di Sara Di Antonio
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Questa è una giornata che non dovrebbe esistere, e infatti permane solo negli anni che ci fanno paura, i bisesti, con lo spettro dell’infelicità alle porte. Come tutte le giornate infide, inizia con delle notizie, dei messaggi, delle stranezze, in quel clima elettrico che certe ore incompresibili sanno avere.
Qualcuno dimentica le chiavi, l’ennesima volta, un altro non arriva in tempo, ci si incrocia quasi per caso: ma invece di arrabbiarsi si sorride, o si ride, con leggerezza, una volta tanto.
Ma il sorriso di D. è un’altra cosa, è l’unico al mondo che allarga il cuore e restituisce la serenità che ci è stata tolta, sovrintende pacificamente le miserie e i dolori umani, davvero troppo grandi, di questa terra.
Un ragazzo venuto da un luogo remoto – le mie figlie non saprebbero indicarlo sulla cartina- mi accoglie ogni volta con questo suo sguardo vivo, come se non avesse attraversato il deserto, come se non fosse stato imprigionato e picchiato, come se sapesse sempre cosa fare o dove andare.
Oggi è fiero della sua partita di campionato, è emozionato e serio, e sembra davvero che in questo campetto di periferia si possa trovare una spumeggiante felicità.
Io sono seduta, annuisco, scatto una foto al di là della chiesa e intanto cerco, cerco, dove possa trovarsi la gioia che lui ha indiscutibilmente trovato. Accanto a me, il fedele N., che dice di non avere amici a parte lui, mi asciuga la sedia, si rifiuta di parlare francese per farmi capire che è bravo con l’italiano, e infine mi fa volutamente ridere, come se non avesse pensieri opprimenti o desideri che faticano a realizzarsi.
Si sente qualcuno che parla di rimessa o laterale, spesso a questo ragazzo africano passano la palla e urlano il suo nome dicendogli bravo, mentre il portiere invita a restare alti, sotto la pioggia insistente. Posso sentire il suo orgoglio e quello di N., che lo segue muto e attento.
Oggi è una giornata che non dovrebbe esistere, eppure sono qui con due ragazzi che mi insegnano a vivere, oggi qui con loro -davanti a un pallone- che mi insegnano a sperare.