Non solo nel mercato del lavoro, ma anche tra le mura domestiche, a scuola e all’università: il divario di genere tocca molteplici realtà. Secondo il Global Gender Gap Report, l’uguaglianza di genere è un obiettivo ancora lontano, specialmente per l’Italia, che raggiungerà le pari opportunità di genere tra 131 anni e l’equilibrio tra uomini e donne in campo economico tra 169 anni, ovvero nel 2.193. Ecco le disuguaglianze che caratterizzano le principali fasi della vita delle donne in Italia e in Europa. Pubblicato su lavoce.info
a cura di Emma Giacomobono ed Eleonora Trentini *
RAGAZZE DA 110 E LODE
Durante gli studi, in particolare quelli universitari, le ragazze hanno migliori voti rispetto a quelli dei ragazzi. Secondo il ministero dell’Università e della ricerca, nel 2022 le studentesse hanno conseguito in media voti di laurea più alti. In particolare, 57.918 ragazze, corrispondenti al 27,63 per cento delle laureate, hanno ottenuto un voto di laurea pari a 110 su 110 e lode, contro il 21,61 per cento dei laureati, pari a 33.817 ragazzi. Le donne che hanno conseguito il titolo con una votazione tra il 106 e il 110 sono state il 23,02 per cento delle laureate, mentre per gli uomini la percentuale scende al 19,72 per cento. Di conseguenza, la presenza femminili nelle classi di voto 66-90 e 91-100 è inferiore.
DISPARITA’ ANCHE NEL LAVORO
Nel mercato del lavoro italiano, le disparità di genere sono evidenti, a partire dal numero di occupati: le donne sono circa 9,5 milioni, mentre i lavoratori uomini sono circa 13 milioni. Inoltre, secondo i dati Eurostat, il tasso di occupazione femminile in Italia è decisamente basso rispetto agli altri Paesi europei: solo il 55 per cento delle donne italiane tra i 20 e i 64 anni sono occupate, circa 14 punti percentuali in meno rispetto alla media europea, pari al 69,3 per cento. Nel 2022 i primi in classifica tra i paesi europei per occupazione femminile sono stati Islanda (82,1 per cento), Estonia (80,4 per cento) e Svezia (79,2 per cento). Chiudono la lista Spagna (62,1 per cento), Romania (59,1 per cento), Grecia (55,9 per cento) e Italia. In Italia, la difficoltà di conciliare esigenze di vita con l’attività lavorativa per le donne appare evidente considerando anche che, a seguito della maternità, una donna su cinque lascia il lavoro.
PIU’ DONNE NEI LAVORI DI ASSISTENZA
Nonostante nel complesso le donne lavoratrici siano meno della metà del totale dei lavoratori europei, ci sono alcune professioni in cui la loro presenza è molto più elevata. In particolare, le donne sono presenti in misura largamente maggiore nelle professioni legate all’assistenza per l’infanzia e per l’insegnamento (92,6 per cento), nei lavori di segreteria (89,3 per cento) e come insegnanti nella scuola primaria e nelle scuole per l’infanzia (88,2 per cento). Inoltre, sia le infermiere e le ostetriche sia le addette alle pulizie sono in maggioranza rispetto agli uomini che fanno lo stesso lavoro (rispettivamente 87,5 e 86,5 per cento). Al contrario, ci sono professioni in cui la presenza femminile è quasi nulla. Infatti, sono poche le donne tra gli operai del settore edile (1,4 per cento), tra i meccanici (2,9 per cento) e tra gli elettricisti e gli elettrotecnici (3,1 per cento). La forte presenza femminile nelle professioni legate alla cura richiama il loro maggiore coinvolgimento in queste attività a livello famigliare.
ASILI NIDO
Per ridurre il divario di genere assumono particolare rilevanza i servizi di educazione per la prima infanzia. In Italia l’offerta di asili nido è inferiore rispetto alla domanda e non è distribuita in modo uniforme a livello regionale. Secondo Istat, nell’anno educativo 2021/2022, sono stati attivi 13.518 nidi e servizi integrativi per la prima infanzia. In particolare, in Umbria, in Valle d’Aosta e nella provincia autonoma di Trento, al 31 dicembre 2021 sono stati registrati il numero di posti disponibili negli asili nido più alti, rispettivamente pari a 43,7 e 41,1 posti disponibili ogni 100 bambini tra 0 e 2 anni. Anche in Emilia Romagna (41,6 posti ogni 100 bambini) e Toscana (38,4) i servizi sono stati relativamente capillari. In Campania e in Sicilia, invece, al 31 dicembre 2021 erano disponibili rispettivamente 11,7 e 13 posti ogni 100 bambini. Rispetto agli anni precedenti, i servizi per la prima infanzia sono diventati più diffusi. A causa del progressivo calo delle nascite, si è gradualmente ridotto il divario fra domanda e offerta di asili nido e il tasso di copertura si è avvicinato al target europeo fissato per il 2010 (33 per cento). Ma il nuovo obiettivo stabilito dal Consiglio europeo, che prevede un tasso di copertura del 45 per cento entro il 2030, rimane ancora lontano.
NIENTE SUDDIVISIONE NELLA CURA DELLA CASA
La parità di genere richiede una più equa suddivisione dei compiti legati alla cura della casa e della famiglia tra gli uomini e le donne. In Italia, nel 2023, sono state ancora una volta le donne ad occuparsi di queste attività in modo prevalente. Infatti, il 72 per cento di esse si dedica giornalmente alle attività domestiche, contro il 34 per cento degli uomini. Scende il divario se si parla di cura di bambini e anziani: il 34 per cento delle donne si dedica a questa attività contro il 25 per cento degli uomini. Il “lavoro invisibile” che le donne dedicano alla cura della casa e della famiglia può avere conseguenze negative sul benessere delle stesse e ha ripercussioni sulla sfera lavorativa.
AGLI UOMINI LE PENSIONI PIU’ ALTE
Le disuguaglianze di genere interessano anche la fase di pensionamento. I minori redditi di lavoro delle donne comportano prestazioni pensionistiche inferiori rispetto a quelle degli uomini, con divari di genere che quindi si perpetuano durante l’età anziana. Secondo i dati Inps, circa i due terzi delle donne pensionate hanno ricevuto una prestazione di importo mensile fino a 749,99 euro, contro circa il 40 per cento degli uomini. Le fasce più alte di assegni pensionistici (da 2.000 euro in su) sono riservate soprattutto agli uomini (21,6 per cento) e solo in piccola parte alle donne (2,9 per cento).
IN SVEZIA L’UGUAGLIANZA DI GENERE
In Unione europea, il Paese che ha registrato il valore più alto nell’indice di uguaglianza di genere è la Svezia (82,2 punti), seguita da Paesi Bassi (77,9) e Danimarca (77,8). L’Italia, invece, si posiziona al tredicesimo posto nell’Unione europea per quanto riguarda l’indice di uguaglianza di genere complessivo, con un punteggio di 68,2 punti. L’indicatore singolo che ha ottenuto il punteggio più alto è quello che riguarda la salute (89,2) mentre quello con il punteggio più basso è quello delle conoscenze (60,8). Nonostante non sia tra le posizioni più alte nella classifica Ue, dal 2010 ad oggi il punteggio italiano è quello che ha subìto l’incremento più ampio di tutti (+14,9 punti), soprattutto grazie all’aumento nel campo riguardante il potere (+37,5 punti). Quest’ultimo nello specifico racchiude i dati sulla presenza di uomini e donne ai vertici della sfera politica, economica e sociale.
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*Emma Giacomobono: laure triennale in Economia e Commercio all’Università degli Studi di Firenze, attualmente all’ultimo anno in Economics and Econometrics dell’Università di Bologna. Ricopre il ruolo di Research Assistant a “lavoce.info”.
*Eleonora Trentini è attualmente resposabile del desk de lavoce.info. Laureata in triennale in Economia aziendale e in magistrale in Economics all’università degli Studi di Verona. Master in comunicazione all’università IULM.