Da professionereporter.eu — (A.G.) Forse uno dei problemi più gravi dei giornalisti è che non discutono dei loro problemi. Poco più di una settimana fa un quotidiano importante, la Repubblica, ha scioperato per due giorni. Per due importanti motivazioni, spiegate da Professione Reporter mercoledì 25 settembre. L’occasione era l’evento “Italian Tech Week” sulle start up tecnologiche, in svolgimento a Torino in quella settimana. Prima motivazione: la proprietà del giornale aveva inviato mail ad alcuni redattori del servizio Economia per invitarli a privilegiare, nei pezzi sulla manifestazione, l’interesse degli sponsor. Seconda motivazione: un file con un elenco dei pezzi per l’inserto di 112 pagine sull’evento con accanto i prezzi pagati dalle aziende a Repubblica affinché fossero pubblicati senza che sembrasse pubblicità. L’assemblea dei redattori, martedì 24 settembre, ha votato con ampia maggioranza i due giorni di sciopero, proposti con coraggio dal Comitato di redazione.
La reazione della categoria è apparsa blanda. E le grandi firme di Repubblica e di tutti gli altri organi di informazione si sono distinte per un accorato silenzio. Che si poteva rompere magari per dire di non essere d’accordo. Come se i giornalisti di serie A si sentano immuni dalle crisi che attraversano il settore. Non è la prima volta che emerge la forte pressione della pubblicità e del marketing, che invadono gli spazi dell’informazione. Nel caso di Repubblica si trattava di autopubblicità e automarketing, da parte dei padroni del giornale.
Questo è senza dubbio uno dei problemi chiave che il mondo dell’informazione sta affrontando in tutto il mondo. Se l’informazione si lascia infiltrare da marketing e pubblicità senza che i lettori ne sappiano nulla, la credibilità delle testate (quel che ne resta) finisce. Il Comitato di redazione e l’assemblea di Repubblica da tempo stanno combattendo la battaglia. Hanno approvato un decalogo contro le intrusioni della pubblicità, hanno sfiduciato il Direttore Molinari quando ha mandato al macero l’inserto Affari&Finanza per cambiare un pezzo non allineato con i voleri della proprietà.
Ma non è una loro battaglia personale. Dovrebbe essere preoccupazione di tutte le redazioni, perché dappertutto la questione esiste e si spiega così: gli editori – in maggioranza – pensano che la crisi si risolva cedendo a marketing e pubblicità, organizzando eventi, facendo diffusamente largo in redazione all’Intelligenza artificiale. Non ritengono che si possa (in realtà, si debba) tentare un’altra strada, quella della qualità e dell’indipendenza dell’informazione.
Il tema dello sciopero di Repubblica del 25 e 26 settembre è un tema sindacale perché comporta violazioni del Contratto nazionale di lavoro (articolo 44, chiarissimo). Ed è un tema deontologico, perché comporta violazioni del Testo unico dei doveri del giornalista (articolo 10, nettissimo).
Il Cdr del Sole 24 Ore ha fatto un bel comunicato di sostegno: “Se confondiamo e mescoliamo pubblicità e notizie spezziamo il ramo sul quale siamo seduti”, hanno scritto, tra l’altro. L’Usigrai ha dato solidarietà. La Federazione della Stampa e Stampa Romana anche. Il Fatto Quotidiano ha scritto su “Italian Tech Week” e nel passato ha fatto ampie inchieste, a firma Nicola Borzi, su giornalismo e pubblicità. Sul sito dell’Ordine nazionale dei giornalisti non c’è traccia della vicenda. Silenzio, assoluto silenzio, anche da parte delle grandi firme, quelle di Repubblica, come Ezio Mauro e Massimo Giannini, Corrado Augias, Francesco Merlo, Concita de Gregorio e quelle di tutti gli altri giornali italiani. Sicuri probabilmente che il ramo su cui loro sono seduti resterà sempre attaccato all’albero.
Guido D’Ubaldo, Presidente dell’Ordine del Lazio e Vittorio Roidi, Presidente del Consiglio di disciplina regionale, hanno scritto un comunicato: “Sui nostri organi di informazione il rapporto fra pubblicità e notizie si fa sempre più stretto, ottimo per i bilanci dei giornali, ma pericoloso per la credibilità delle notizie. Per questo, come responsabili dell’organizzazione della professione e del rispetto delle regole deontologiche, vi invitiamo ad una riflessione che dovrà svolgersi nei prossimi mesi. Apriamo la botola che il recente sciopero dei redattori di Repubblica ha scoperchiato. Illuminiamo ciò che sta avvenendo e discutiamo –insieme con la Federazione della Stampa– quali siano i limiti oltre i quali l’abbraccio deve essere impedito e con quali strumenti o comportamenti ciò potrà concretizzarsi. Parliamone. Lo faremo anche in un imminente corso di formazione”. Dovrebbe essere l’intera categoria a mobilitarsi -ognuno per la sua parte- elencare gli episodi, contestare puntualmente le regole calpestate, spiegare ai cittadini che tutto questo viene fatto per difendere il loro diritto a un’informazione pulita. Baluardo della democrazia (ecco, l’abbiamo detto).
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A.G. è la sigla del direttore di professionereporter.eu, Andrea Garibaldi