Addio a Giovanna Marini, il racconto cantato dell’altra Italia. E’ morta a 87 anni una delle grandi protagoniste della musica popolare italiana. Fece con le canzoni quello che Calvino fece con le fiabe, Pasolini con la poesia in dialetto, Dario Fo con il teatro popolare
Compositrice, cantante, ricercatrice e didatta, Giovanna Marini ha fatto con la musica di tradizione orale quello che Calvino ha fatto con le fiabe, Pasolini con la poesia in dialetto, Dario Fo con il teatro popolare. Narrare un’altra Italia.
Romana, figlia del compositore Giovanni Salviucci e allieva di Andres Segovia, ha scoperto il canto popolare e la storia orale cantata frequentando Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Roberto Leydi, Gianni Bosio, Diego Carpitella. A partire dagli anni ’60 si è messa in viaggio per incontrare e restituire le voci di una tradizione viva. I suoni del rito, del dolore, della protesta.
Nel 1964 ha partecipato allo spettacolo “Bella Ciao”, al Festival de Due Mondi di Spoleto, e nel 1966 a “Ci ragiono e canto” di Dario Fo. Ha fatto parte del Nuovo Canzoniere Italiano. Dalla mondina Giovanna Daffini ha imparato i modi della contadina, dal poeta sardo Peppino Marotto l’arte del racconto.
Negli anni ’70 ha fondato la prima scuola popolare di musica in Italia, quella del Testaccio. Bisognava studiare, conoscere. Al Folkstudio è stata al fianco dei giovani cantautori romani, come Francesco De Gregori. Dal 1991 al 2000 ha insegnato Ethnomusicologie appliquée alla Université de Paris VIII.
Con altri suoni, Giovanna Marini ha messo in musica le grandi ferite della nostra storia. Un canto necessario, dalle Fosse Ardeatine alla strage di Ustica. E la morte di Pasolini. “Un paese che è capace di uccidere un poeta è un paese malato”, diceva.
Oratori, cantate, ballate, il ritmo del parlato, le voci spinte che danzano l’una con l’altra. Per lei quella popolare era la vera musica d’avanguardia.