Sobrio, elegante, misurato e in silenzio quando la partita richiedeva il silenzio. E poi un timbro di voce inconfondibile, adatto sempre alle situazioni in campo. Ci ha lasciato all’età di 87 anni Bruno Pizzul, la voce della telecronaca sportiva, erede di Carosio e Martellini (con Pizzul nella foto).
Nulla a che vedere con gli odierni racconti e le descrizioni delle partite di calcio che oscillano da statistiche a vere equazioni, calcoli matematici o geometrici (Gianni Brera avrebbe scritto “gioco euclideo” e la chiudeva lì, senza ghirigori o arabeschi dialettici). Perché i moduli di gioco, ahinoi, cambiano più volte durante una gara.
Nessuno che sappia raccontare e farti condividere davanti alla tv un’atmosfera, o farti vivere emozioni come se fossimo anche noi sugli spalti. Tra 4-3-3, 4-5-2, 4-2-4, oppure tra lo “scarico” del pallone quando un giocatore non sa che farsene e lo passa al compagno più indietro, o i cavalli di battaglia delle ripartenze, del gioco dal basso, dagli esterni che non esternano e non sanno neanche fare un cross. Parole quasi scomparse dal vocabolario del cronista perfetto, testimone della modernità del calcio fatta di poca emozione se non nelle urla per un palo o una traversa o un tiro finito in tribuna (Pizzul o Carosio avrebbero esclamato “un tiraccio”). Il tutto per richiamare l’attenzione di chi assiste sul divano, o per mascherare la mancanza di empatia tra chi è chiamato a descrivere un’azione di gioco dello “sport più bello del mondo” e chi da casa decide di passare oltre e fare ogni tanto capolino per aggiornarsi su come la butta.
Perdere una fase di gioco o un gol non è più un dramma. Mancano sì l’urlo liberatorio del gol o lo sconforto per un’azione da rigore (a proposito, al riguardo c’è tutta una letteratura: “c’era o non c’era il rigore?… il difensore ha toccato la gamba dell’avversario?… dentro o fuori area, o sulla linea bianca che, com’è noto, fa parte dell’area… il pallone ha toccato il braccio, no, il braccio si è ritratto… ma è dinamica del gioco… che fa il var? richiama o no l’arbitro? …). Sono i grandi interrogativi che ci tengono buoni, per vedere sfiancanti trasmissioni da uno studio televisivo che commentano ciò che ai noi umani è stato riservato con le immagini in diretta, da ben 23 angolazioni di telecamere.
Ti consoli pensando che puoi rivedere tutto nei replay che ti vengono propinati a getto continuo nel corso della serata, conditi con i commenti o le pagelle che ti sfiniscono, con la chiosa delle interviste a calciatori e allenatori che sembrano usciti dalla doccia e da quel pozzo di banalità a cui attingono coloro che hanno poco o nulla da dire. Esempio di scuola: il commento su un pareggio si porta appresso la frase oramai mitica e insignificante: “… forse meritavamo di più”. Bisogna ricordare che nel calcio, più del pareggio c’è solo la vittoria; meno del pareggio c’è la sconfitta. Così avrebbe detto il Catalano di “Quelli della notte”. Vietato dire “meritavamo di vincere”, perché così pretende l’ipocrita fair play del calcio. Mai affondare il coltello sugli avversari, non di rado pippe conclamate. Invece le pause e la sobrietà del racconto, che è ciò che maggiormente si rimpiange di Pizzul, oltre alla riconosciuta preparazione tecnica e conoscenza della sintassi, sono le medicine per non farci sprofondare nell’overdose di calcio parlato, urlato, viviosezionato perfino nei falli laterali, nel possesso palla che non vuol dire nulla, ma proprio nulla e perfino nella disamina del primo e secondo tempo di una partita come eventi distinti,
Ecco, Bruno Pizzul era molto semplicente la voce del calcio e della passione che riesce a suscitare a qualsiasi livello, abbattendo perfino differenze di censo e di classe. E’ morto nell’ospedale di Gorizia. Avrebbe compiuto 87 anni tra pochi giorni. (PdA)
“NON ERA UN VENDITORE DI EMOZIONI, MA UN CUSTODE” di Vincenzo Corrado su PUNTERO
CHI ERA PIZZUL. Nato a Udine l’8 marzo del 1938, Pizzul fu assunto in Rai nel 1969 e l’anno seguente commentò la sua prima partita (Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia). Dalla Coppa del Mondo del 1986 è diventato la voce delle partite della Nazionale ed è stato il telecronista delle gare degli Azzurri in occasione di cinque Campionati del Mondo e quattro Campionati Europei, congedandosi nell’agosto 2002 (Italia-Slovenia 0-1).
Alle telecronache ha affiancato anche la conduzione di Domenica Sprint e poi della Domenica Sportiva. Una curiosità: non aveva mai preso la patente e spesso si spostava in bicicletta! La sobrietà era il suo marchio di fabbrica. In una recente intervista aveva detto: “I telecronisti di oggi sono bravi, ma parlano troppo”. Pizzul non amava i toni concitati sia nelle cronache – anche a due voci, di cui è stato pioniere – sia nelle analisi.
Amava il calcio e lo aveva anche praticato con discreti risultati, prima nella squadra parrocchiale di Cormons, la Cormonese, poi nella Pro Gorizia, alternando studio e attività sportiva. Divenuto calciatore professionista, fu ingaggiato dal Catania nel 1958. Giocò anche nell’Ischia, Udinese e Sassari Torres, ma la sua carriera sportiva finì presto a causa di un infortunio al ginocchio.
Laureato in giurisprudenza, insegnò materie letterarie nelle scuole medie prima dell’assunzione in Rai per concorso. “Speravo e sognavo. Poi capii che la mia passione era inversamente proporzionale al talento. Ero riuscito a laurearmi, insegnavo alla medie di Gorizia. La Rai di Trieste organizzò un concorso per programmista. Non si presentò nessuno e mi invitarono a partecipare in quanto giovane laureato”, raccontava in una delle sue ultime interviste.
E a questo punto si palesa il destino parallelo: il grande giornalista sportivo Paolo Valenti, che faceva parte della commissione esaminatrice, consiglia a Pizzul di partecipare al concorso per radio-telecronisti, sicuramente più indicato per lui. “Con me c’erano Bruno Vespa, Paolo Frajese. Beh, venni assunto, con mia somma sorpresa. Cominciò così una carriera inaspettata”, disse.
L’8 aprile 1970 commentò la sua prima partita (Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia disputatasi sul campo neutro di Como): iniziò a partire dal 16º minuto perché era arrivato in ritardo. La prima finale di una competizione internazionale che fu raccontata dalla sua voce fu quella del campionato europeo del 1972 a Bruxelles, con la vittoria della Germania Ovest sull’URSS per 3-0.
La prima vittoria da lui annunciata in diretta ai telespettatori di una squadra italiana in una finale di coppa europea fu, invece, quella del Milan in Coppa delle Coppe ai danni del Leeds Utd, a Salonicco il 16 maggio 1973, mentre la finale della stessa competizione del 1999 tra Lazio e Maiorca al Villa Park di Birmingham e quella di Coppa UEFA dello stesso anno tra Parma e Olympique Marsiglia giocata allo Stadio Lužniki di Mosca furono le ultime vittorie di squadre italiane nelle competizioni europee da lui raccontate.
Il 29 maggio 1985 era il commentatore TV della finale della Coppa dei Campioni quando ci fu la strage dell’Heysel. Disse: “È stata la telecronaca che non avrei mai voluto fare. Non tanto per un discorso di difficoltà di comunicazione giornalistica, ma perché ho dovuto raccontare delle cose che non sono accettabili proprio a livello umano”.
Ha commentato le partite dell’Italia in cinque campionati del mondo. Si ricorda il suo “… e segna, segna Roberto. Roberto Baggiooooo al 42′ del secondo tempo”.
Non è mai riuscito a gridare, come Nando Martellini, ‘Campioni del mondo..’, ma disse: “Non l’ho mai sentita come una cosa che mi mancasse. Mi è dispiaciuto che non l’Italia non abbia vinto a Italia ’90 perché lo avrebbe meritato, quello sì, ma le altre volte no…”.
Pizzul mantenne tale ruolo fino al 21 agosto 2002 (Italia-Slovenia 0-1), dopo aver raccontato la Nazionale in cinque campionati mondiali, quattro campionati europei, tutte le partite di qualificazione ai Mondiali e agli Europei a eccezione della finale terzo-quarto posto di Italia ’90 (commentata da Giorgio Martino dato l’impegno di Pizzul per il commento della finale del giorno seguente allo Stadio Olimpico di Roma), di quelle trasmesse in esclusiva da TMC e Mediaset e di alcune partite amichevoli. L’ultima partita dell’Italia da lui commentata, che segnò anche il suo commiato dalla Rai, fu l’amichevole giocata a Trieste e persa per 1-0 contro la Slovenia. In tanti stanno ricordando in queste ore la maestria di Bruno Pizzul. “È stato un maestro assoluto”, ha detto il giornalista Alberto Rimedio.
E lo è stato davvero per la sua competenza, lo stile sempre misurato, l’eleganza con cui si guadagnò l’affetto degli appassionati, ed espressioni come “Tutto molto bello”, “ha il problema di girarsi” o “partiti!”, entrate di diritto nel vocabolario calcistico.
“Stamattina è tutto molto brutto. Grazie per le emozioni, i consigli e l’amicizia”. Così Pierluigi Pardo ricorda sui social Bruno Pizzul, che dal 2002 ha partecipato al suo talk show del lunedì sera ‘Supertele’ su Dazn, commentando tutti i gol della giornata di campionato appena trascorsa, all’interno della rubrica “Tutto molto bello”, che prende il nome da una delle sue espressioni più famose.
“Ha dato al calcio voce ed emozione, con un’eleganza inconfondibile. Tutta laFiorentina piange la scomparsa di Bruno Pizzul e si unisce al dolore dei suoi cari”, ha scritto sul suo profilo X la società viola ricordando il giornalista scomparso nelle scorse ore.
“La Lazio si stringe alla famiglia di Bruno Pizzul, ex calciatore in gioventù e colonna portante delle telecronache italiane. Inconfondibile timbro di voce, Pizzul è stato fonte di ispirazione per innumerevoli giornalisti che si sono successivamente avvicinati alla professione. Mancheranno a tutti la sua pacatezza e la sua eleganza”. Così, in una nota sul proprio sito ufficiale, la società biancoceleste.
Zoff commenta così la scomparsa di Pizzul: “Un uomo con la schiena dritta e un grande amico”.