Come ti rubo 25 milioni con l’Intelligenza Artificiale. Ce lo racconta sul sito lasvolta.it la giornalista Alexandra Suraj. Un dipendente di una multinazionale britannica con sede a Hong Kong (che vuole rimanere anonima) ha ricevuto una videochiamata deepfake, dove i suoi “finti” manager chiedevano il trasferimento in varie tranche di 200 milioni di dollari locali. Ecco il racconto di quanto avvenuto tra Londra e Hong Kong.
— Quanto può arrivare a costarci il progresso tecnologico e dell’intelligenza artificiale? A una società britannica, con sede anche a Hong Kong, molto caro.
La multinazionale (a cui è stato garantito l’anonimato) ha perso 200 milioni di dollari di Hong Kong (circa 25 milioni di dollari) a causa di una truffa perfettamente architettata e portata a termine grazie alla tecnologia deepfake. Ma cos’è il deepfake? Si tratta di foto, video e audio “creati grazie a software di intelligenza artificiale (AI) che, partendo da contenuti reali (immagini e audio), riescono a modificare o ricreare, in modo estremamente realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce”.
Ne abbiamo sentito parlare solo poche settimane fa in riferimento alla vicenda che ha coinvolto Taylor Swift, la popstar statunitense rimasta vittima del deepfake: grazie all’intelligenza artificiale sono state generate e poi diffuse su X delle sue false immagini sessualmente esplicite che in pochissimi minuti hanno fatto il giro del mondo, tra milioni di utenti che hanno reso virali le decine di hashtag collegati ai contenuti. Ma non è stata l’unica: da Gal Gadot (tra le primissime) a Drake (ultimo solo in ordine temporale), passando per Jessica Alba, Nancy Pelosi, Mark Zuckerberg e anche Barack Obama, solo per citarne alcuni.
Negli ultimi giorni, la spietata tecnologia ha compiuto un altro colpo grosso bersagliando la filiale di un’importante multinazionale britannica che, ora, ha un conto in banca che segna 25 milioni di dollari in meno. Un dipendente, infatti, è stato ingannato attraverso un video deepfake dei suoi colleghi e del suo direttore finanziario, in cui gli veniva richiesto un trasferimento dell’ingente somma di denaro.
Tutto è iniziato a gennaio, quando l’uomo (anche lui protetto dall’anonimato) ha ricevuto una strana mail contenente un messaggio del suo manager in cui chiedeva di potergli parlare per discutere di una transazione segreta, su cui mantenere il massimo riserbo. Il dipendente, insospettito, aveva inizialmente pensato si trattasse di una mail di phishing (una truffa informatica che consente ai cybercriminali di accedere a dati personali), ma connettendosi alla video-call di lavoro, ha visto comparire sul suo schermo i volti dei suoi colleghi e del direttore finanziario della società, si è tranquillizzato e ha accettato la “missione segreta”, che prevedeva 15 trasferimenti su 5 diversi conti bancari, per un totale di 25,6 milioni di dollari locali.
Col senno di poi, però, il dipendente ci aveva visto lungo: infatti, a distanza di una settimana dalla finta riunione (durante la quale ha continuato a ricevere email, messaggi e addirittura chiamate dai finti colleghi) ha deciso di contattare l’azienda per chiedere spiegazioni circa la strana richiesta dell’ingente transazione.
È così che ha scoperto di essere stato raggirato e di essere stato l’unica persona reale e in carne e ossa a partecipare alla videochiamata: tutti gli altri erano riproduzioni iper realistiche, frutto di un accurato lavoro con l’intelligenza artificiale.
I truffatori, infatti, hanno trovato su YouTube video e audio delle persone da “replicare”; hanno così utilizzato la tecnologia deepfake per emulare le loro voci e per indurre la vittima a seguire le loro istruzioni. Il caso è passato ora nelle mani delle forze di polizia che, dal 29 gennaio, stanno conducendo indagini che, però, non hanno ancora portato a nessun arresto.
Questa della truffa multimilionaria ancora una volta ci mette davanti alla cruda realtà di un progresso tecnologico che sta rischiando di diventare troppo pericoloso, impedendoci di riconoscere il vero e distinguerlo dal falso.
Ma qualcosa si sta muovendo per tutelare gli utenti del web e proteggerli dai casi di deepfake sempre più frequenti: proprio in questi giorni, infatti, Meta ha annunciato l’intenzione di marchiare con un’etichetta specifica i contenuti creati con l’AI e condivisi su Facebook, Instagram e Threads, mentre l’Unione europea sta aggiornando le sue norme in materia di contrasto alla pedopornografia perché comprendano anche i deepfake e altro materiale generato con l’intelligenza artificiale.