martedì 26 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

A BABBO MORTO

di Piero Di Antonio

– Alcune categorie di intellettuali e di studiosi, mettiamoci anche i giornalisti, hanno il privilegio di essere ascoltati e spesso temuti. In virtù della conoscenza, della ricerca del verosimile senza scomodare la verità, della costante applicazione per trovare soluzioni a piccoli e grandi problemi, della schiettezza e del rispetto di quel grande e immenso principio di vita che è la libertà.

Il pensiero che vola è ciò che dà vita ed energia a una comunità. Lo stare insieme esige il pensiero e la discussione (confronto è una parola brutta, fa pensare ai duelli o a un match di pugilato), esige l’allontanarsi dai conformismi e il mettere da parte i pregiudizi. Infine, e non è una cosa di secondo piano, non dev’essere mascherato dall’interesse contingente.
Il perché di questo preambolo sta nell’aver constatato stamani nella lettura dei giornali che qualche volta questi principi latitano o vengono messi da parte.

Il presidente dell’Ordine degli architetti, Gian Paolo Rubin, in un’intervista alla Nuova Ferrara affronta il problema del centro storico patrimonio dell’Unesco ribadendo alcuni concetti che – sottolinea – “esprime a livello personale, non a nome della categoria”. Un po’ come il politico che dice di parlare da comune cittadino, come se il politico non fosse anche un cittadino, magari con più opportunità di far conoscere le sue idee e di incidere. Vabbè, è il male minore.

Rubin dice di essere contrario alla museificazione di Ferrara. Il che vuol dire tutto e niente. Come se chi viene a Ferrara è attratto solo dalla salama da sugo o dalla “coppia”, anziché dalla bellezza del centro storico nato da un fenomeno niente male, il Rinascimento, o dal castello. Mi scusi, architetto, e perché mai si dovrebbe venire a Ferrara? A respirare l’aria del petrolchimico o del nuovo bitume eco-compatibile di Parco Bassani?

Oppure per i concerti sul listone che tanto piacciono ai ragazzi. Ah, beata gioventù, come sono belle le sere d’estate allietate dalla musica. Un po’ costosa, certo, ma dà allegria e porta tanti scontrini in più ai baristi e alle pizzerie. Questa sì che è politica giovanile. Paghi tanto per divertirti. Non puoi pagare? Stattene a casa davanti al pc o alla tv, male che vada fatti una passeggiata, non in centro.

Ma a Rubin, come architetto che ha una sua visione della città, sono sfuggite alcune cose. Come sfugge a tanti altri professionisti il primo dovere che la professione impone: indicare le cose che stravolgono il principio dell’architettura: la sostenibilità e la bellezza. Quest’ultima concetto alquanto complesso. Su cosa sia si sono scontrati filosofi, architetti, scrittori, viaggiatori, meno i turisti, senza che se ne venisse fuori.

Il riferimento è a quell’obbrobrio, è qui la sostanza del problema, del centro storico con la distesa di bagni chimici, transenne e gazebo che i concerti (a pagamento, e sempre per favorire i giovani notoriamente ben provvisti di denaro) imponevano. Una bruttura evidente fin dalla pubblicazione del calendario di spettacoli ed esibizioni che si è protratto fino a oggi.

La domanda, allora, è la seguente: come mai il rappresentante degli architetti parla solo oggi non mancando di complimentarsi con il Comune per aver dato un aspetto contemporaneo alla città e averla resa più viva? Dov’è stato in questi giorni tra maggio-giugno-luglio? Non ha visto com’è stato offeso e deturpato il museo a cielo aperto di Ferrara?

Perché, da architetto che in teoria dovrebbe avere a cuore la bellezza e la sostenibilità delle scelte urbanistiche e architettoniche, non è intervenuto, al pari di tanti cittadini, per farci sapere che cosa ha visto e che cosa ha pensato? Bastava poco per dire che quello spettacolo terrificante era davvero troppo. Serviva l’incitamento di qualcuno o la telefonata di un giornalista? E poi, quale grande intuizione sta nel dire che per i grandi eventi occorre costruire una nuova struttura, uno spazio adeguato. Di nuovo costruire? Ma non bastano le ferite già inferte?

Alcune idee controcorrente l’intervista comunque le sollecita. La prima: in Italia, e non solo a Ferrara, le professioni intellettuali ad alto contenuto umanistico-tecnico-scientifico sono diventate in gran parte subalterne al potere-committente. Bisogna tenerselo buono, il potere. E qui, Rubin non c’entra affatto.

Ma la seconda non va a suo merito: la coincidenza temporale. Ossia il giorno in cui l’intervista viene diffusa, il 20 luglio, lo stesso in cui termina il festival. Insomma, un’intervista a babbo morto.

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