcosa (cosa?).
Perfino i cani ci sembrano simpatici -i cani!- mentre A. tra qualche ora inforcherà la bicicletta per lavorare come lavapiatti di retrobottega, mentre noi seduti al ristorante chiaccheremo saccenti di politica, o di cultura.
Ma anche lui tornerà in un luogo che chiama casa. Come faranno i giovani genitori, raccontando le ultime favole ai loro mocciosi assonnati. E davvero oggi di tutto questo, come di questa piazza e di questo cielo, non posso che essere grata.